C’è chi vince Sanremo e chi ci prova con Una voce per San Marino.

Andrà in scena sabato 19 febbraio la finale della prima edizione della kermesse musicale che selezionerà il partecipante all’Eurovision Song Contest per San Marino.

Se da noi a dicembre vennero alimentate le polemiche per la partecipazione di Ana Mena, lo stato di San Marino non si è creato lo stesso problema. Tra i finalisti, infatti, ci sono molti italiani. Cantanti che, non potendo difendere il tricolore, tenteranno la fortuna sostenendo la bandiera gialla e rossa. Bel patriottismo; grande attaccamento alla propria terra. Non bastavano i calciatori mercenari pronti a cambiare casacca a seconda della convenienza. A soli due anni dai canti sul balcone con tanto di dichiarazioni d’amore per la nostra Italia, eccoci a dover vedere cantanti italiani a fare la fila per una gara straniera. Non importa che San Marino sia di fatto situata in Italia: la situazione grave riguarda la corsa a farsi paladini di un altro Paese, a costo di esserci. In un concorso che, peraltro, è il palese piano B di interpreti delusi. Una sorta di Conference League calcistica, che consente un ingresso in Europa rientrando dalla finestra dopo essere usciti dalla porta principale.

Così il 19 febbraio vedremo in gara Achille Lauro (sì, ancora lui, speriamo che i sammarinesi se ne affezionino così ce lo tolgono di torno per un po’), Valerio Scanu (colui che meno di venti giorni fa aveva dichiarato di lasciare la musica), Francesco Monte (noto per essere stato cornificato in diretta tv da Cecilia Rodriguez più che per esserne stato l’ex, nonché rancoroso escluso dal Festival), Alberto Fortis con il batterista ex Formula 3 Tony Cicco, Ivana Spagna. Oltre a loro anche il giovane Matteo Faustini, Blind, Alessandro Coli con Burak Yeter, Miodio con Fabry e Labiuse (gli unici che realmente sono cittadini della Repubblica Serenissima).

Nulla di strano, se si pensa che alcuni stranieri talvolta hanno gareggiato al Festival di Sanremo. Peccato che la kermesse sanremese sia conosciuta in tutto il mondo per essere la più eccellente organizzazione canora mai esistita, la cui storia parla da sola per garantire il prestigio di prendervi parte. Una voce per San Marino, con quel titolo da concorso provinciale, rappresenta invece solo un escamotage per cantanti che vogliono ricordare al mondo di esserci. E che ora vogliono un posto in quella che fino a pochi anni fa, prima di arrivare sul podio con canzoni italiane, consideravamo una manifestazione trash. Insomma, in tutti i sensi non vi è assolutamente storia.

Hanno provato, ormai fuori tempo massimo, a iscriversi anche La Rappresentante di Lista (che non ha certo bisogno di San Marino per esprimersi con il suo tormentone Ciao Ciao) e Tananai, classificatosi ultimo a Sanremo.

Il 19 febbraio sapremo chi avrà vinto questa sorta di Ora o mai più internazionale. Una gara che nessun Big della canzone vorrebbe mai vincere. Non perlomeno con queste prerogative che tutto significano, meno che un rispetto per il proprio Paese o un’affezione verso un altro Stato. Come certi calciatori oriundi che, non venendo convocati dalla propria nazionale, elemosinano la chiamata azzurra. O come quelli che, per un pugno di soldi, se ne vanno a giocare in squadre estere svendendo la propria qualità. E qui non c’entra nulla il superamento delle frontiere, qui si tratta di trattare l’arte come un puro veicolo per la gloria personale. È qualcosa che stride già a raccontarla così.

Ecco, la musica che diventa mercenaria come il calcio, questo proprio non ce lo meritavamo. Ma forse, a dirla tutta, quei cantanti non se li merita nemmeno San Marino. Uno Stato che, con tutto il rispetto, non si sa nemmeno perché partecipi all’Eurovision Song Contest, come se si trattasse di un’edizione di Giochi senza Frontiere.

Massimiliano Beneggi