Dal 2 al 4 dicembre, al Teatro Carcano di Milano, va in scena El nost Milan.
Ispirato all’omonima opera di Carlo Bertolazzi divisa in due atti (La povera gent e I sciori), che debuttò proprio al Teatro Carcano nel 1893, EL NOST MILAN è un progetto triennale di arte partecipata che nasce da un’idea di Serena Sinigaglia e coinvolge trasversalmente i partecipanti ai laboratori per la cittadinanza tenuti dalle compagnie ATIR,
Proxima Res, PEM ed Eco di fondo in diversi municipi della città e confluirà in 3 distinti eventi di impatto cittadino, diretti dalla stessa Sinigaglia, che andranno in scena al Carcano nel 2022, 2023 e 2025.

Saranno i cittadini stessi a raccontare Milano, quella di fine ‘800 in cui debuttò l’opera, e quella dei giorni nostri, alla riscoperta dei luoghi di povertà e di ricchezza e delle origini linguistiche della città.
La cornice narrativa del primo anno di progetto è la povera gent, cui è dedicato il primo atto della commedia di Bertolazzi: il tema è l’esplorazione dei luoghi della povertà della Milano di oggi e di chi li abita, con l’ausilio di un gruppo di educatori della cooperativa sociale Comunità Progetto e l’elaborazione drammaturgica a cura dei formatori e dei drammaturghi dei diversi gruppi laboratoriali.

Ieri mattina si è tenuta la conferenza stampa.
Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura di Milano, si è espresso così: “Ringrazio chi ha reso possibile tutto questo. È un progetto di grande valore per la città, per impegno e competenza che gli autori e gli interpreti hanno messo. Si sente spesso parlare di coinvolgimento delle comunità. Bisogna allargare il teatro e la cultura a tutti, non riducendola solo al centro storico di una metropoli come la nostra. El nost Milan torna negli anni ’20 del 2000 con straordinaria attualità, legandosi a una radice ferma della nostra città”.
Hanno quindi preso la parola la regista, Sinigaglia, quindi Lella Costa, Tindaro Granata, che cura il coordinamento drammaturgico dell’opera e Nadia Fulco, responsabile del coordinamento sociale.
Serena Sinigaglia: “Abbiamo cercato di mantenere unita la comunità che ci seguiva, ampliandola con racconti che la potessero legare. La parola condivisa fa comunità: questa è, per me, la cultura. Il Carcano è un luogo storico di Milano: qui debuttò il capolavoro del Bertolazzi, questo è quindi un modo per recuperare l’identità tanto del testo quanto del luogo. Proponiamo un progetto triennale: quest’anno la prima parte del testo del Betolazzi. Obiettivo è fare, nel terzo anno, uno spettacolo che recuperi El nost Milan nella lingua originale del Bertolazzi a tutto tondo. L’italiano è una lingua inventata, quella proposta dal Bertolazzi è nata così. E’ quella della gente, che nasce in certi quartieri”.
Lella Costa: “Questo progetto dà lustro e identità al nostro teatro che mi sta coinvolgendo ogni giorno di più, perché è bellissimo sentire di avere una casa come il Carcano. Abbiamo una delle stagioni più belle di Milano e anche qui si tratta di un progetto epico ed etico, in senso alto. Si possono far coincidere forma e sostanza e questo emerge bene da El nost Milan. Questa città mi ha dato tanto e sono orgogliosa di poter restituire questo affetto”.
Tindaro Granata: “Serena insegna cosa significhi fare teatro in un certo modo. Il percorso è stato molto particolare, forte per tutti noi. Si tratta di una condivisione che stiamo facendo tra tutti noi, attraverso l’esperienza di 150 milanesi. Abbiamo sezionato la nostra città per studiarla . I gruppi hanno scritto drammaturgicamente a modo proprio una giornata media di una persona che frequenta questi luoghi. È ovviamente tutto molto simbolico: ci siamo messi sul palcoscenico del Carcano non per mostrare, ma per condividere queste esperienze. Dobbiamo essere testimoni di una voce. La nuova povertà di Milano è costituita da persone che prima della pandemia potevano essere i nostri vicini di casa, che oggi non possono pagare le bollette. Abbiamo scoperto cose importanti: andare a forzarci per creare la comunità non è così semplice. Tutti sappiamo che ci sono le mense per i poveri, ma andare a toccare questo con mano è un grande privilegio che ci ha dato questa esperienza”.
Nadia Fulco: “Un lavoro che ha bisogno di un coordinamento fortissimo, costante e vigile. C’è stato un grande sostegno da parte del Comune e delle varie Fondazioni che hanno permesso di finanziare il progetto. Se in Odissea-storia di un ritorno, avevamo coinvolto l’Accademia di Brera per seguire ogni fase di realizzazione, quest’anno ne abbiamo coinvolte tre: Accademia Santa Giulia di Brescia, Accademia Nava e Accademia di Brera. Ci sono 150 cittadini in scena: non attori professionisti, ma anche persone con disabilità, oltre a bambini, anziani, persone fragili. Molte attività del terzo settore si sono rivelate determinanti per questo progetto”.
E mentre si inizia a lavorare alla seconda parte del progetto, dedicata agli ambienti della ricchezza reale (come dice la Sinigaglia) o presunta tale (come tiene a precisare Lella Costa), dal 2 al 4 dicembre vedremo quindi la parte di Milano meno abbiente. Tra questi, anche le nuove realtà come quelle dei riders, che non costituiscono un luogo, ma pur sempre una comunità.
Massimiliano Beneggi