Le televisioni nelle ultime settimane imperversano di politici che hanno, come prevedibile, approfittato della pandemia per fare campagna elettorale. Lasciandoci quindi nel dubbio costante su come sia corretto comportarci di fronte all’emergenza, e senza risolvere (diciamocelo tranquillamente noi che non dobbiamo difendere una parte politica piuttosto che l’altra) quasi nulla. Ai parlamentari, divenuti a un tratto scienziati, si sono susseguiti interventi di presunti esperti che giocavano a chi la sparava più grossa, occupando in pratica gli spazi televisivi generalmente ad appannaggio degli artisti. Che invece sono praticamente spariti dal piccolo schermo, se si escludono le repliche che abbiamo piacevolmente ritrovato in un palinsesto rivoluzionato.
Personaggi improvvisati hanno preso il sopravvento, diventando in certi casi pericolosi per la società. L’ultimo un mezzo guru, tale Pappalardo, ha portato in piazza Duomo sabato scorso una manica di incoscienti senza mascherina nè distanze, quasi a giustificare chi crede che Milano e la Lombardia siano superficiali di fronte alla situazione. Non è solo Milano a non meritarli, ma l’intera cultura italiana. Che invece dà loro spazio attraverso i media, tv in primis. E gli artisti? Ridotti alle dirette Instagram e a eventi con pochi spettatori, ormai sono spariti dalla circolazione.
Lo fa notare anche il regista Giovanni Veronesi, che qualche giorno fa sui social ha pubblicato un post in cui punta il dito direttamente contro chi sta dimenticando i veri artisti a favore di tanti nuovi esperti che ripetono temi e commenti già ampiamente pronunciati. La musica di sottofondo che sceglie non è casuale: Sotto le stelle del jazz di Paolo Conte (‘Certi capivano il jazz…pochi capivano il jazz’).
Virologi, giornalisti, politici…ma dove sono gli artisti, perché non parlano loro in tv? Farebbero meglio alla testa della gente. Abbiamo bisogno di cose belle, dette bene, con garbo e intelligenza. Il mondo così è brutto.
È proprio vero, il mondo così si riempie solo di commenti replicati dagli stessi politici e quindi, in linea con quanto accade al Parlamento, tesi quasi sempre a produrre negatività e odio. Di cui francamente facciamo a meno, specie sul finire di una pandemia. Veronesi, lo scorso autunno al timone di Maledetti amici miei su Raidue, riporta quindi di nuovo l’attenzione sul mondo dello spettacolo sempre più dimenticato, anche da se stesso in questo caso. Non lo fa per parlare dei mancati supporti economici del governo, ma in nome della pura arte, che avrebbe qualcosa in più da dire nella sua possibilità di raccontare la vita osservandola da tutte le angolazioni, interne ed esterne alla storia. Non a caso Rai 5 sta ottenendo sempre più riscontro di pubblico negli ultimi mesi: il teatro, più di qualunque politico, sa interessarsi della società e la sa interpretare. Forse basterebbe che la politica imparasse dal teatro, prima di pensare a sostituirsi ad esso…
Massimiliano Beneggi