Il racconto della storia del Festival di Sanremo, questa settimana, ha un percorso quasi scontato. Attributo, invece, non riferibile alla canzone che andiamo a ricordare nei giorni delle celebrazioni della strage di Capaci (23 maggio 1992) e di quella di via Georgofili a Firenze (27 maggio 1993).

Torniamo ancora una volta alla meravigliosa edizione sanremese del 1994. Alla direzione artistica, per la prima volta, c’è lo stesso conduttore. Una prassi che si ripeterà negli anni successivi con moltissimi presentatori insigniti anche del ruolo di organizzazione della kermesse. Così come sarà ricalcata l’idea di avere sul palcoscenico una mora e una bionda. Nel 1994 Pippo Baudo non sceglie due co-conduttrici: vuole accanto a sé Anna Oxa, già vincitrice del Festival cinque anni prima e prossima a un bis cinque anni dopo, e Cannelle, modella francese di colore fino a quel momento nota in Italia soprattutto per la pubblicità delle caramelle Morositas e delle gomme Brooklyn. Insomma sappiamo che è ottimo tutto ciò che mastica la ragazza, mentre l’italiano più che masticarlo lo trita facendolo a pezzi. E questo fa impazzire di gioia SuperPippo, che può gongolare con ripetute gag sulle difficoltà espressive di Cannelle nella nostra lingua (a Sanremo succederà anche con Valeria Mazza, Eva Herzigova, Laetitia Casta, Ines Sastre, Valeria Marini, scegliete voi l’intrusa). Di lì a poco rimbalzeranno sulle cronache anche brutti episodi di razzismo nei confronti della modella francese.

In gara dunque venti canzoni, senza eliminazione dopo l’esperimento dei due anni precedenti che fece vittime illustri. Il cast dei Big in gara è importante: Zarrillo, con la canzone che diventerà il suo fiore all’occhiello, Cinque giorni, Pausini (Strani amori), Ivan Graziani (Maledette malelingue), Rettore (Di notte specialmente), Califano (Napoli), Jannacci (I soliti accordi) e il vincitore dei Giovani del 1992, Aleandro Baldi (Passerà) garantiscono tanta bella musica a cui si aggiunge quella già narrata della Squadra Italia. Qualcuno, invece, storce il naso su Giorgio Faletti, già eliminato subito dalla gara due anni prima con Rumba di tango in coppia con Orietta Berti, e ancora identificato con il suo straordinario personaggio di Vito Catozzo, reso celebre a Drive In. Eppure il brano che porta quest’anno Faletti, è tutt’altro che banale: Signor Tenente è un omaggio sentito e commovente alle vittime delle stragi di mafia del ’92 e del ’93, che qualcuno frettolosamente bolla come retorico e ruffiano. Non c’è invece nulla di stucchevole né di politico nel singolo dell’ormai ex comico, che da quel momento diventerà un cantautore (quindi scrittore e attore drammatico) apprezzatissimo al punto da diventare uno dei motivi di orgoglio più alti per l’arte italiana. Non si tratta di una vera canzone, ma di una lirica recitata con un arrangiamento drammatico e sconvolgente almeno quanto lo sono le luci tetre dell’Ariston che accompagnano l’esibizione. Vengono toccate tutte le corde dell’emozione in un brano che farà la storia del Festival arrivando al cuore e alla gola di tutti: la regia televisiva agevola molto l’intensità del brano, per cui parteggia visibilmente anche Baudo, con primi piani sugli occhi azzurri e pieni di sincera commozione di Faletti.

faletti

Edita sotto etichetta Adalgisa, da un suo vecchio tormentone comico, Signor Tenente è introdotta da un brevissimo cantato che ricorda la fragilità della nostra unica e breve vita fatta di mezze parole dove dire la verità può costare la pelle. Con lo sdoganamento dell’intercalare siciliano che ripete Minchia in ogni affermazione, la lirica è un immaginario sfogo a muso duro di un maresciallo dei carabinieri verso il suo superiore, a cui rivendica l’impegno e il coraggio costante, chiedendo un’attenzione mai rispettata fino a quel momento. Spesso sopraffatti nella collettività dall’umorismo delle barzellette che con Pierino ha sempre un unico altro protagonista. Questa volta il carabiniere non si dà pace perché quel coraggio è spesso poco ripagato persino moralmente: l’intensità delle parole di Faletti e dell’arrangiamento orchestrale crescono durante il brano quando si ricordano i ragazzi uccisi con una bomba che non può avere giustificazioni e produce solo dolore.

