È in scena fino al 17 marzo al Teatro Sistina Chapiteau di Milano (e in seguito dal 20 al 31 marzo al Sistina di Roma) l’opera rock Jesus Christ Superstar (Peep Arrow Entertainment produzione) di Ted Rice. Ecco la recensione.

IL CAST

Lorenzo Licitra, Anggun, Feisal Bonciani, Frankie Hi-Nrg, Giorgio Adamo, Paride Acacia, Claudio Compagno, Francesco Mastroianni, Gianluca Pilla e un gruppo di sedici ballerini e perfomer. Regia di Massimo Romeo Piparo

LA TRAMA

Gesù è acclamato da tutta la folla per il suo carisma e i miracoli che compie costantemente: è diventato una sorta di “re” per il popolo e questo spaventa alcuni Giudei, che temono una controrivolta dei Romani. Il più preoccupato in tal senso, spinto anche da una forte invidia, è l’apostolo Giuda, che punta il dito contro Gesù in quanto starebbe perdendo di vista i suoi veri obiettivi, accecato dalla popolarità che lo idolatra per qualunque cosa. Inoltre lo accusa di lasciarsi abbracciare e lavare i piedi da Maria Maddalena, una prostituta invaghita del Messia. Quando i due Sommi Sacerdoti, Caifa e Hannas, offrono a Giuda del denaro in cambio dell’arresto di Gesù, l’apostolo ha un tentennamento, ma poi accetta sentendosi intrappolato e nel contempo sollevato dall’idea che a Gesù non verrà fatto nulla di male. Una volta compiuto il tradimento, e consegnato Gesù ai Sacerdoti, Giuda scopre che in realtà il Messia è condannato a morte e così si impicca. Nel frattempo anche il popolo, che fino a prima lo adorava, di fronte all’arresto prende le distanze da Gesù e persino l’apostolo Pietro ne rinnega l’amicizia per vergogna. Del destino di Gesù nessuno ha davvero voglia di interessarsi: Erode lo biasima considerandolo insignificante, Ponzio Pilato lo reputa un pazzo che non prova nemmeno a salvarsi e, lavandosi le mani del suo sangue, accontenta il popolo prima frustandolo e poi condannandolo alla crocifissione. Secoli dopo, ecco riemergere lo spirito di Giuda che, guardando in un telecamera, fa notare provocatoriamente a Gesù come oggi sarebbe una superstar di fronte ai mass media che lo adorerebbero e come la sua stessa crocifissione abbia aiutato a farlo diventare un protagonista della scena.

LA MORALE

Passare dalle stelle alle stalle è una pratica esistente da molto prima che esistessero mass media e influencer: avviene sin dai tempi di Gesù (e ancora prima, basti pensare alla fine di Socrate). Altro che “re dei Giudei”, è il popolo a essere sovrano e a decidere le sorti della celebrità, magari nemmeno mai cercata. In tutta questa concentrazione per la star del momento, con la smania di giudicare chi è stato reso importante, ci si allontana da ciò che dovrebbe interessare davvero: ossia i sentimenti della persona. Facendo tutto questo persino con Cristo, abbiamo legittimato la sete di denaro e di giudizio nei confronti di chiunque: se si usa il male contro il Bene, vuol dire che la speranza per un mondo giusto e guidato dall’amore abbiamo deciso di abbandonarla per sempre, sprecando l’occasione.

