E’ in scena al Teatro Manzoni di Milano, fino al 20 marzo, Mine vaganti (produzione Nuovo Teatro con Fondazione Teatro della Toscana), lo spettacolo di Ferzan Ozpetek, tratto dal suo omonimo film del 2010. La pellicola vinse due David di Donatello, quattro Globi d’Oro e cinque Nastri d’Argento; la prosa teatrale continua ad appassionare e a fare sold out in tutte le sale, a testimonianza della voglia di divertirsi e altresì di riflettere su tematiche importanti. Ecco la nostra recensione.

Foto di Romolo Eucalitto

IL CAST

Francesco Pannofino, Iaia Forte, Erasmo Genzini, Carmine Recano, Simona Marchini, Roberta Astuti, Sarah Falanga, Mimma Lovoi, Francesco Maggi, Luca Pantini, Edoardo Purgatori. Regia di Ferzan Ozpetek.

LA TRAMA

Vincenzo e Stefania sono una coppia affiatata e all’antica: da sempre attenti agli equilibri familiari, si preoccupano di crescere i due figli (Tommaso e Antonio) in un ambiente tipicamente borghese, senza badare troppo all’idea che le loro sensibilità emotive possano contrastare con quelle dei ragazzi. Una sera, nel paese del Sud Italia dove vivono, si festeggia l’arrivo a casa di Tommaso, ormai trasferitosi da diversi anni a Roma. Nella capitale, il giovane ha scoperto di potere essere felice, esprimendo liberamente la propria omosessualità. Ora ha deciso di dichiarare a tutta la famiglia il suo orientamento, consapevole che dovrà affrontare una madre decisamente soffocante e un padre assai severo. L’omofobia e l’ignoranza di Vincenzo vengono alla luce proprio in quella stessa sera quando, a sorpresa, è Antonio a confessare dopo tanto tempo la propria omosessualità. Vincenzo si danna l’anima pensando a cosa dirà la gente del paese. Così lo caccia di casa, affidando la gestione commerciale dell’azienda a Tommaso che, nel frattempo, per evitare di peggiorare la salute del padre ricoverato a causa di un infarto, ha deciso di aspettare a fare coming out. Il guaio è che non è nemmeno vero che abbia studiato Economia e commercio come ha sempre fatto credere ai genitori per assecondare i loro desideri. Tommaso è uno scrittore in erba, in procinto di laurearsi in lettere. Le sue lacune in materia, quindi, saranno ben presto scoperte da Alba, figlia del socio di Vincenzo e invaghita di Tommaso, che però le confessa di essere fidanzato con un tale Marco. Proprio quest’ultimo arriva a sorpresa nel paese insieme a due amici gay, con l’obiettivo di aiutare Tommaso a raccontare tutta la verità e non sobbarcarsi un peso insostenibile. Squarciare la rigidità di Vincenzo non sarà facile, ma con il supporto dei parenti di Tommaso tutto diventerà un divertente gioco. La zia civettuola e la nonna proprietaria dell’azienda dolciaria hanno già compreso i tormenti sentimentali del nipote da diverso tempo: così si dimostreranno perfette complici per convincere Vincenzo ad abbassare le sue barriere difensive.

LA MORALE

Ci si preoccupa talvolta di ciò che pensano gli altri circa la nostra vita e non di quel che provano le persone a noi più care. La famiglia è un bene prezioso quando la si difende e la si protegge, ma diventa un ostacolo se resta legata a certi retaggi da superare. Quel che accade tra le mura domestiche non appartiene a chi sta fuori, così come siamo solo noi a decidere cosa possa essere normale e cosa anomalo nella nostra vita. La questione non è legata all’età: a trovare la soluzione definitiva, infatti, è la nonna, che rivela molto più buon senso di chiunque altro. Una mina vagante che sa stupire e sistemare le cose in posti diversi da quelli consueti. In fondo, anche Stefania involontariamente lo aveva ammesso: “Ho due figli diversi”, sottolineando la loro unicità senza ancora conoscerne le preferenze sessuali.

Foto di Romolo Eucalitto

IL COMMENTO

Non era facile trasformare un film di successo in uno spettacolo teatrale. Ozpetek ci riesce perfettamente con l’espediente di numerosi tendaggi, dietro cui si nascondono sempre scenografie e oggetti diversi, che permettono di passare da una scena all’altra in pochi secondi. Insomma Ozpetek trasforma il teatro in un cinema, ma non rinuncia alla peculiarità del palcoscenico. La storia, infatti, è narrata in un flashback e in un continuo dialogo tra gli attori e il pubblico, che rappresenta idealmente il popolo del paese. Proprio come questo, infatti, la platea è proiettata a osservare giocoforza ogni movimento di chi è sul palcoscenico: d’altra parte, a mettere in mostra i fatti privati di famiglia è lo stesso Vincenzo. Tutto questo viene quindi espresso con la modalità poetica che solo il teatro può offrire.

IL TOP

Gli attori sono tutti perfetti nei loro personaggi, non temendo alcun paragone (che poteva sembrare inevitabile alla vigilia) con chi li ha preceduti nel film del 2010: ciascuno di loro, con la giusta ironia, descrive una dinamica che il pubblico di Milano sa accogliere con ripetuti applausi. Pannofino, Iaia Forte e una splendida Simona Marchini (clicca qui per leggerne l’intervista) si godono quelli più lunghi. Quando si va a teatro si vorrebbe sempre trovare spettacoli di questa importanza, dove il cast impreziosisce una trama già fortissima.

LA SORPRESA

Erasmo Genzini, noto al pubblico televisivo per la partecipazione all’ultima serie di Che Dio ci aiuti, è straordinariamente bravo nell’esprimere la sensibilità di Tommaso. Mai forzato, bravissimo intrattenitore nel dialogo io-tu con il pubblico. Francesco Maggi ed Edoardo Purgatori, gli amici gay, sono quanto di più colorato e vivace possa esserci a dare un ulteriore ritmo nel secondo atto. La loro capacità di interpretare anche le pettegole del paese nella celebre scena dello scambio di malignità (“Che brutta cosa la calunnia!”), conferma oltre al talento attoriale, anche la saggia intuizione del regista nella modalità narrativa. Anche chi ha visto il film, rimarrà sorpreso per il finale ancor più poetico.

Massimiliano Beneggi