Alberto Bertoli contro Salvini: “E noi non possiamo lavorare?”

E noi non possiamo lavorare? Così Alberto Bertoli, figlio del celebre cantautore Pierangelo, e da qualche giorno in rotazione radio con A un metro da me, commenta uno dei tanti selfie che ritraggono Matteo Salvini nella manifestazione romana del 2 giugno.

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Come si sa, infatti, per tutta l’estate sono stati impediti eventi nei teatri con più di 200 persone e nei luoghi all’aperto con più di 1000 persone, compresi i lavoratori, per impossibilità di mantenere le distanze di sicurezza in relazione all’emergenza Covid che ci ha tenuti in casa per quasi tre mesi. Ieri, in occasione della Festa della Repubblica, le forze di centrodestra guidate da Salvini, Meloni e Tajani, hanno portato in piazza tante persone con tanto di mascherine tricolori senza la minima attenzione alle distanze di sicurezza. Gli stessi politici, anzi, si sono avvicinati a tutta la folla che, visibilmente stretta anche per giustificare la massiccia presenza contro il governo, si è dedicata a selfie con i tre leader. Non conta il colore, e quindi purtroppo in tal senso nemmeno quello della mascherina indossata: sono chiaramente state violate delle regole, esattamente come accaduto sabato scorso a Milano con gli arancioni e il 25 aprile con le manifestazioni della Liberazione.

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E’ evidente che ormai, con il ritorno al lavoro per moltissime persone soprattutto da oggi, l’attenzione sia calata. Purtroppo. Perché se c’è stata una quarantena con regole rigide che ci ha impedito di uscire di casa, non è stato certo un gioco. Chiedetelo a Bergamo e alla Lombardia se c’è stato da divertirsi. Eppure ora tanti atteggiamenti irresponsabili sembrano nuovamente leciti, e il dramma è che arrivano proprio dalle istituzioni le quali dovrebbero dare il buon esempio. Dunque ricapitoliamo: gli spettacoli non si possono fare se non con poche persone e distanze ben serrate tra il pubblico, a messa e al ristorante le famiglie non possono rimanere vicine come fanno in casa, ma nelle manifestazioni politiche ci si può aggregare insieme a sconosciuti creando resse davanti a inermi cordoni di polizia. Ecco che dunque la polemica sollevata da Alberto Bertoli, è più che lecita. Esattamente come i padre, anche lui dunque va letteralmente a muso duro contro l’arroganza parlamentare che scavalca le regole rispettate dal resto della popolazione. Il cantante non ha voluto infierire però su qualcosa che potrebbe rispondere, se mai ci fosse bisogno, una volta di più alle evidenti dicotomie mostrate ieri: i selfie a suon di tricolori erano dello stesso politico che il 2 giugno 2011 scriveva su Facebook Io il tricolore lo uso come carta igienica. In pratica, contano più i soldi delle idee: questo forse spiega perché gli artisti, come faceva notare qualche giorno fa Giovanni Veronesi, sono messi da parte negli ultimi tempi a favore della politica e di tanti improvvisati esperti. Alla faccia della quarantena che si diceva aver stimolato la creatività di tutti rendendoci migliori: si torna come e peggio di prima, con le idee che vengono cestinate e l’arte messa da parte.

Massimiliano Beneggi

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