A una settimana dal voto che ha sancito la vittoria del centrodestra, in Italia è tempo di riflessioni. Cosa cambierà ora col nuovo governo che Giorgia Meloni sta costruendo, ancor prima delle consultazioni con Mattarella? Un settore che, apparentemente, non dovrebbe trovare molte differenze col passato, è quello dello spettacolo. In fin dei conti, che recitare o cantare non richiedono gestioni politiche diverse. Magari un abbassamento dell’Iva agevolerebbe l’acquisto di dischi, tuttavia la differenza sarebbe in questo senso minima: se un prodotto ci interessa davvero, siamo disposti a pagarlo anche tre euro in più. Snellire la burocrazia non sarebbe certo una cattiva idea, anche in chiave spettacolo dove si potrebbero realizzare contratti con più rapidità. Onestamente, per il resto, diventa complicato capire per quale ragione tanti artisti stanno attaccando spietatamente i trionfatori delle elezioni come se fossimo prossimi a un cambiamento epocale. Qualora mutasse qualcosa, si potrebbe solo migliorare, per i motivi spiegati sopra.
Ma allora perché buona parte dello spettacolo non si dà pace per la vittoria di Fratelli d’Italia? È davvero utile a un personaggio popolare attaccare con tanta veemenza e disprezzo gli elettori del centrodestra che, a quanto pare da un voto democratico, sono oggi la maggioranza? Evidentemente (era accaduto già con Trump in America) al popolo non interessano le campagne politiche fatte da chi viene seguito per la sua musica o il suo modo di stare sul palcoscenico. Insomma, parlare male del risultato elettorale vuol dire anche offendere i propri fan. Perché le diamo una notizia signorina Michielin: c’è gente che canta ancora a squarciagola Nessun grado di separazione, ma perché piace la sua musica, non tanto perché lei la canti alle feste per Beppe Sala o faccia ironie su una Resistenza che le hanno raccontato i suoi nonni.

Ben venga in questo senso l’atteggiamento di chi, come Chiara Ferragni e Fedez, ha optato per un rispettoso silenzio. Non ci aspettiamo certo che siano passati dall’altra sponda politica in due giorni, ma evidentemente hanno compreso che prendersela con la Meloni non ripagherebbe in questo momento. Anche perché, come dicevamo, il loro lavoro non cambierà in peggio, anzi il contrario. Diverso è il discorso che riguarda i grandi direttori Rai, probabilmente i primi a dover fare le valigie come per ogni cambio di legislatura che si rispetti. Tutti gli altri artisti, però, non avranno ruoli in meno con il cambio di governo. Se ci sarà qualcuno che ne trarrà vantaggio, piuttosto, saranno proprio certi musicisti. Avete fatto caso come anche a Sanremo, dopo le vittorie di Vecchioni con Chiamami ancora amore e Emma Marrone con Non è l’inferno non vi sia più stata una canzone di protesta politica? Tanti temi sociali affrontati, a sostegno di battaglie importanti (diventate fulcro di una sinistra sempre più democristiana), ma nessun desiderio di rivalsa contro il potere. Gli argomenti iniziavano a scarseggiare per un cantautorato italiano che, storicamente, ha spesso fondato il suo successo nel ruolo di antagonismo ai Palazzi. Ora, che sono tornati all’opposizione, potranno sfogarsi come meglio desidereranno: magari cambiasse davvero la musica! Invece c’è il rischio che seguiti il peggio: avremo una trap sempre più aggressiva nel confronti di chi governa, quindi un attacco pedissequo a ogni azione della Meloni. Chissà, probabilmente anche Roberto Benigni tornerà a lavorare ora che Berlusconi rientrerà in Senato.
Dunque, se al governo c’è la destra, c’è più lavoro anche per gli artisti. Gente che in molti casi, pur non arrivando alle cifre parlamentari, può ritenersi comunque privilegiata per guadagni superiori agli stipendi medi. Perché allontanarsi dall’arte per fare politica preventiva? Perché prendersela tanto allora con inutili sarcasmi circa un presunto ritorno del fascismo? Se poi questo non dovesse avvenire (e non accadrà), chi ha parlato ora rischia davvero di non lavorare più. La colpa, però, non sarà del governo, ma degli stessi artisti che in questi giorni hanno deciso di fare i politici. Visti i risultati degli ultimi quattro anni, con il Movimento di Beppe Grillo e il portavoce Casalino al comando, verrebbe da pensare che sia meglio per tutti loro risparmiarsi la fatica di urlare: almeno aspettino che il fascismo inizi veramente, sennò rischiano solo di perdere followers. E nel 2022 non è un dato di poco conto:m.
Massimiliano Beneggi