La cupa, il capolavoro di Borrelli allo Studio Melato

La cupa, ossia l’ombroso sentiero tra le cave, ma anche il buio, perché affondata nelle tenebre, è la violenta faida che contrappone le due famiglie di scavatori di tufo protagoniste del «capolavoro assoluto» di Mimmo Borrelli: una storia in versi di tradimenti, antica e attualissima, al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano dal 10 al 14 maggio.

Secondo un’antica leggenda, durante la notte di Sant’Antonio, agli animali è concesso di poter parlare agli uomini. Ma con un prezzo da pagare: chi li ascolta, sarà maledetto da sventura e dannazione.

È così che Innocente Crescento è costretto a rievocare la terribile storia della sua famiglia, dando inizio a La cupa: una scrittura visionaria, declinata in quindicimila versi di una lingua napoletana potente e incantatrice; un poema allegorico in cui risuonano echi di Basile e Shakespeare, baluginano riferimenti al Teatro Nō e alla tragedia greca; una storia antica, ma in realtà attualissima, di faide, tradimenti, amputazioni, soprusi, violenze.

«La trama – spiega Mimmo Borrelli, qui nella triplice veste di autore, regista e interprete – è un fittizio e afflitto mondo altrove, in cui si scontrano i pianeti porosi di una saga dalle colpe sepolte tra anfratti, strati geologici, fatti aneddoti e incavi, il cui confine della memoria è smunto e levigato da anni, venti malsani ed epoche di misfatti e di peccati originali. Una vera e propria saga, incastonata preta pe’ preta nel cuore, un tempo buono e generoso, del suo protagonista in negativo Giosafatte ’Nzamamorte: un uomo buono, retto, sorretto dalla coscienza di un passato inquieto, indecifrato, burrascoso, folle».

Comunicato stampa ufficiale