Dal 12 al 23 aprile, al Teatro Franco Parenti di Milano, va in scena L’uomo che oscurò il Re Sole -Vita di Moliére, scritto e diretto da Francesco Niccolini, interpretato da Alessio Boni e Alessandro Quarta, per una produzione Infinito con lo stesso Teatro Parenti.
Una dichiarazione d’amore al teatro e a chi al teatro dedica la vita salendo sul
palcoscenico ogni sera, costi quello che costi. Una dichiarazione d’amore, dignità e
orgoglio professionale quanto mai importante oggi, anno secondo dell’era della
pandemia universale, che obbliga i teatranti a pagare il prezzo più duro e, molto
probabilmente, sproporzionato e punitivo.
Che la condizione dell’attore sia difficile, e che sconti una colpa equivalente al peccato
originale, non è una novità: attori musicisti e drammaturghi, ogni qualvolta hanno fatto
professione di indipendenza e libertà, sono sempre stati i primi a esporsi al rischio della
furia del potere e i primi a pagare.
È stato così nell’antichità, e ancora di più nel medio evo, quando dopo l’anno Mille il
teatro è risorto, ma pagando un prezzo durissimo, ancora più feroce da fine
Cinquecento, quando la Controriforma si è scagliata contro il palcoscenico, diventato
luogo per eccellenza del demonio, e dunque contro attori, musicisti, scrittori e
compositori: istrioni, ruffiani, prostitute, stregoni, ambasciatori di Satana.

E non c’è esempio più potente, comico e tragico della storia del più grande attore e
autore del Seicento francese: il figlio di un tappezziere parigino, nato con il nome di
Jean-Baptiste Poquelin, ma diventato immortale con il suo nome d’arte, Molière.
La sua vita è una incredibile summa di avventure e soprattutto rocambolesche
disavventure, fiaschi clamorosi e ancora più clamorosi successi, grandi amori, gelosie,
atroci sospetti di incesti, spettacoli sublimi dalla risata amara, coraggiosi e taglienti.
Tragediografo fallimentare, Molière aveva trovato nella farsa e nella commedia il terreno
perfetto che gli permise di fare grandi affreschi del suo tempo, della società parigina e di
corte, affreschi infarciti di critiche feroci a molte delle più potenti lobby del tempo: ridicole
e potentissime signore da salotto, mercanti vecchi e avidi, filosofi, nobili cortigiani falsi
corrotti e ipocriti, preti farisei, e soprattutto dottori arroganti e incapaci.
Molière incarna il nuovo mondo, è un perfetto esempio di figlio di nessuno, uno di quei
giovani che non ha un titolo aristocratico, ma che si forma studiando, con applicazione e
una gran voglia di sporcarsi le mani. Condivide lo stesso destino famigliare di William
Shakespeare, Galileo Galilei, Miguel de Cervantes, tutti umili figli di uomini e donne del
popolo, bottegai, musicisti, spesso totalmente squattrinati: è una rivoluzione grande
come quella copernicana, che improvvisamente permette a chiunque – non solo a nobili
e religiosi – di diventare “qualcuno”.
Ma il nostro Jean Baptiste Poquelin è molto più di qualcuno. Diventa amico intimo del re, e non un re qualunque: Luigi XIV, meglio noto come il Re Sole, uno dei sovrani più
famosi di tutta la storia, eppure – come fama e immortalità – infinitamente più piccolo di
questo figlio di un tappezziere, capace, con la sua arte scenica e la sua coraggiosa,
costante denuncia, di oscurare anche il Sole…
Un racconto teatrale per voce e musica, una doppia narrazione intrecciata per
raccontare vita, disavventure e morte di Molière insieme ai suoi dèmoni e al suo teatro,
tutto d’un fiato. Come una strepitosa lunghissima e tragicomica storia d’amore, ardore
e passione.
Comunicato stampa ufficiale