Qualche mese fa è uscito il libro Bim Bum Bam Generation (di Massimiliano Beneggi, edizioni D’IDEE), che racconta la storia del più longevo programma televisivo per ragazzi, attraverso la nascita della trasmissione, la rielaborazione in chiave filosofica di 40 cartoni animati e le interviste ai protagonisti del celebre contenitore di Mediaset. Il tutto a dimostrazione che la tv dei ragazzi sia sempre stato qualcosa di estremamente serio e da non sottovalutare. Il programma più cult degli anni ’80, che unisce orgogliosamente i ricordi della Generazione Millennials, era fatto di grandi contenuti e importanti professionisti.

Una di queste era Marina Morra, la prima donna a condurre Bim Bum Bam insieme a Paolo Bonolis e Sandro Fedele, con cui esordì precedentemente su Raiuno a 3,2,1, Contatto! L’abbiamo intervistata e così, per la prima volta dopo tanti anni, eccola a raccontarci quella sua esperienza televisiva e i suoi nuovi progetti.

Come iniziò la tua avventura a 3,2,1 Contatto?

Sandro Fedele e Paolo Bonolis già conducevano il programma. Io avevo alle spalle delle esperienze radiofoniche con interviste e programmi musicali: arrivai in sostituzione di un’altra ragazza che era appena andata via. A farmi entrare nella trasmissione, dopo un provino, fu il capostruttura Sebastiano Romeo. Registravamo dal lunedì al venerdì, andando in onda anche tre volte al giorno: c’erano ritmi serratissimi. Il sabato, invece, andava in onda Il barattolo, condotto da Fabrizio Frizzi, con cui ci incontravamo sui corridoi. Ricordo con grandissimo affetto quegli anni…

Voi tre siete stati i pionieri di una tv per ragazzi fatta con un linguaggio per adulti. Cosa vi veniva chiesto di portare in scena?

Ci venne lasciata la possibilità di esprimere noi stessi. Probabilmente ci scelsero proprio perché ci ritenevano adatti a una tv per ragazzi innovativa. Nel programma sulla Rai c’era una grande attenzione ai contenuti da parte della dirigenza, mentre con Bim Bum Bam noi stessi eravamo ormai meno acerbi e diventammo quasi autori dei programmi, benché non ci fecero mai firmare come tali. Io chiesi di occuparmi di rubriche musicali e di cinema e potevo, così, approfondire i due mondi che ho sempre amato. In quel contenitore raccontavamo delle cose, discutevamo tra noi circa certi argomenti, seguendo solo una traccia di canovacci che ci venivano proposti. Non eravamo solo un collante tra cartoni, come poi si sarebbe trasformato in seguito il programma.

Il feedback col pubblico era, inevitabilmente, solo attraverso le lettere.

Ne arrivavano tantissime e le selezionavamo con gli autori, anche perché i ragazzi da casa partecipavano alle nostre rubriche. Per esempio avevamo l’angolo dell’inventore, dove il pubblico da casa inviava suggerimenti per organizzare cose pratiche, utili alla vita domestica. C’era anche l’angolo del collezionista: i ragazzi erano coinvolti e il segreto del successo era proprio nel dialogo con loro, oltre che nei cartoni animati, da Lady Oscar a Hello Spank, straordinariamente rivoluzionari per l’epoca.

Il ricordo più bello?

La nostra completezza in ruoli ben definiti. Paolo aveva molte idee sulle gag. Una per esempio era Il gabinetto del dottor Callegari, parodia de Il gabinetto del dottor Caligaris: mentre noi parlavamo, qualcuno bussava e trovava occupato. Sandro, il più attivo religiosamente, ha sempre rappresentato la parte più umanista; io mi occupavo di cinema e musica. Riuscimmo ad avere anche come ospiti presenze eccezionali: Rino Gaetano, Enzo Jannacci, Antonello Venditti, Ron e tantissimi altri.

La soddisfazione più bella?

Antenna Nord, poco dopo il nostro arrivo, divenne Italia Uno e fu acquistata da Berlusconi. Ci venne fatto un contratto di esclusiva, come lo avevano solo Sandra e Raimondo, Mike e Corrado. Noi, che eravamo gli ultimi arrivati, eravamo trattati come i grandi della tv italiana: ci impressionava molto l’idea.

Il ricordo più divertente?

Ne cito due. Dopo che agli esordi eravamo stati liberi di scegliere come vestirci, ci imposero delle terribili camicette colorate, ciascuna con scrittto Bim Bum e Bam. Ricordo il nostro imbarazzo di fronte a quelle e il rifiuto iniziale di indossarle!

E poi mi piace pensare all’atmosfera ludica che c’era. Eravamo giovani, quindi Sandro e Paolo, appena c’erano cinque minuti liberi durante le registrazioni che ci occupavano tutta la giornata, uscivano a giocare a pallone. Quando rientravano erano tutti sudati e così la truccatrice li doveva risistemare in fretta e furia. Questa cosa si ripeteva costantemente.

