Il 10 gennaio 1991, da un’idea di Gino e Michele, andava in onda alle 20.30 su Italia Uno (l’orario, all’epoca, era quello della prima serata) la prima puntata di I vicini di casa. Il condominio Potiomchi (che nemmeno gli autori oggi sanno spiegare perché si fosse scelto questo nome, rimasto leggendario) diventava così un set conosciuto da tutti.

Parliamo di una sit-com amatissima, simbolo di comicità demenziale fatta in modo intelligente, che teneva incollati milioni di telespettatori in un’epoca in cui si poteva parlare di televisione di qualità. Quella fatta da autori veri, attori di teatro, e persino musicisti autentici. I vicini di casa, forse proprio per questo motivo, non hanno mai più trovato spazio nella televisione di oggi, dove l’inesperienza è il primo requisito richiesto.

Sono in pochi a ricordarne gli episodi, ma chi ricorda quella che era una delle primissime sit-com italiane di casa Mediaset (all’epoca Fininvest) non può dimenticare i personaggi. Straordinariamente divertenti. Vere e proprie maschere di un’Italia che raccontava notevoli differenze tra il Nord e il Sud. La Lega Lombarda di Umberto Bossi cominciava a muovere i suoi primi passi, il Milan di Ruud Gullit si giocava il primato con il Napoli di Diego Maradona. E naturalmente con i nerazzurri di Lothar Mattheus.

E’ così che, se il merlo indiano di Gene Gnocchi si chiamava Alberto da Giussano, Teocoli doveva fare i conti con la sua fede milanista per accettare che il suo biondissimo nipotino si chiamasse come il tedesco dell’Inter.

Ospiti del mondo del calcio, del giornalismo e dello spettacolo facevano da cornice in ogni puntata, animata da quattro personaggi: Teo Teocoli, Silvio Orlando, Gene Gnocchi, Gabriella Golia. A loro si aggiungevano le portinaie (il duo Opera Comique), e nella seconda serie il custode sempre dormiente, Enzo Cannavale, alias Doorman.

Alla frenesia e al dinamismo del milanese Teocoli si contrapponeva la svogliatezza del napoletano Silvio, fratello di secondo letto e poco tollerato da Teo. Lui, playboy dall’innamoramento facile, sempre apparentemente fortunato, al contrario del partenopeo che mostrava scarso appeal con le donne risultava sempre piuttosto pasticcione. Uno dall’animo più metropolitano, pronto a una vita mondana, l’altro casalingo e legato alla propria terra d’origine. Il milanese (il cognome, un programma: Bauscia) dalla vita rapida, e il napoletano che non sapeva rinunciare al contatto fisico nella comunicazione.

Ne I vicini di casa c’era molto più di venti minuti di intrattenimento: si verificava un teatrino dove gli attori davano il meglio di sè anche grazie a contenuti che ogni volta non erano proprio fini a se stessi. La vicinanza era sinonimo di amicizia, di collaborazione, di gruppo. Quello che oggi sembra scomparso, specie all’epoca del Covid. Se Teo era in affanno in una partita a poker, ecco che arrivava l’amico Eugenio a soccorrerlo scoprendosi un campione con le carte. E quando si imbatteva in una ragazza poco raccomandabile, il fratello Silvio tra una polpetta e l’altra gli faceva aprire gli occhi.

La bellezza e la simpatia di Gabriella Golia davano alla sit-com l’impressione di entrare realmente nella vita di un personaggio famoso, un po’ come accadeva in Casa Vianello. E poi tanti tormentoni, a cominciare dal “Fi, ma che testa c’hai” con cui Gene Gnocchi era solito sollevare dubbi, fino alle urla di Peo Pericoli, “E allora!!”, con cui si chiudeva la sigla.

Ogni episodio era intitolato con la strofa di una canzone cantautorale. E la colonna sonora vedeva spesso i personaggi interagire con canzoni italiane di quell’epoca e di quelle precedenti.

I vicini di casa appartiene alla memoria di chi l’ha vissuto, e ormai purtroppo di nessun altro. Sul web si trovano solo la sigla e tre puntate intere. Tutto il resto, per ora, è solo nei nostri ricordi. Il problema non è quello che ci si ricordi a distanza di trent’anni di una sit-com che anzitutto voleva intrattenere senza la presunzione di insegnare scienze ingegneristiche. La questione che dobbiamo porci, invece, è perchè ormai siamo arrivati a dare per scontato che una televisione come quella debba appartenere al passato. Perchè dobbiamo rassegnarci a una televisione che metta da parte gli attori di teatro, quelli che poi fanno carriera e portano nel mondo la nostra cultura. I vicini di casa non era strettamente legato a quell’epoca. Purtroppo, invece, sembra che quel modo di fare vero spettacolo in tv non possa più essere ripetuto.

Oggi e domani, su TeatroeMusicaNews, pubblicheremo interviste e contenuti dedicati proprio a questa straordinaria sit-com. Cominceremo oggi con tre incredibili autori, e domani con tre (anzi, quattro) attori. Siete pronti a tornare indietro di trent’anni? Cliccate qui!

Buon compleanno a una sit-com amatissima, e troppo spesso dimenticata. Persino dalla stessa televisione…

Massimiliano Beneggi