Edy Angelillo: Quando sono in scena mi lascio incantare ancora dalla magia del “Rugantino” -INTERVISTA

Edy Angelillo è una di quelle attrici che, per il suo talento, la sua simpatia e il suo carattere dinamico, sanno avvicinare il pubblico al mondo del teatro. D’altra parte le sue innumerevoli interpretazioni cinematografiche e televisive l’hanno resa uno dei volti più amati anche per la sua spontaneità e la straordinaria empatia. Fino al 27 marzo è impegnata al Teatro Sistina di Roma in Rugantino, al fianco di Serena Autieri, Michele La Ginestra e Massimo Wertmuller. Lo spettacolo, che dal 3 al 10 aprile si sposterà all’Augusteo di Napoli, la vede interpretare il ruolo di Eusebia. Edy racconta così in questa intervista la sua emozione di prendere nuovamente parte a una delle commedie più romantiche di sempre.

Come descriveresti Eusebia?

È una donna de core. Cinica, furba, astuta: complotta con Rugantino, fingendo di esserne la sorella. E chissà, potrebbe anche esserlo davvero visto che entrambi sono figli di chissà chi. Sicuramente sono simili tra loro, furfanti ma sostanzialmente persone “de core” appunto. E infatti lei, dopo aver cercato di raggirarlo, si innamora veramente di Mastro Titta.

Eusebia può essere il simbolo di chi, dopo aver patito delle sofferenze, cerca un riscatto nell’orgoglio ferito?

Sicuramente. Eusebia ha un passato tormentato, è una prostituta. La sua vita non è mai stata facile e anche per questo si lascia molto guidare dall’istinto.

In Rugantino è rappresentata quella consueta smania, tipica del corteggiamento, di apparire dapprima forti in virtù di un’indifferenza rispetto ai sentimenti. Poi arriva il momento in cui si vuole far apparire l’amore l’unico scopo della propria esistenza. Insomma il mondo è fatto sempre di apparenze in un modo o nell’altro?

L’apparenza è certamente parte di questo mondo: tutti siamo un po’ chiamati a questo gioco talvolta. Qui c’è persino un uomo che, pur di far vedere di essere innamorato, si prende una responsabilità non sua arrivando a farsi uccidere. Ecco, questo è ovviamente eccessivo! (ride, ndr)

Foto di Antonio Agostini

Ti è mai capitato di dire una bugia pur di dimostrare il tuo amore?

Non sono proprio brava con le bugie, lo trovò inutile, controproducente. È una cosa che ho sempre detto anche a mio figlio: è sempre meglio la verità. Oltretutto per vivere di bugie bisogna anche avere diverse vite. Quelli che hanno due storie contemporaneamente come fanno? Tanto di cappello a loro, devono avere una vita stressante e una memoria di ferro! No, al massimo tollero le classiche “bugie bianche”.

Cosa significa per una veneziana come te recitare in una commedia così autenticamente romana?

Sono nata da genitori pugliesi a Venezia, ho vissuto a Milano: in me c’è un misto pazzesco di città! Il mio cuore batte sempre per Milano, ma ormai a Roma ci vivo da tanti anni con mio figlio, è diventata casa mia. Sono onorata di far parte di questo spettacolo perché è innanzitutto un classico della commedia musicale, il non plus ultra di questo genere. Io che ho vissuto tanto al Nord, per questo ruolo ho lavorato su un dialetto particolare, a metà tra il ciociaro e il marchigiano. Eusebia parla a malapena e nella sua ignoranza lo fa malissimo. Mi sono divertita molto quindi a cercare di avvicinarmi a un dialetto particolare.

Foto di Antonio Agostini

Anche chi ha già visto Rugantino deve tornare a teatro a vederlo perché…

C’è un apparato pazzesco, le scenografie sono quelle originali, con due girevoli meravigliosi, i costumi sono di una bellezza infinita. Siamo circa 60 persone tra tecnici e attori: con Rugantino si vive mondo magico, a cui non siamo più abituati. Ormai, anche per motivi economici, non si realizzano più produzioni così ricche, si tende a fare tutto stilizzato e il più semplice possibile per ovviare alle spese. Questa commedia, invece, è del 1962, quando c’era un artigianato incredibile.

Cosa ti sorprende ancora a distanza di tanti anni?

A volte mi capita, mentre sono in scena, di incantarmi a osservare dei particolari scenografici, chiedendomi se il pubblico li noti. Sul muro, sui mattoni, sulla Madonnella: ovunque ci sono dettagli stupendi. Mi incanto a vedere un mondo che non c’è più e non ci sarà più. Ma in quella scena sembra rimasto tutto intatto.

Tu sei cresciuta giovanissima al fianco dei più grandi maestri: quella magia teatrale la vivesti quando ancora era nel vivo…

È vero, ho avuto molta fortuna nella mia vita artistica. Debuttai a teatro al Sistina con Garinei e Giovannini. Il mio primo provino canoro fu con Trovajoli. A 18 anni lavorai subito con Gino Bramieri. Insomma, partii immediatamente con la “Serie A” del teatro!

Se la tua vita fosse una canzone quale sarebbe?

Sorry seems to be the hardest word, di Elton John. Non tanto per il testo, comunque stupendo, quanto per la sonorità, l’atmosfera che crea e mi appartiene. È la prima a cui penso, almeno ora. In realtà adoro tutta la musica: Sting, il rock, il jazz. Insomma domani magari potrei darti un’altra risposta!

Massimiliano Beneggi