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Tutto era cominciato così: se una fazione politica diceva che il coronavirus era pericoloso, allora quella opposta si presentava spavalda agli aperitivi. Se una parte diceva di portare sempre la mascherina, l’altra mostrava tranquillità perché serviva solo in caso di contagio. Quindi si è passati al problema delle chiusure, delle passeggiate all’aperto, e naturalmente ora a quello dei soldi. La nostra politica non è in grado di formare un governo unitario perché manca la voglia di ragionare con un unico obiettivo. Persino in una situazione come questa che stiamo vivendo, in una guerra che coinvolge tutti indistintamente: siamo uniti solo nell’arte, ma in Parlamento diventiamo peggio delle curve da stadio, non impareremo mai. Se uno si batte per un pensiero, l’altro deve dire l’esatto contrario.

italia oro

Torniamo anche oggi alla storia del Festival di Sanremo con uno sguardo all’edizione 1992. E’ l’anno del ritorno di Pippo Baudo, che inizia di fatto la sua monarchia con cinque conduzioni consecutive. L’organizzazione, però, è affidata ancora alla direzione artistica di Adriano Aragozzini. A vincere, nell’edizione che vede il ritorno dell’eliminazione poco gradita ai cantanti in gara, è Luca Barbarossa con Portami a ballare davanti alla favorita Mia Martini, alla terza partecipazione in quattro anni e decisamente in stato di grazia in quanto a successi: questa volta porta Gli uomini non cambiano. Arriva terzo Paolo Vallesi, e la cosa non stupisce più di tanto visto il cliché degli anni ’90 che vuole spesso il giovane vincitore l’anno prima classificarsi terzo nei Big (era successo con Masini nel ’91, succederà ancora con Pausini, Giorgia, Lisa). Al quarto posto, a soli 33 punti da Vallesi, si classifica Pierangelo Bertoli. Dopo il successo di Spunta la luna dal monte coi Tazenda, il cantautore romagnolo ha ormai superato il tabù festivaliero e sembra averci preso gusto: alla lettura della classifica il pubblico rumoreggia, Italia d’oro doveva arrivare sul podio.

E’ la prima e unica volta che un cantautore affermato porta a Sanremo una vera canzone di protesta contro la politica, genere solitamente affidato ai più giovani che possono permettersi di rischiare maggiormente. Pierangelo Bertoli, però, di nemici se ne è già fatti tanti nella sua carriera, procurandosi l’affetto del pubblico che lo ha sempre amato e uscendo dalla nicchia l’anno precedente con il brano insieme al terzetto sardo. Italia d’oro arriva profeticamente pochi mesi prima di tangentopoli, anche se per chi come Bertoli non mette la testa sotto la sabbia, lo scandalo che scoppierà sarà solo la punta di un iceberg ben noto. E di un sistema che, purtroppo, cambierà solo apparentemente.

pierangelo-bertoli

La giustizia inizierà a farla da padrona, la politica si farà cosa seria finalmente: ce lo dicono da anni, Bertoli già nel 1992 non crede ai proclami e con questa canzone conferma la sua sfiducia nei confronti di chi dovrebbe guidarci verso la libertà e invece ci tarpa le ali secondo i propri interessi. Quali sono, allora, i veri punti di riferimento in un Paese che non riconosce valori uguali per tutti? Perché le regole devono cambiare in base al prepotente che c’è al potere? Bertoli non ci sta, e grida questo canto coadiuvato da fisarmoniche e musica da sagra paesana che fanno riecheggiare sul palco la genuina voglia del popolo di vivere libero. Pagherà il conto solo la povera gente, a cui il Parlamento non guarda trovando scuse e approfittando della sua posizione intoccabile. L’Italia come Stato viene qui accusata quindi dall’Italia come Patria. E’ un Noi contro Voi di impareggiabile impatto in un Festival di Sanremo. Il finale, ascoltato a 28 anni di distanza, è quasi agghiacciante per la sua immutata verità: le lacrime di coccodrillo della politica, che dopo la guerra piange la povertà e l’ennesima sconfitta dei boss nuovamente liberi, ricordano quelle di chi in questi giorni usa parole di circostanza con il sedere sulla poltrona di Montecitorio. Quelle di chi entrava in chiesa tra gli applausi al funerale di Genova dopo la strage del Ponte Morandi. Dopo 28 anni, Bertoli ripeterebbe con forza: Spero soltanto di stare tra gli uomini, che l’ignoranza non la spunterà,che smetteremo di essere complici, che cambieremo chi deciderà. La nostra speranza, oggi, può essere solo che l’ignoranza non vinca al punto da far prevalere ancora gli interessi del potere sull’umanitá. È un dovere in cui l’Italia deve credere.

Il brano scritto con Mario Negri ebbe un discreto successo, arrivando a classificarsi nella Top Ten dei singoli più venduti nelle prime settimane. Ecco qui sotto il testo completo della canzone e il video dell’esibizione di Pierangelo Bertoli nel 1992, rigorosamente in maglione rosso. Recentemente la canzone è stata scelta sigla del programma di Raiuno ItaliaSi! condotto da Marco Liorni.

Massimiliano Beneggi

Racconteranno che adesso è più facile
che la giustizia si rafforzerà
che la ragione è servire il più forte
e un calcio in culo all’umanità
Ditemi ora se tutto è mutevole
se il criminale fu chi assassinò
poi l’interesse così prepotente che conta solo chi più sterminò

Romba il potere che detta le regole
cade la voce della libertà
mentre sui conti dei lupi economici
non resta il sangue di chi pagherà
Italia d’oro frutto del lavoro cinta dall’alloro
trovati una scusa tu se lo puoi
Italia nera sotto la bandiera vecchia vivandiera te ne sbatti di noi
mangiati quel che vuoi fin quando lo potrai
tanto non paghi mai
Tutto si perde in un suono di missili
mentre altri spari risuonano già
sopra alle strade viaggiate dai deboli
la nostra guerra non si spegnerà
E torneranno a parlarci di lacrime dei risultati della povertà
delle tangenti e dei boss tutti liberi
di un’altra bomba scoppiata in città
Spero soltanto di stare tra gli uomini
che l’ignoranza non la spunterà
che smetteremo di essere complici
che cambieremo chi deciderà

Italia d’oro frutto del lavoro cinta dall’alloro
trovati una scusa tu se lo puoi
Italia nera sotto la bandiera vecchia vivandiera te ne sbatti di noi
mangiati quel che vuoi fin quando lo potrai
tanto non paghi mai
Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta
dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa