In quanti potrebbero fare un concerto concentrando quasi tutto il repertorio su un solo decennio? In Italia abbiamo forse solo Umberto Tozzi e Max Pezzali. Ecco allora San Siro canta Max. Mai titolo poteva essere più azzeccato per un doppio concerto come quello in scena il 15 e 16 luglio a Milano. Tutti, senza il bisogno di leggere le parole, cantano a memoria i brani di Pezzali. Non vedevano l’ora di potersi sfogare così, i 60 mila che riempiono San Siro. Un evento atteso da oltre due anni e che ora, finalmente, si fa realtà nella meravigliosa cornice dello Stadio Meazza. Pensare che si voglia abbattere questa struttura fa male al cuore, ma ce lo diciamo solo in questa circostanza, che lascia spazio ai sentimentalismi come non mai.

D’altra parte il pubblico che canta Max vive di tanto sentimento. Quello delle canzoni d’amore (e pazienza se con 38 gradi ci si ritrova a urlare anche “Che faccia uscire il calore che non ti so spiegare”) e quello degli anni Novanta. Il pubblico di Max Pezzali è educato: non ci sono bimbiminchia che amano l’uso smodato di autotunes, ma tutta gente tra i 25 e i 60 anni che aveva iniziato a cantare quelle canzoni da giovanissima per poi ritrovarsi ora allo stadio col figlio di dieci anni. Beata quella gioventù, educata dai genitori con musica di un certo livello.

Ci sono voluti trent’anni per capire che Il grande incubo sia uno dei pezzi più incredibili della canzone italiana, grazie ad un arrangiamento e a un utilizzo di suoni dotati di una completezza che ancora oggi fanno scuola. Ci sono voluti tutti questi anni per capire che la serenità e la bellezza di Paola e Chiara (tornate eccezionalmente in quel ruolo di coriste e ballerine con chi esordirono nel 1995) sono ciò di cui c’è bisogno. Gli applausi e i telefonini accesi per riprendere le due cantanti sul palcoscenico la dicono lunga su quanto questo sia vero. Cosa sia successo perché ci rendessimo conto di tutto ciò, forse è presto spiegato con l’assenza degli amanti della trap a questo concerto. Niente cupismi o elogi al maschilismo becero: di Pezzali, come di Paola e Chiara, in tutti questi anni non ne sono venuti fuori altri. Sarebbe il caso di lasciare nuovamente a loro la scena: ci scusino i fan di una certa musica, abituati ormai a veder fare concerti a San Siro anche dai trapper appena emersi, ma teniamo ancora al buon gusto e alla musica che faccia stare bene.

È un istinto generazionale a muovere San Siro nel concerto di Pezzali. Quei testi, che raccontano quasi sempre le gioie dopo una giornata piena di sfighe, sono il bicchiere mezzo pieno di chi oggi canta a memoria come se fosse in chiesa, senza che le parole gli appartengano più. In fondo Questa casa non è un albergo è una di quelle canzoni manifesto che ora assume un’ironia decisamente ribaltata rispetto a quando la si ascoltava da adolescenti. Eppure, il pubblico che riempie San Siro il 15 e il 16 luglio è quello orgoglioso di poche ma significative realtà vissute: Bim Bum Bam, il Game Boy, Max Pezzali e gli 883.

Così si chiamavano in origine e così tornano a essere per un evento incredibile come questo: Mauro Repetto è sul palcoscenico, caricato da un entusiasmo formidabile degli spalti. Come lui anche J Ax che, all’epoca in cui esordivano gli 883, iniziava la carriera come Articolo 31. Il rapper si leva anche un sassolino dalla scarpa, ricordando come in trent’anni fa molti colleghi li snobbassero e ora sono spariti. Mentre loro, Max e J Ax, nel 2021 hanno vinto un Disco di Platino. Non è maleducato nel raccontarlo, ogni tanto un po’ di orgoglio non guasta.

Max Pezzali riempie uno stadio pronto a perdere la voce per cantare con lui (con le stesse intonazioni date dal cantante nel disco originale), ma con attenzione. In molti indossano la mascherina, specie negli spostamenti che inducono a non rispettare certe distanze. Segno che il pubblico intonerà ancora brani degli anni Novanta, ma ormai è dotato di una certa maturità mentale che non gli impedisce di volersi godere l’estate al netto dell’aumento di contagi da Covid.

E Pezzali? Tiene per due ore e mezzo un concerto dove potrebbe anche non cantare visto il supporto della folla: invece canta e lo fa benissimo, con quegli accenti sbagliati come piacciono a noi, con quella sua tipica concentrazione che si eleva insieme all’occhio e al sopracciglio. Pezzali è uno di quei cantautori che torna a dare un significato al concerto negli stadi: sarebbe ora di smetterla di fare cantare in certi contesti persone che, al contrario, urlano senza alcun senso di intonazione. Non saremo a teatro, ma ascoltare una voce pulita come quella di Max fa ancora bene all’energia pulita e sostenibile della musica. Il resto è solo inquinamento, acustico ma non meno pericoloso di quello che fa sciogliere i ghiacciai. Tutto questo ce lo possiamo dire tra pochi 60 mila intimi (più gli altri 60 mila che ci saranno stasera) al termine di una serata con uno spettacolo di luci e scenografie pazzesche. Non sono solo gli ambre Magique giganti sul palcoscenico a farla padrona, ma anche immagini in 3D, veri e propri racconti delle canzoni attraverso foto e capolavori da art designer. È talmente un concerto di altri tempi che Max non solo si diverte a usare locuzioni arcaiche, ma regala persino veri e propri bis, nel senso più sincero del termine, ossia di canzoni che si interpretano per una seconda volta al termine del concerto. Concetto oggi ormai superato dall’idea di chiamare bis gli ultimi tre pezzi con cui infiammare la folla.

Tutto organizzato con cura da Vivo Concerti e dall’ottimo management di Pezzali. Nulla sarebbe stato però possibile senza il grande assente, Claudio Cecchetto. Qualunque sia stato il motivo della rottura con Max, non si può non citare mai il grande produttore che ha reso possibile la serata. Non si può ignorare il nome del talent scout nei crediti finali (dove ogni singolo collaboratore è menzionato), né ci accontentiamo di classificarlo in quelli che “hanno partecipato all’organizzazione della serata, impossibili da citare tutti perché sarebbero troppi”. Cecchetto è Cecchetto. Ogni singola invenzione degli 883 è sempre passata da lui. In una serata che vede le Reunion di Max e Repetto e di Paola e Chiara, un grazie al deus ex machina non avrebbe fatto scendere sangue da naso a nessuno. Ignorarlo vuol dire mettere in evidenza un personale orgoglio più forte della frattura. E pensare che negli anni Novanta, anche senza social, si usava ancora avere quella gratitudine oggi in disuso. Peccato, ma la sensazione è che nei prossimi giorni emergerà qualcosa di più su questa improvvisa (tranne che per gli interessati) separazione.

Intanto, a proposito di separazioni, per una sera a nessuno interessa più nulla di Ilary e Totti e nemmeno di Draghi e Conte. Il vero problema è chi abbia ucciso l’uomo ragno.

Ecco la scaletta del concerto:

La lunga estate caldissima
Sei un mito
Gli anni
Lo strano percorso
Rotta x casa di Dio
Una canzone d’amore
Come mai
Come deve andare
L’universo tranne noi
Nient’altro che noi
Eccoti
Io ci sarò
Se tornerai
Hanno ucciso l’Uomo Ragno
Non me la menare
6/1/sfigato
Weekend
S’inkazza (Questa casa non è un albergo)
Nord sud ovest est
Tieni il tempo
La regola dell’amico
Bella vera
Nella notte
Viaggio al centro del mondo
La radio a 1000 watt
Sempre noi
Ti sento vivere
La regina del celebrità
Quello che capita
Sei fantastica
Nessun rimpianto
Con un deca
Il grande incubo
La dura legge del gol

Massimiliano Beneggi