Settima dopo la prima esibizione, Minchia signor tenente, spuria della parolaccia nel titolo per l’edizione sanremese, piace sempre di più serata dopo serata fino a un secondo posto che fa mancare di pochissimo la vittoria meritata. Che va invece a Baldi. Nasce così un nuovo Faletti, in quell’anno impegnato anche nel film Miracolo italiano, dove ormai stona però il suo ruolo comico disincantato con quello di cantautore e narratore della nostra drammatica attualità. Sanremo urla contro la mafia: tornerà a farlo Fabrizio Moro nel 2007 con Pensa, nell’anno cui il destino darà la vittoria nei Big a un’altra lirica sullo stile musicale di Signor Tenente, ovvero Ti regalerò una rosa di Cristicchi. Il singolo di Faletti, invece, venderà molto, e tornerà sul palco dell’Ariston con una esecuzione magistrale di Marco Masini nel 2017. Il racconto, dal punto di vista del carabiniere, ha un impatto straordinariamente forte. Ecco qui sotto testo e video del brano.

Massimiliano Beneggi

Forse possiamo cambiarla ma è l’unica che c’è
Questa vita di stracci e sorrisi e di mezze parole
Forse cent’anni o duecento è un attimo che va
Fosse di un attimo appena
Sarebbe come
Tutti vestiti di vento ad inseguirci nel sole
Tutti aggrappati ad un filo e non sappiamo dove, dove
Minchia signor tenente che siamo usciti dalla centrale
Ed in costante contatto radio
Abbiamo preso la provinciale
Ed al chilometro 41 presso la casa cantoniera
Nascosto bene la nostra auto che si vedesse che non c’era
E abbiam montato l’autovelox e fatto multe senza pietà
A chi passava sopra i 50 fossero pure i 50 di età
E preso uno senza patente
Minchia signor tenente faceva un caldo che se bruciava
La provinciale sembrava un forno
C’era l’asfalto che…
Minchia signor tenente faceva un caldo che se bruciava
La provinciale sembrava un forno
C’era l’asfalto che tremolava e che sbiadiva tutto lo sfondo
Ed è così tutti sudati che abbiam saputo di quel fattaccio
Di quei ragazzi morti ammazzati
Gettati in aria come uno straccio caduti a terra come persone che han fatto a pezzi con l’esplosivo
Che se non serve per cose buone può diventar così cattivo
Che dopo quasi non resta niente
Minchia signor tenente e siamo qui con queste divise
Che tante volte ci vanno strette
Specie da quando sono derise da un umorismo di barzellette
E siamo stanchi di sopportare quel che succede in questo paese
Dove ci tocca farci ammazzare per poco più di un milione al mese
E c’è una cosa qui nella gola, una che proprio non ci va giù
E farla scendere è una parola
Se chi ci ammazza prende di più di quel che prende la brava gente
Minchia signor tenente lo so che parlo col comandante
Ma quanto tempo dovrà passare
Che a star seduto su una volante la voce in radio ci fa tremare
Che di coraggio ne abbiamo tanto
Ma qui diventa sempre più dura quanto ci tocca fare i conti con il coraggio della paura
E questo è quel che succede adesso
Che poi se c’è una chiamata urgente se prende su e ci si va lo stesso
E scusi tanto se non è niente
Minchia signor tenente per cui se pensa che c’ho vent’anni
Credo che proprio non mi dà torto
Se riesce a mettersi nei miei panni magari non mi farà rapporto
E glielo dico sinceramente
Minchia signor tenente