Lella Costa superlativa: rilegge Dante al femminile (ballando Dalla) -RECENSIONE

Fino al 31 ottobre al Teatro Carcano di Milano è in scena Lella Costa in Intelletto d’amore – Dante e le donne (di Lella Costa e Gabriele Vacis, produzione RSI, Mismaonda e Teatro Carcano). Un monologo di autentica cultura, nonché una lettura della Divina Commedia che si scopre, per la prima volta dopo 700 anni dalla morte del Poeta, interpretata in una chiave fortemente femminista. Ecco la nostra recensione.

IL CAST

Lella Costa. Regia: Gabriele Vacis

LA TRAMA

Gemma Donati, la moglie di Dante Alighieri, nonchè amica di Simone dei Bardi (sposato con Beatrice) è stanca di non essere mai considerata da storici e appassionati di letteratura. Tutti la ricordano solo per essere la donna che ha dovuto sopportare lo spettro di Beatrice sul suo matrimonio con il Sommo Poeta, che lei infatti ora chiama il “Sommo Bischero”. Così, dopo tanti secoli, si vuole togliere qualche sassolino dalle scarpe: nell’ammettere come fosse ben consapevole della passione puramente platonica di Dante per Beatrice, la Donati ripercorre la sua vita e rivendica la sua dignità di donna pur stando nell’ombra rispetto alla popolarità del marito. Vorrebbe quasi ridimensionarne la grandezza, in realtà gli sta per fare il più bello degli omaggi. Anche perché, di fatto, la Divina Commedia l’ha suggerita proprio lei a Dante. In che modo? Con tutto ciò che una donna può offrire all’uomo amato che, senza una donna, non sarebbe mai in grado di parlare d’amore. E, nella Commedia, di amore ce n’è tanto. A cominciare dal celebre V canto dell’inferno, quello di Paolo e Francesca, i lussuriosi che facevano prevalere i sensi alla ragione cedendo all’oblio dell’intelletto, come diceva Dante prendendo il distacco dal loro atteggiamento. Questo, almeno, quanto ci è sempre stato insegnato. A sorpresa, invece, ecco proprio Francesca che ricorda come Alighieri fosse il primo a volersi abbandonare al desiderio adultero, salvo non poterlo fare. La donna rivela inoltre che, pure all’Inferno, prosegue la sua passione con Paolo, il suo vero amore. Insomma, se non si trova in Paradiso non è certo per motivi diversi da quelli della morale comune che imponeva di bandire le relazioni extraconiugali. Arriva quindi Taide, la prostituta di cui il Poeta parla nel XVIII canto dell’Inferno (noto per essere “quello delle parolacce” e per ciò stesso mai insegnato nelle scuole, per non turbare i ragazzi, come sottolinea sarcastica la Costa). Taide ripercorre così la sua stessa vita e la sua professione immorale ma capace di guardare nell’animo delle persone. Infine ecco lei, Beatrice, un po’ svampita, eterea, si dimentica ciò di cui deve parlare. E’ innamorata: di chi lo sia ora non si sa, né ha importanza, ma conta il fatto di essere stata la prima musa per Dante, sin dall’età di nove anni. Anche lei ha qualcosa da rivelare, fino ad oggi sconosciuto. Anche perché nessuno, prima di ora, se l’era ancora immaginata a dialogare con poeti moderni quali Giorgio Gaber e Elsa Morante…

Foto di Stefano Spinelli

LA MORALE

Altro che essere l’oblio della ragione: il primo amore non si scorda mai e lo confermano le donne più importanti della Divina Commedia. Ciascuna di loro, per diversi motivi, ha saputo farsi ricordare nel proprio parlar con sentimento. Su un palcoscenico illuminato, alla fine resta illuminata solo l’aureola sulla testa di Beatrice che, in realtà, rappresenta tutti gli innamorati del mondo: non tocca a noi dire chi meriti il Paradiso più di qualcun altro, ma di certo l’Amore (inteso come emozione universale) ci rende migliori, meritevoli di una certa “santità”.

IL COMMENTO

In un’ora e mezza di spettacolo c’è molto da ridere e il lungo applauso del Teatro Carcano (esaurito in ogni singolo posto in una stupenda capienza al 100%) conferma l’apprezzamento del pubblico. I testi citati della Divina Commedia sono quelli autentici e questo potrebbe bastare a fare capire che sul palcoscenico si fa sul serio. Lella Costa ci guida in una lezione dantesca che non sfiora mai la parodia ma, al contrario, restituisce persino valore a tanti atteggiamenti contemporanei a cui fatichiamo generalmente a dare un senso. Il confronto con il presente e con alcuni personaggi, della storia e della cinematografia, è infatti la costante che consente allo spettacolo di essere più che mai vivo dall’inizio alla fine.

IL TOP

Sul palcoscenico c’è Lella Costa. Di fatto ci sono tutte quelle donne della Divina Commedia (e non solo quelle). Il talento di una delle attrici più iconiche del teatro non lo scopriamo certo oggi, ma ogni volta non smette di lasciare a bocca aperta. Con ironia (e una incredibile capacità mnemonica) sa catalizzare l’attenzione con la sua parlantina, le pause al momento giusto, nonché l’incredibile capacità di passare dal dialetto toscano di Gemma Donati a quello romagnolo di Francesca in poco tempo. Un one woman show di assoluto divertimento, ma anche di autentica cultura. Milano fa bene a essere orgogliosa di questa donna.

LA SORPRESA

La Divina Commedia l’abbiamo sentita infinite volte, eppure rivela sempre significati differenti. Merito, naturalmente, delle chiavi di lettura che arrivano dalle diverse parafrasi. Nessuno avrebbe mai immaginato che l’opera più famosa di Dante potesse essere un testo più che mai al femminile, rivolto alle donne oltre che da esse stesse ispirato. E chi avrebbe mai potuto pensare che si potesse recitare la Commedia con i sottofondi musicali di Zucchero, Battiato e Lucio Dalla? Ci ha pensato Lella Costa che, mentre dialoga con il pubblico, non riesce a fare a meno di ballare sulle note di Disperato Erotico Stomp. E ha fatto centro.

Massimiliano Beneggi

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