Come andò nel 1983? Come mai non venisti riconfermata?

Semplici decisioni organizzative. Sebastiano Romeo lasciò il programma e Fininvest affidò il suo ruolo ad Alessandra Valeri Manera, che volle mantenere l’imprinting già anticipato da Canale 5, coi pupazzi e le sigle di Cristina D’Avena. Per mantenere una continuità col passato tenne Paolo, indubbiamente il più brillante dei tre. Vennero tolte le rubriche e tutto diventava veloce, concentrato sugli annunci e gli sketch con Uan e Paolo.

A quel punto come cambiò la tua vita?

Mi trovavo stretta nel ruolo di conduttrice. Così andai a lavorare a Rete 4 occupandomi di produzione televisiva; mi trasferii a Milano, dove trovai Carlo Freccero. In quella tv c’erano tanti giovani che poi sarebbero diventati importanti autori e dirigenti, tra cui Giorgio Gori e Gregorio Paolini. Lavorai quindi occupandomi di produzione televisiva.

Anche Rete 4 venne acquistata da Berlusconi: mi dissero che, se avessi voluto rimanere a Milano, avrei potuto occuparmi del settore musicale della tv. Tornare a Roma avrebbe significato trovare meno spazio, lavorando in una tv già consolidata come Canale 5, con tutti i ruoli ben definiti. Dovevo scegliere insomma tra il lavoro e lo stare vicino alla mia famiglia.

Cosa prevalse?

La seconda. In effetti mi accorsi subito che la maggior parte dei ruoli era già coperta. Fui comunque fortunata, perché in quel periodo in Publitalia nascevano le iniziative speciali. Mario Brugola e Paolo Girone facevano nascere una struttura vicina al mondo delle produzioni ma con un’ottica commerciale. Chiesi quindi di passare a Publitalia e così iniziò un’altra bellissima avventura, Diventai responsabile della struttura di Roma ed ebbi la fortuna di lavorare con Corrado, Mondaini-Vianello, Costanzo.Tutti grandi personaggi da cui si poteva solo imparare. Quindi mi spostai nella parte commerciale, vendendo i programmi agli sponsor: lì lavorai anche insieme a Bonolis, che ormai faceva altri programmi e con cui nel frattempo mi sentivo continuamente.

Successivamente ti spostasti a TMC, negli anni di Vittorio Cecchi Gori.

Fu un’esperienza indimenticabile, perché molto ardua! Seguirono collaborazioni con Sipra e RCS, occupandomi di eventi speciali, sponsorizzazioni ecc. Infine arrivai al cinema. Lavorai a lungo per 20th Century Fox, specializzandomi come loro agenzia interna che si occupava sempre di promozioni cerimoniali con i Festival e diversi eventi. Fu pazzesco: ebbi modo di collaborare con Lucas per Star Wars e Avatar. Conobbi personaggi incredibili come Tom Hanks, Meryil Streep. Un modo di lavorare molto stimolante.

Ma in tutti quegli anni mai un rimpianto per non essere a Bim Bum Bam, che nel frattempo vedeva il suo successo sempre più crescente?

Nessun rimpianto. Certo, mi sarebbe piaciuto continuare a stare in video, ma devo ammettere che non mi riconoscevo in quel tipo di programmi: non sarei stata a mio agio. La mia parte manageriale e creativa, inoltre, era più soddisfatta nel pensare a progetti e realizzarli. Cosa che accadeva soprattutto a 20th Century Fox.

Oggi cosa fa Marina Morra?

Collaboro con Medicinema, un’organizzazione no profit, il cui presidente è Fulvia Salvi, prima direttore marketing di Fox Home video. Medicinema propone un modello di cura negli ospedali che usa i film come terapia. Ci sono due sale: una al Niguarda di Milano e una al Gemelli di Roma. Si tratta di sale di ottimo livello tecnico, che ricevono film via satellite.

In cosa consiste esattamente la terapia?

Facciamo vedere due volte a settimana film per i pazienti, lavorando sul cosiddetto effetto pausa, facendo smettere di pensare alla situazione di salute. Film adeguati con un happy end, un’immagine di viaggio, relax. Questo abbassa molto il livello di stress nel paziente. A Milano c’è anche una sezione dedicata apposta ai malati di Alzheimer, che guardano filmati di film del passato: naturalmente si tratta di filmati brevi per permettere alla loro memoria di seguirli. A Roma, invece, stiamo concludendo un progetto per le donne oncologiche ginecologiche. Si tratta di un progetto molto delicato, che richiede anche un percorso con le psicologhe per fare accettare il cambiamento, elaborare le emozioni, esternare, tornare a pianificare. Quel che è più bello di Medicinema è la serenità che riesce a produrre.

Massimiliano Beneggi