Per parlare di Toto Cutugno in questa giornata di festa dei suoi 80 anni, ci voleva anche la voce autorevole di un giornalista che più di chiunque altro conosce la musica e, ovviamente, la storia e i meccanismi del Festival di Sanremo. Dario Salvatori, ideatore dell’enciclopedia musicale che porta il suo nome, non le manda a dire mai a nessuno. Eppure nei confronti di Toto, spesso oggetto di critiche da parte dei giornalisti, ha sempre parole molto positive. Clicca qui per ascoltare l’intervista completa.

Ci sono certamente stati momenti al Dopo Festival in cui si creava una mattanza. Lui, purtroppo, certe diatribe se li è cercati perché arrivava a Sanremo dicendo cose del tipo: “Questo è il Festival dei cantanti, non dei giornalisti”. Noi, però, ci muoviamo per i cantanti. Credo comunque che sia un compositore importante, i suoi brani hanno girato anche l’Europa nelle mani di interpreti validi. Penso soprattutto alla Francia, dove ha spopolato, perché i mercati che più contano sono Inghilterra e Stati Uniti e, a seguire Francia e Germania. Se si arriva nelle classifiche spagnole o greche o albanesi mi pare conti poco. Toto è un grande melodista all’italiana, con una grandissima musicalità che gli ha consentito di suonare diversi strumenti soprattutto quando era con gli Albatros. Mi piace sottolinearne anche la persona umana che ho conosciuto: qualche anno fa raccomandava nei camerini, agli uomini della sua età, di fare sempre le analisi. Lo trovai molto umano.

Tu nella tua enciclopedia, raccontando da un punto di vista tecnico le sue canzoni, sottolinei come i titoli (Le mamme, Emozioni, Figli, Gli amori) rappresentino anche l’inizio di ogni strofa, diventando in qualche modo essi stessi dei tormentoni.

Le polemiche se le è cercate anche per questo: i giornalisti che vogliono sbertucciarlo partono da lì. Oltre al fatto che abbia un timbro di voce molto simile a quello di Celentano, che infatti venera come un grande Maestro: questo non ha comunque pregiudicato la sua carriera. In Francia è accaduta la stessa cosa per Mirelle Mathieu, con una voce molto simile a Edith Piaf. E poi va detto che Toto ha un carattere duro, scontroso, anche se negli ultimi anni si è ammorbidito.

Non pensi che abbia pagato troppo caro questo rapporto difficile con la stampa? La sua vittoria all’Eurovision non ebbe la stessa risonanza che abbiamo dato ai Maneskin. E i suoi testi “al miele” oggi li rimpiangiamo con la mancanza di poesia che abbiamo nelle canzoni.

E’ sempre stato preso di mira per le ragioni che dicevamo e per il fatto di essere arrivato sei volte secondo, un record. Non si può mettere sul piano dei Maneskin: lui si esprimeva in un Eurovision morente, che aveva solo kitch. Oggi le cose sono cambiate: Sanremo è uno spettacolo televisivo e l’Eurovision lo è ancora di più. Toto era comunque a pieno titolo a quella gara. A proposito dei secondi posti, era anche un po’ sfortunato perché c’era sempre qualcuno che arrivava a bruciare la volata. Ma lui era anche spiritoso, come quando disse: “Ma proprio quest’anno doveva tornare Massimo Ranieri?”.

La canzone più bella?

L’italiano è la sua canzone più famosa in tutta Europa e lì c’è tutto ciò che lui ha sempre professato: fare musica in un certo modo, secondo la sua identità. Lo sentii suonare il sassofono, faceva il repertorio di Stevie Wonder. Poteva fare di più, ma lui ha sempre voluto stare fedele al suo stile di una melodia all’italiana. Ha lavorato anche con autori importanti come Minellono che in questo senso lo hanno molto aiutato. Toto è una figura italiana che va festeggiata: gli faccio veramente tanti auguri!

Massimiliano Beneggi