Passeranno ancora tanti anni, forse decenni, prima che si trovi un altro gruppo in grado di toccare ripetutamente le corde emotive come fanno i Modà. Tra le novità musicali di questa settimana, Il foglietto col tuo nome è senz’altro la più coinvolgente, emozionante e struggente poesia, che si inserisce a meraviglia nelle sensazioni trasmesse ogni volta da Kekko e compagni. Sembra sempre di aver sentito la canzone migliore della loro carriera. Tutto sommato dopo poche note si intuisce già quale atmosfera si andrà a percorrere, ma è talmente magica che ci si lascia trasportare e ci si fa inebriare da una melodia capace di diventare sorprendente. Il foglietto col tuo nome non tradisce le attese: i Modà hanno realizzato una vera chicca. La base è una quasi una dolce ninna nanna; Kekko non esagera con i vocalizzi (anche se è uno dei pochissimi in Italia che potrebbe davvero permettersi di farlo) e mantiene la tonalità sempre abbastanza bassa. Così Kekko coccola l’ascoltatore lasciandolo empatizzare con la storia cantata. Forse l’unica pecca è proprio l’assenza di un ritornello esplosivo a cui ci hanno abituati spesso i Modà. Chi (troppi) li aveva sottovalutati a Sanremo, farà comunque fatica a evitare di applaudirli questa volta: ci sono l’intimità di un amore e la confessione di un uomo che si svela a cuore aperto, unite da un’orchestrazione che sembra avere il significato di un abbraccio. I Modà sono tornati e lo hanno fatto per imporsi nuovamente nelle hit parade. Potrebbe essere la volta buona: l’autunno già in passato ha saputo premiare brani più melodici e meno dance. Attenzione dunque alle classifiche Fimi dalla prossima settimana.

Kekko racconta così la canzone alla stampa:

Ho scritto questo brano qualche anno fa, all’inizio della depressione. La vita mi portava ad evitare una serie di cose che avrei voluto fare, avevo paura e inventavo scuse. Così, tutto quello che realmente volevo fare diventava rimpianto, e di rimpianti ci ho riempito la “soffitta” di cui parlo nel testo. Ho deciso di tirare fuori ora questo brano perché adesso, invece, sono in una fase della mia vita in cui voglio andare a recuperare tutti questi rimpianti, cercandoli nel buio di quella soffitta, per riportarli alla vita.

Ho cercato di universalizzare la canzone parlando di una donna perché c’è sempre una persona che ti resta dentro, può essere una donna, un uomo, un amico, e quando ripensiamo ai momenti vissuti ci accorgiamo di provare qualche rimpianto per cose non fatte o parole non dette.

E così, tra tutti i foglietti con scritti i rimpianti da recuperare, c’è “quello col tuo nome, quello che tengo sempre un po’ in disparte per ritrovarti sempre e non mischiarti agli altri”.

Altra bella novità è Canzoncina, di Margherita Vicario.

Lei a Sanremo ci è stata finora solo come ospite di una serata cover insieme a Max Gazzè, ma ora meriterebbe uno spazio tutto suo con la sua voce sporca e più che mai carica di vivacità e sensualità. Canzoncina, al netto del titolo e del ritmo spensierati, è tutt’altro che un pezzo banale. Si interroga sul futuro del mondo, partendo dai cambiamenti geologici a cui andremo incontro se non si cambieranno le cose. Pone la questione in chiave ironica, ribaltando quindi ogni buonsenso che vorrebbe evitare certe trasformazioni. Tra un ritmo fortemente pop e sfumature elettroniche, Margherita Vicario non si sottrae alla tentazione di interpretare un po’ di sonorità anni ’80 che ormai da qualche tempo sta attanagliando tutti quasi con una certa ossessività. Quando il risultato è questo, però, non c’è niente da criticare. Si balla, si ascolta una bella voce, si canta e si riflette persino. Meglio di questo si potrebbe volere solo che il brano diventi simbolo di qualche campagna pubblicitaria fino a diventare un tormentone. Non è difficile immaginare che succederà: il ritornello “Uh la la la” è irresistibile (anche se non molto dissimile dal “Come mai, dove vai” intonato da Annalisa in Bellissima). Così dopo le “canzonette” di Bennato, ecco la Canzoncina di Margherita Vicario. Altro che canzoncina: fossero tutte così non ci sarebbe bisogno di fare ricorso alla nostalgia degli anni che furono per pensare che esista ancora una bella musica.

Da segnalare anche l’uscita di un nuovo singolo di Ariete, Dormiveglia, estratto dal suo album La notte. Si racconta di un amore finito, a cui il cuore fatica a rinunciare ma che la ragione vuole evitare di ripercorrere. Sintetizza molto bene il significato del brano la frase principale: Sai essere casa ma anche un ricordo sbiadito io non ci credo al destino ma so fingere anche di stare bene quando non stiamo insieme.

L’amore è casa in cui ci si rifugia (quando funziona) e altresì foto da strappare come uno sfogo che va cancellato (quando non funziona). Il ritornello resta in testa, il brano convince. Ariete esprime alla perfezione le paure e la timidezza di una generazione sempre additata come presuntuosa. Peccato solo sentire questa bravissima e giovanissima cantante interpretare sempre così malinconicamente i sentimenti. Speriamo di sentirla cantare presto di un amore puramente sereno.

Massimiliano Beneggi