Per il documentario su Enzo Tortora andato in onda ieri 13 ottobre su Raitre sono volati stracci. Gaia, la figlia del celebre conduttore, aveva attaccato duramente pochi giorni fa la Rai, colpevole di non averla invitata alla proiezione in anteprima. Non solo, aveva giudicato negativamente la trasmissione, mostratale comunque in anticipo rispetto alla messa in onda. La riteneva un finto documentario, con la scusa di mettere insieme tante testimonianze, poco rispettose della riservatezza di suo padre.

Fabrizio Zappi, direttore di Rai Doc, si era detto dispiaciuto, sottolineando che Gaia Tortora fosse stata altresì contattata per prendervi parte, ma non avesse mai risposto all’appello. Tesi, effettivamente, confermata dalla stessa Tortora che, in quei giorni, era alle prese col lutto per la perdita della sorella. Oltre a non essere appunto convinta dal progetto.

Ieri sera, in ogni caso, è andato in onda Enzo Tortora. Ho voglia di immaginarmi altrove. L’auditel non ha premiato l’idea (solo 2,7% di share), ma il documentario non è sembrato affatto indelicato. Casomai ripetitivo circa cose già dette e ridette che, tuttavia, non smetteranno mai di stupirci negativamente della nostra società. E che per questo non bisogna stancarsi di ripetere.

Il programma, però, non ha toccato la vita privata di Enzo Tortora più di quanto lui stesso volesse. Non va dimenticato che era un uomo pubblico e che ad altri personaggi fosse negata in modo ben peggiore la riservatezza. Si è sottolineato come non fosse una persona simpatica a tutti e come in troppi non avessero esitato un momento a puntare il dito contro la sua presunta e scagionata colpevolezza. Tutti (almeno quelli ancora in vita, che hanno potuto farlo) hanno chiesto scusa a tal proposito. Non è poco, anche se dovuto.

La storia di Enzo Tortora è un racconto italiano da cui dovremmo imparare molto e che non ci ha insegnato mai abbastanza, ancora a distanza di quarant’anni. Anzi, chissà ai giorni nostri quanti haters avrebbero commentato sui social, dipingendolo come un mostro. Perché siamo tutti così, pronti a condannare con assoluta certezza ben prima di avere in mano le prove.

Il documentario andato in onda ieri sera rendeva giustizia a Enzo Tortora, senza entrare nel suo privato che già non si sapesse. Ma soprattutto era ricco di belle interviste. Solo una pecca, purtroppo imprescindibile quando si parla di Tortora: ci si sofferma sempre tanto sul clamoroso errore giudiziario che lo vide vittima innocente, ma si parla pochissimo dei suoi successi televisivi. A guardare i documentari su Tortora sembra che abbia condotto solo Portobello. Invece quella era la trasmissione (che come faceva notare Massimo Bernardini, i critici dipingevano quale programmino di basso livello) che pur avendo dato origine a tanta tv successiva, arrivava solo dopo tanti altri bei successi di Enzo Tortora. Solo sfiorata la sua Domenica Sportiva. Come sempre presente la scena con Baudo, Mike, Corrado e Mina a Sabato sera.

Ecco, se si fosse diviso in due puntate il documentario, con la prima parte dedicata unicamente ai successi televisivi e al garbo di Tortora, si sarebbe fatto un servizio ancora più completo. Ma piuttosto che niente, va bene così. In troppi ancora non hanno voce ed Enzo Tortora seppe prenderne al posto loro. Giusto ribadirlo.

Massimiliano Beneggi