Dopo una settimana di sold out lo scorso anno con Mtm, Monica Faggiani con Arturo Di Tullio e Flavia Marchionni sta per tornare al Teatro Martinitt di Milano con la divertente commedia L’anno sabbatico. Scritto da Valeria Cavalli e prodotta dal Teatro de gli Incamminati, il testo che viene messo in scena è la storia di una famiglia la cui parte più matura viene rappresentata dalla giovane figlia. C’è sempre tanto da imparare da chiunque, a prescindere dall’età: anzi, chi ha in mano il destino del futuro molto spesso ha anche le chiavi per risolvere meglio ogni problema. E’ proprio quello che ci racconta Monica Faggiani in questa intervista alla vigilia del nuovo debutto (dal 5 al 15 ottobre nel teatro di via Pitteri), che darà origine a una tournée in giro per l’Italia.

Monica, raccontaci il tuo personaggio ne L’anno sabbatico.
Io interpreto Laura cinquantenne, sposata con Carlo, medico chirurgo, da “un numero patologico di anni”. Insieme hanno avuto una figlia, oggi diciannovenne, a cui Laura si è sempre dedicata molto. Pur essendo laureata in psicologia, infatti, non ha mai praticato la professione per occuparsi solo della famiglia. Si intuisce subito che la coppia ha una relazione stabile che, tuttavia, procede un po’ per inerzia. Aspettano con atteggiamenti diversi l’una dall’altro la figlia, che arriva da un viaggio di un anno sabbatico che ha intrapreso dopo la maturità. Laura, però, tante cose della propria vita non le ha ancora capite. Sarà proprio la ragazza che con la sua intelligenza metterà finalmente la coppia davanti ai problemi che finora avevano insabbiato, portandoli a un punto di non ritorno.
Si tratta comunque di una commedia, dico bene?
Sì, anche perché diciamocelo pure, quando le cose sono raccontate in un certo modo, cinicamente è sempre molto comico vedere la sofferenza altrui. La sceneggiatura è molto graffiante: si ride di ciò che siamo anche noi. C’è un po’ di quella famiglia in tutti. Ma si riflette anche su quello che vorremmo e dovremmo essere per prenderci in mano il nostro destino ed essere felici. La domanda è: dovremo difendere la famiglia tradizionale in tutti modi?

Che risposta ti sei data?
Il problema non è la famiglia tradizionale, contro cui non ho nulla. Il problema è che non diventi un sipario dietro a cui nascondersi perché non si ha il coraggio di prendere in mano la propria vita. La famiglia è dove le persone si amano, stanno bene, si sostengono e si scelgono continuamente. Che sia tradizionale, allargata poi non importa.
Nello spettacolo come si esprime tutto questo?
Nel far vedere gli stereotipi di certe famiglie con alcune detonazioni ci si permette di mostrare come la famiglia tradizionale, che decide di non lasciarsi, non è detto sia quella giusta. La ragazza non è cresciuta con l’ideale che hanno insegnato a noi, ma guarda al futuro solo con l’obiettivo di essere felice e sincera e trovare ogni risposta. I giovani hanno altri obiettivi: vogliono trovarsi e essere quello che vogliono per essere felici. Credo abbiano ragione loro. Quindi quel confronto serve a fare da specchio per comprendere meglio ciò che sia giusto fare.
Prendersi un “anno sabbatico” è utile o è una cosa tipica da giovani perditempo, per cui a un anno sabbatico rischia di seguirne sempre un altro?
Dovremmo pensarci tutti ogni tanto. Credo ci si debba riappropriare a qualunque età di un momento riflessivo, non totalmente legato al “fare” e al “performare”. Dobbiamo stare anche un po’ dentro e non solo fuori di noi. Conta avere un “tempo lento”.
Massimiliano Beneggi