È ufficialmente terminato Emigratis, il programma di Canale 5 con Pio e Amedeo tornato dopo varie stagioni sotto le grandi aspettative della rete. Tanto che la presentazione dell’intera stagione Mediaset era stata affidata proprio al duo comico. Sul motivo per cui la trasmissione sia durata solo quattro puntate, si sono fatte invettive di ogni genere, passando per gli ascolti effettivamente mai esaltanti che hanno costretto la trasmissione a perdere costantemente contro Il commissario Montalbano. La realtà è che Emigratis non aveva previsto più puntate. Al massimo può essere mancato un episodio che riassumesse il meglio dell’edizione, ma la fine del programma il 19 ottobre era nei piani dell’azienda. Amedeo (quello con i baffi) sui social ha rivendicato il successo del programma, puntando il dito contro chi aveva parlato di flop, in quanto l’Auditel prenderebbe in considerazione solo lo 0,09% della popolazione italiana. Dunque, matematica alla mano, non accetta la campagna denigratoria contro Emigratis. In effetti c’è stata una diffusione sbagliata di informazioni, ma non di giudizi. Il programma non chiude in anticipo, ma ha comunque fatto flop. Chi ha parlato di questo non si è riferito esclusivamente ai numeri, cosa che peraltro non sarebbe stata comunque un errore visto che la matematica dell’Auditel è sempre stata la stessa, anche quando Pio e Amedeo si autoincensavano per i boom di ascolti di Felicissima sera.

La verità è che Emigratis ha fatto flop perché ha già stancato, come era prevedibile. Un programma basato sulla capacità di due quarantenni di scroccare, comportandosi come se avessero la metà dei loro anni. Viaggi e cene in posti di grande lusso, dove i due foggiani esaltano la cafonaggine più assoluta a suon di parolacce, rutti, insulti, sprechi e una volgare considerazione dei soldi. La vera domanda non è perché sia finito Emigratis, ma quale sia il motivo che ha spinto Mediaset a mandare in onda una boiata simile, sulla sua rete ammiraglia. Meglio non chiederselo, rischieremmo di trovare la stessa risposta che Amedeo impedisce di pronunciare: il successo di ascolti, arrivato precedentemente su Italia Uno.

Purtroppo è mancato persino il coraggio di raccontare il programma come un’occasione per fare beneficienza. I soldi scroccati ai vip sono infatti devoluti ad Amref, per la costruzione di un pozzo di acqua potabile in Kenya. A costo di difendere la filosofia di un programma che fa sfoggio dell’ignoranza, però, questo obiettivo di solidarietà non è mai stato messo al centro della scena. Persino gli spot pubblicizzavano la trasmissione esaltandone l’anima diseducativa. Un tempo si facevano maratone a supporto della ricerca medica come 30 ore per la vita, dove ogni due per tre veniva ribadita la cifra raggiunta fino a quel momento grazie alle donazioni dei telespettatori: lo show era un contorno importante, di cui tutto sommato nessuno parlava. Oggi la beneficienza non è più interessante per la tv: meglio sottolineare la straordinaria capacità di insultare in dialetto passanti stranieri inconsapevoli di quel che viene detto. Il piccolo schermo ha davvero fatto un percorso di regressione.

L’errore sta tutto nella considerazione che il programma fa della popolazione media: il pubblico a casa vuole rispecchiarsi nei contenuti e nei modi che vengono proposti. Se si trattano male (simpaticamente si dirà, ma comunque con cafonaggine) anche gli ospiti (tutti importanti, provenienti da sport, imprenditoria, spettacolo, moda), significa che non si ha alcun rispetto nei confronti del pubblico. Per fare un esempio, quando Pippo Baudo presentava con enfasi i giovani comici, fino a quel momento sconosciuti, di Fantastico, sapeva bene di esaltare delle promesse dello spettacolo, nulla di più. Ma ci credeva al punto da convincere il pubblico a casa che, di riflesso, si sentiva importante e coccolato da un conduttore sempre elegante per cui tutto meritava un “Evviva!” di complimento. Con Pio e Amedeo c’è una scarsa considerazione della società: tutto è ignobile, maleducato, disordinato, scroccone, volgare. Diciamocelo francamente: fare televisione così è facile. Dove sarebbe il talento di due finti comici che non usano mezza battuta che sia una se non la parolaccia gratuita? Facevano ridere i primi tempi, sì, perché la parola volgare è una distrazione che fa ridere. Ma la tv non è social: è intrattenimento, non distrazione. In tv servono autori che sappiano scrivere programmi che durino ore. Pio e Amedeo nel loro Emigratis dimostrano di non saper distinguere il pubblico dei social da quello televisivo. Errore abbastanza considerevole per chi è pagato per lavorare in tv. Sarebbe come se la radio pretendesse che il suo pubblico sia lo stesso del piccolo schermo, puntando sui gesti più che sulla parola. Ecco, Pio e Amedeo sbagliano linguaggio comunicativo. Se vogliono continuare a fare televisione con la loro ignoranza becera e reale (perché non fingono e se ne fanno pure vanto), forse è giusto che qualcuno dica loro che hanno sbagliato mestiere. Non è un errore allora fare riferimento all’Auditel, unico strumento che rilevi il giudizio del pubblico a casa. Pio e Amedeo si mettano l’anima in pace: l’Italia non è solo quella becera che si bea davanti ai social e ai post si influencer strapagati con il dono del non saper far nulla. L’Italia è quella che preferisce ancora l’educazione di Montalbano, per fortuna.

Massimiliano Beneggi