Venerdì 15 e sabato 16 ottobre dalle ore 16.00 alle ore 20.00, a 20 minuti da Roma, sulla via Flaminia, le sale e la corte del Palazzo Ducale di Castelnuovo di Porto – conosciuto come Rocca Colonna – diventeranno palcoscenico e luogo per una grande performance dedicata agli artisti e ai lavoratori dello spettacolo (clicca qui per leggere il programma completo).

The Artists at work coinvolge oltre trenta tra attori, cantanti, danzatori, musicisti, ma anche pittori, fotografi, videomaker e lightdesigner, ora autori ora interpreti, protagonisti di uno spettacolo che esprime tutte le arti e professioni di quel mondo che sono sostanza e linfa dello spettacolo dal vivo.

Abbiamo intervistato quindi il direttore artistico Aurelio Gatti, che ci racconta meglio questo straordinario evento ideato con Luca Piomponi.

Come nasce l’esigenza di una manifestazione come questa, dopo tanto silenzio dei teatri?

Ormai sono quasi due anni che si discute, talvolta con una partecipazione ostentata purtroppo solo a parole, della pandemia e delle sue conseguenze nel settore della cultura. Si è registrata un’altalena di pure promesse che ha creato nel frattempo un’assenza di prospettive per tantissimi lavoratori dello spettacolo. Bisognava quindi dare, a quella comunità invisibile dello spettacolo e della cultura, l’opportunità di far capire la complessità. Non abbiamo pensato quindi solo a una forma di intrattenimento, ma a esprimere le condizioni necessarie per rigenerare la comunità.

Cosa intendi con comunità?

Intendo quell’apparato che negli ultimi tempi si è espresso talvolta con sincera solidarietà e altresì ha accettato limitazioni di ogni tipo circa le libertà individuali. Lo spettacolo, meglio di qualunque altro mondo, interpreta quella comunità.

Come avete organizzato tutto questo in poco tempo?

Abbiamo incontrato tanti artisti e abbiamo scoperto che in questo lungo periodo molti di loro hanno continuato a lavorare in una dimensione creativa e di impegno verso il pubblico e le cittadinanze. Così abbiamo deciso di premiarli e di riempire di performance un Palazzo Ducale straordinario alle porte di Roma. Dobbiamo fare in modo che la ripartenza si fondi su valori, bellezza e prospettive senza che siano ricommessi gli errori del passato. Occorre ovviamente che vi sia la volontà di superare la condizione appena trascorsa.

Cosa vedremo quindi il 15 e il 16 ottobre?

Ci saranno 30 performance di teatro, musica, danza, canto; vi saranno numerose installazioni di lavori di pittori, videomaker e fotografi. Tutto si svilupperà intorno al tema della visione dell’immagine, da identificare come mezzo per una ripartenza con solide basi. Per questo avremo artisti di tutte le età: cantanti che vengono dalla lirica, che si esprimeranno in una musica barocca; colleghi provenienti da Campania, Sicilia, Toscana. Tutti con l’obiettivo di restituire al pubblico la loro arte con la voglia di superarsi.

L’arte è sempre riconoscente e al tempo stesso ha il compito di raccontare la cronaca. Come si coniugano questi due aspetti dopo che le istituzioni hanno di fatto ignorato la cultura nell’ultimo anno e mezzo?

La cronaca è il motivo per cui il teatro non finirà mai perché questo si fa interprete di quella contemporaneità. L’apertura di questo avrà come tema centrale le parole profetiche di Pasolini che sosteneva che il mondo classico sarebbe finito quando l’attività di produzione si fosse dimenticata dell’uomo. Non si possono nascondere sotto il tappeto certe evidenze. L’arte quindi continua a esistere, perché non solo non si dimentica dell’uomo, ma a differenza di altre realtà può ripartire informata, con cognizione di causa. In quanto alle istituzioni, che si può dire ancora? Quando c’è la necessità di ripartenza totale, bisogna capire che non si possono più creare settori stagni. E ora finalmente l’hanno capita, ma c’è una condizione.

Quale?

La poetica di Camus come quella di Caproni ci devono fare ricordare che la ripartenza avviene sempre a patto di capire da dove si arriva per procedere oltre. Quell’oltre che non sempre è disegnato e quindi richiede di essere instradato. Tutto l’evento di questo festival sottolineerà, quindi, l’importanza di sapersi guardare indietro: anche i classici greci ci ricordano che la società è minacciata fondamentalmente da se stessa. E questo deve essere evitato.

Massimiliano Beneggi