Dal 12 al 16 aprile, al Teatro Manzoni di Roma, torna in scena La finta ammalata di Carlo Goldoni, con l’adattamento e la regia di Giorgio Caprile, interpretato da Miriam Mesturino, Franco Oppini e Roberto D’Alessandro. E poi ancora in scena lo stesso Giorgio Caprile, Luca Negroni, Giorgia Guerra, Riccardo Feola e con Ada Alberti nel ruolo di Agatina. Nelle repliche del 15 e del 16 aprile a vestire i panni di Pantalone sarà Francesco Pompilio, grande interprete della Commedia dell’Arte. Le musiche originali sono di Paolo Vivaldi. I movimenti di maschera di Luca Negroni. Le scene sono di Cinzia Belcamino, i costumi di Luisa Ludovico.

La storia non è tra le più rappresentate di Goldoni, ma è comunque un caposaldo della Commedia dell’Arte, che riprende le tematiche già proposte da Moliére. Questa volta si tratta comunque di una messa in scena innovativa: non viene infatti presentata nella versione operistica a cui siamo stati abituati in passato. Ce ne parla la protagonista Miriam Mesturino.
Miriam, questa volta La finta ammalata viene fatta in una versione di prosa. Il testo però è quello originale.
Più che originale, nel senso che era stato pensato proprio per la prosa e il regista Giorgio Caprile ha voluto fortemente riportarlo all’idea goldoniana. Si tratta di una delle commedie meno conosciute, che seguiamo nella sua versione originale, pur con alcune piccole modifiche. Per esempio, in scena siamo in otto mentre Goldoni ne aveva previsti addirittura dieci. Considerando che nel teatro di oggi siamo abituati a tre, quattro protagonisti, qui siamo comunque tanti.
Il linguaggio sarà quello veneto?
Alcune battute sono state cambiate per facilitare la comprensione. Tutti i personaggi, infatti, parlano in italiano, come aveva voluto lo stesso Goldoni. Pantalone, però, nel testo parlava in un veneziano del 1700. Lo abbiamo quindi facilitato sebbene il suo interprete sia Franco Oppini, quindi comunque un attore veneto.
Una sfida farsi comprendere dal pubblico romano.
No, o perlomeno una sfida che riesce: gli spettatori seguono tutto con grande attenzione. Questa, come dicevo, è una delle commedie scritte maggiormente in italiano da Goldoni: quelle scritte tutte in veneziano certamente sono più difficili da seguire.
Cosa appassiona di questa storia prima di tutto?
Si ride e si riflette allo stesso tempo. E’ molto divertente e rapportabile all’attualità nella satira che fa nei confronti di medici, medicine e industrie farmaceutiche. Il personaggio in questione è lo speziale, ossia l’antico farmacista. Oggi noi pensiamo alle industrie farmaceutiche. La gente ride tantissimo, seppure arrivi il messaggio di questa gente che prova a vendere qualunque medicina, anche se in realtà non ve ne è bisogno.
Tu sei Rosaura, la figlia di Pantalone, che si finge cronicamente ammalata pur di farsi curare dal medico di cui è innamorata e che porta un nome che è tutto un programma.
Sì, il Medico degli Onesti. La finta ammalata non ha bisogno di medicine: è una astuzia che si inventa per cercare di avere vicino l’uomo che vorrebbe sposare, ma che non piace al padre. In alcuni momenti sta male davvero tanta è la mancanza che ha di quell’uomo. Il dottor Onesti, che rappresenta i medici che fanno seriamente il loro lavoro, le fa bere dell’acqua fresca come puro palliativo. Naturalmente, nessun nome è casuale. I dottori Buonatesta e Malfatti, con lo speziale, cercano di diagnosticare malattie e prescrivere ogni medicina per il loro bieco interesse.
In tutto questo emerge che la cura più autentica è l’amore. Allora se c’è qualcosa da curare, c’è anche una malattia vera…
In effetti Rosaura è furba, perché per ottenere quel che vuole dal padre si inventa anche capogiri, ma ha davvero un reale malessere, legato al suo innamoramento. Ha bisogno di avere al fianco la persona amata.
E chissà quante altre volte, invece, definiamo la nostra società malata mentre invece è solo una scusa per giustificarla…
Certo! Il bello di un testo così datato è che consente di essere letto secondo diverse possibilità: ogni cosa può diventare una metafora. E tutto si può ovviamente rapportare a varie situazioni della nostra vita, dove il malessere psicologico talvolta è talmente forte da condizionarci quanto (se non più) di un malessere fisico.
Massimiliano Beneggi