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Dicembre 1987. Umberto Balsamo, dopo avere pensato inizialmente a Luciano Pavarotti, affida un brano a Mino Reitano, che arriva da un decennio artistico decisamente appannato per lui. Si tratta di Italia, una canzone dedicata al nostro Paese e alla sua capacità di essere unito.

MinoReitano-copia

Reitano accoglie con orgoglio quell’invito e l’amico Celentano a Fantastico lo incoraggia: “Tu andrai a Sanremo e avrai un successo clamoroso”. Mai profezia di un collega fu più azzeccata. Mino Reitano si presenta due mesi dopo al Festival di Sanremo, con il suo proverbiale entusiasmo che lo aveva già contraddistinto nei periodi d’oro degli anni Sessanta e Settanta.

La canzone si classifica sesta, a pochi punti di distanza da Fausto Leali (Mi manchi) e Marcella Bella (Dopo la tempesta). Il Festival che vede la vittoria di Massimo Ranieri con Perdere l’amore ha di fatto un altro vincitore morale. Anche Mino Reitano, come Ranieri, rappresenta la vecchia guardia che il pubblico aveva iniziato ad amare vent’anni prima con Canzonissima. Se il 1987 era stato l’anno della rinascita artistica di Gianni Morandi, il 1988 riporta Reitano sulla scena popolare con un brano che in poco tempo diventa un inno degli italiani all’estero.

La canzone scritta da Umberto Balsamo è criticata da molti per l’eccessiva semplicità di un testo che sembra avere come unico obiettivo la citazione di città italiane coniugate con rime di scarso valore (“Poi mi prende l’emozione per Firenze che sta là, per Venezia che si muove e l’eterna Roma è qua” è la frase paradigmatica presa di mira da tutti i giornalisti). Alla gente però piace. Italia è il tripudio della nazionalità e dell’orgoglio di cantare a squarciagola la patria natia. Mino Reitano è perfetto nell’esecuzione: la sua voce potente si unisce a quell’enfasi tanto ridicolizzata dai critici più ostili quanto amata dal pubblico. Sul palcoscenico non solo sembra di vedere davvero Venezia muoversi, l’entusiasmo di Mino smuove anche il microfono durante il ritornello cantato a pugni chiusi con incredibile intensità.

Italia è una canzone che si descrive per quello che è nei suoi primissimi versi: “Era tanto che volevo col mio canto dire a te, Grazie a un vecchio pensiero, Grazie al mio Paese”.

Chi si sofferma sulle congiunzioni inserite in punti anomali delle frasi, semplicemente non vuole perdonare a Sanremo di essere ancora una volta quello che è: la kermesse della canzone italiana per eccellenza, che non sempre necessita di spiegazioni né di testi troppo alti: all’estero ci invidiano per quella melodia che sappiamo apprezzare talvolta solo fuori dai nostri confini. Italia racconta l’unità di un Paese nella sua natura fatta di oleandri, mare e sole. Una penisola che non smette di porsi domande per ripartire ogni volta, una nazione che non si arrende di fronte a dubbi e difficoltà. C’è molta retorica nella canzone, che però arriva subito al pubblico fino a fare vociferare anche per questo la possibilità di sostituire l’inno di Mameli. Non succederà mai ovviamente e giustamente, ma la canzone diventa comunque un inno popolare per tutti gli italiani, nonché la canzone più rappresentativa di Mino Reitano. C’è tanta retorica, ma la semplicità e la bontà d’animo sono le qualità più grandi che si possano avere per arrivare con empatia al cuore di chi ci ascolta. Mino lo sapeva bene. Sanremo lo sa da 70 anni con le sue canzoni d’amore. L’Italia sta riscoprendo solo in questi giorni difficili quanto sia vero tutto questo, nell’autenticità dei valori che restano attaccati al nostro animo, a prescindere dal modo in cui l’essere umano ha cercato di corrompere la natura negli ultimi decenni.

Imperdibile il siparietto, anni dopo, con Umberto Bossi che scherzava sull’unità d’Italia insieme al cantante calabrese che si è sempre prestato a ogni forma di gioco.

Massimiliano Beneggi