È in scena fino al 2 aprile, al Teatro Manzoni di Milano, La dolce ala della giovinezza (produzione Fondazione Teatro della Toscana e Best Live) di Tennessee Williams. Ecco la nostra recensione.

IL CAST
Elena Sofia Ricci, Gabriele Anagni, Chiara Degani, Flavio Francucci, Giorgio Sales, Alberto Penna, Valentina Martone, Eros Pascale, Marco Fanizzi. Regia di Pier Luigi Pizzi.
LA TRAMA
Chance e Alexandra si trovano in una stanza d’albergo di St.Cloud, dopo una notte di passione. È evidente, però, che entrambi hanno i loro segreti da nascondere: non a caso, si sono fatti registrare in portineria sotto falso nome. Nello specifico, Chance non è ben accettato in città per qualche motivo personale; Alexandra non vuole che si venga a sapere cosa succede nella sua più stretta intimità. Chance è un giovane attore che, sentitosi rifiutato dai grandi palcoscenici, ha scelto di sfruttare la sua bellezza per diventare uno sfrontato e arrivista gigolò, senza alcuno scrupolo per i ricatti. Alexandra è una attrice di cinema che, vedendo scemare la popolarità che l’aveva resa una diva, è caduta in una vita ormai sregolata. Nel suo tempo insieme a Chance si sente più giovane e trova la sua distrazione dal mondo reale: per questo fugge con lui a St.Cloud, dove può dimenticare le pessime reazioni del pubblico al suo ultimo film. Chance, dal canto suo, ha deciso di arrivare in quella città perché ha un conto in sospeso. Lì, infatti, vive la sua ex fidanzata, che vuole riconquistare. Il padre della ragazza, però, è un potente che si vuole vendicare del male che le ha creato. Il destino di Chance, insomma, sembra segnato nonostante le speranze che lo hanno riportato in quel posto. Le cose potrebbero cambiare proprio quando, improvvisamente, la vita artistica di Alexandra sta tornando sui giusti binari. Chance ha l’occasione di fuggire, ma i ruoli ora sono ribaltati: è la donna ad essere in una posizione di forza, mentre lui, con una giovinezza ormai sfiorita, dovrebbe accontentarsi di rimanere una frequentazione segreta. Accetterà la condizione?
LA MORALE
La vita è una scala di emozioni che, così come ci esalta, da un momento all’altro può umiliarci e farci sentire fragili e indifesi. persino rispetto al nostro stesso orgoglio. E chi ha detto che basti la giovinezza, con la sua prestanza fisica, a darci la forza necessaria in ogni situazione difficile? Il vero valore non è nell’età o nella condizione economica, ma nel modo con cui si vive il proprio cammino. Se la lealtà e la buona volontà vengono sempre ripagate, è altresì vero che possono anche esistere dei segreti. Purché si sia sinceri almeno con se stessi, senza nascondigli o fughe che non servono a sentirsi bene, ma solo a credersi migliori rispetto alla realtà. La giovinezza che permette di volare e sognare è tutta nella nostra testa e si traduce nello spirito che mettiamo in campo. Le occasioni per risalire ci sono sempre, ma purtroppo è altrettanto facile crollare nell’oblio della solitudine.

IL COMMENTO
Un testo di due ore in atto unico, diviso in quattro parti, dove il ritmo parte lento per consentire a ogni frase di trovare la riflessione che merita. In effetti il rapporto tra Alexandra e Chance si traduce in un continuo confronto tra giovinezza ed esperienza. È l’incontro tra l’animo di un ragazzo invidioso, pronto a tutto per i suoi scopi e l’animo gentile e generoso di una donna che, sapendo cosa sia l’amore, può davvero essere inconsapevolmente più forte. Nelle prime due parti vive un dialogo, in cui ci si sofferma così sulla moralità di un atteggiamento talvolta vincente e talvolta sconfitto, che ha dei meravigliosi risvolti filosofici. Più veloce il finale, dove si scoprono dettagli fino ad allora rimasti nascosti. Una storia che mette in gioco egoismi, coraggio e amor proprio: sentimenti che si inseguono senza fine in un’esistenza dove si è costretti a scegliere se essere il superficiale seduttore kierkegaardiano o la heideggeriana persona talmente autentica e profonda da rischiare di cadere nell’abisso più basso della depressione. Un testo impegnativo, che meritava di tornare sul palcoscenico, specie ora che sappiamo accorgerci diversamente del soggiogamento femminile rispetto alla prepotenza maschile.
IL TOP
Elena Sofia Ricci è estremamente meravigliosa in un ruolo tanto intenso quanto a tratti persino ironico. Il che, in un testo drammatico, non è qualità da poco. Con la consueta delicatezza, che rende ragione del suo orgoglio di femminilità, prende per mano il pubblico. Lo accompagna nella psicologia di Alexandra, donna confusa un po’ dai suoi stessi eccessi e un po’ dal profumo altalenante della popolarità. La forza della Ricci è che in tanti anni l’abbiamo vista in mille ruoli, tutti diversi l’uno dall’altro, ma sempre perfetta. Sarà anche per la sua capacità di abbandonare le fiction prima che si crei un’identità tra lei e i personaggi, l’unico vero fil rouge delle sue interpretazioni è l’intensa umanità che sa regalare. Anche per questo, la Chillemi seduta nel pubblico ad applaudire non è certo nei panni dell’Azzurra Leonardi di Che Dio ci aiuti: è piuttosto una testimonianza di sincera amicizia che è bello rimarcare quando, ogni tanto, capitano anche nel mondo dello spettacolo. In particolare con una come Elena Sofia, di cui si evince la qualità di creare sempre un gruppo capace di valorizzare tutti. Alla fine, con l’eleganza che la contraddistingue, ringrazia il pubblico del Manzoni (dove debutta) con un inchino emozionato e commovente.

LA SORPRESA
Gabriele Anagni racconta la disperazione interiore del suo Chance, entrando con grande trasporto nel suo personaggio. Chiara Degani regala ritmo e dinamismo nella terza parte dello spettacolo, quando interpreta una fan ossessivamente appassionata di Alexandra. Con loro un cast di altri giovani interpreti non protagonisti, assolutamente promettenti, che oltre a dare energia alla scena permettono di avere fiducia nel futuro del teatro. La scenografia curata (come la regia e i costumi) da Pier Luigi Pizzi sorprende per l’attenzione a ogni dettaglio, in grado di trasformare lo stesso luogo ora in una stanza d’albergo ora in un pub. Quando accade, inoltre, che la colonna sonora rimane piacevolmente nella testa una volta usciti dal teatro, vuol dire che ogni particolare ha ha saputo essere un trasporto emotivo nel racconto della storia.