IL COMMENTO

Jesus Christ Superstar compie 50 anni e non sembra dimostrarli. Merito anche del regista Piparo, che conserva la struttura originale lasciando però i dettagli più legati agli anni ‘70. Niente pullmino hippy o figli dei fiori: il popolo è ora vestito in jeans, con canottiere dei Lakers e moda attuale. Il senso, però, rimane lo stesso voluto da Tim Rice 50 anni fa: la storia di Gesù diventa simbolica per ciascuno di noi anche nella contemporaneità. Jesus Christ Superstar è l’opera che più di ogni altra rende la figura del Messia estremamente umana, nelle sue paure e nelle sue debolezze, di fronte a un destino di cui è consapevole sin dalla nascita. A distanza di tanti anni, ci rendiamo conto che per sottolineare quella costante attualità, non si poteva che fare appello al rock: un genere musicale sempre moderno e potente. Piparo riesce a fare anche meglio, creando dinamiche suggestive in grado di rinnovare il musical: su ciascuna frustata subita da Gesù, ecco arrivare sul video immagini scioccanti della nostra epoca moderna, dalle Torri Gemelle fino al genocidio palestinese. L’arrivo finale di Giuda dal tunnel dell’ingresso principale del teatro, dove è passato il pubblico pochi istanti prima, conferma che ahinoi quella figura di traditore (e non di superstar) a sua volta tradito, ci accomuna molto più di quanto non vogliamo immaginare. L’orchestra dal vivo diretta dal Maestro Friello , con ballerini e performer straordinari (anche trampolieri e fuochisti) alimentano una atmosfera davvero trionfalistica. L’opera è tutta in inglese (per fortuna), ma alcuni sottotitoli e soprattutto frasi del Vangelo proiettate (che peraltro si ripetono costantemente sulle bellissime melodie) rendono comprensibile ogni passaggio. A fine debutto, l’emozionante abbraccio tra Ted Neeley (l’originale Jesus) e Lorenzo Licitra che lo accoglie inchinandosi, raccoglie la standing ovation meritata. Il 12 marzo, sarà possibile vedere il film prima dello spettacolo: una maratona forse eccessiva, ma questo è davvero uno spettacolo che parla di eccessi per darci un messaggio importante. Qualcuno ha commentato che sarebbe giusto avere un Gesù di colore (senz’altro più verosimile geograficamente): fa bene invece Piparo a mantenere l’opera come l’aveva immaginata Rice, perché in fondo tutti cerchiamo sempre nello spettacolo il richiamo all’originale che abbiamo già visto. Non solo: che quel che era trasgressivo 50 anni fa oggi non lo è più, quindi lasciamoci coccolare da quella atmosfera originale che ci fa capire da sé quanto i valori trasformati negli anni, ricongiungendoci con la verità di questa incredibile storia. È ufficialmente una limited edition, ma non ci crede nessuno: questo Jesus andrà avanti per molti anni.

IL TOP

Lorenzo Licitra, Anggun e Feisal Bonciani sono un trio assolutamente perfetto. La dolcezza che Anggun dona alla sua Maria Maddalena è pari alla precisione nel suo canto: sembra di ascoltare un disco, con l’aggiunta di una espressività meravigliosa, ricca di femminilità e amore. I Don’t know to love him è ancora oggi una delle canzoni più delicate e piacevoli di sempre. Licitra sembra partire in sordina, ma il suo talento non lo si scopre certo solo oggi: lasciatelo arrivare agli acuti che il suo Jesus deve raggiungere, sconvolgerà ogni immaginario: su Gethsemane è semplicemente superlativo. Bonciani sembra davvero Carl Anderson nel ruolo di Giuda: impossibile fermarsi solo alle vocalità nel guardare Jesus Christ Superstar, perché i balli e i gesti sono quanto di più dinamico e vivace ci possa essere su un palcoscenico teatrale.

LA SORPRESA

Frankie Hi-Nrg canta solo una canzone, poi replicata nel bis finale dopo i saluti, ma è attesissimo e basta vederlo per capire il perché. Formidabile nel ruolo di un Erode clownesco, apporta la sua anima hip hop a questo spettacolo, dove risulta semplicemente fantastico e coinvolgente dal punto di vista musicale come da quello mimico. Applausi anche per Giorgio Adamo, nel ruolo di Simone, e per i sacerdoti Acacia e Mastroianni: vocalità come le loro sono talmente rare da chiedersi se tutto questo sia davvero ancora possibile in un mondo di autotunes. Formidabili e sorprendenti dall’inizio alla fine.

Massimiliano Beneggi