Gianluca Guidi è in scena ormai da nove anni con il suo spettacolo The Man & His music dedicato a Frank Sinatra (oggi pomeriggio alle 16 terza replica all’EcoTeatro di Milano, domani sarà al Duse di Bologna, quindi a Cento, Modena e al Ghione di Roma dall’11 al 14 aprile) ed ogni volta è sempre più moderno.

Non tanto per un rinnovamento dello show (diverso comunque ogni sera, perché Guidi non è uno che segue il copione dei suoi monologhi, in quanto preferisce improvvisare lasciandosi guidare dall’empatia col pubblico) ma piuttosto per un imbarbarimento della musica odierna.

Sì, perché come dice Gianluca a inizio serata “Non sentiremo più nessuno cantare come Frank Sinatra”. Poi aggiunge l’umile premessa: “Non succederà nemmeno stasera”, ma in verità l’ironia è accompagnata da una sottile polemica col modo odierno di fare musica, che sembra non prestare più molta attenzione al talento canoro. Ecco, proprio per questo motivo, dal momento che nessuno più canta così ormai da decenni, oggi interpretare Frank Sinatra alla maniera di Gianluca Guidi è più che mai moderno. Qualcosa di talmente inusuale da essere nuovo.

Accompagnato da una band preziosissima (Stefano Sabatini al pianoforte, Dario Rosciglione al contrabasso, Amedeo Ariano alla batteria), Guidi canta il celebre artista americano sapendo bene di non omaggiare solo The Voice, ma anche suo padre Johnny Dorelli, che sin dagli anni ‘60 è nominato il Sinatra italiano. Così, tra un Fly to The moon, un I left my heart in San Francisco, che il grande Frank fece sua dopo l’esordio di Tony Bennett, The Lady is a Trump, un Night and Day e l’inevitabile My way, c’è spazio anche per una versione in bossanova de L’immensità e per Solo più che mai (versione italiana lanciata da Dorelli di Strangers in The night).

Gioca, sperimenta, scherza col pubblico: si diverte Guidi sul palcoscenico, con tanta musica ma anche con tanto racconto, carico della sua personalità travolgente e di cultura. La narrazione della carriera di Sinatra si interseca con aneddoti su Brecht e Strehler, nonché con riflessioni sul ruolo del teatro in un’epoca come quella odierna che vede continue chiusure di stabili senza che le istituzioni facciano nulla. C’è spazio anche per un tuffo nel contesto epocale del Ventennio, che non gradiva artisti promossi all’estero, quindi in quello immediatamente successivo che da una parte trasformava in inglese qualunque nome pur di creare un’atmosfera internazionale e dall’altro non perdeva comunque il vizio di italianizzare quelli stranieri per renderli più vicini a noi.

Della vita burrascosa del cantante americano si fa poco cenno. I tempi sono maturi (e anche in questo senso, oggi più di nove anni fa) per esaltarlo in quello che ha saputo inventare musicalmente, con interpretazioni uniche è semplicemente sognanti. Forse fin troppo, perché per quanta bella musica ci sia stata negli anni a venire, quasi nessuno ha saputo avvicinarsi alla sua voce.

Quasi. Perché è proprio il ricordo di Nancy Sinatra (la presidente del Sindacato Figli d’arte) a fare sfociare lo spettacolo anche in un racconto autobiografico, carico di autoironia ma anche di dovuta consapevolezza. Inutile girarci intorno: Johnny Dorelli è l’artista che più di ogni altro ha dato quel tocco internazionale alla musica italiana, anche se ce lo si dimentica troppo spesso. Eppure all’epoca, le leggende volevano che Dorelli fosse da invidiare proprio per una grande amicizia con Sinatra. Niente di vero: non si conoscevano e anche quando Johnny ebbe la possibilità di stringergli la mano presentandolo in una delle due date italiane nel 1962, un comico incidente fece saltare l’incontro davanti al pubblico. Il sipario alle spalle di Dorelli, infatti, si aprì avvolgendo lo stesso artista che tu praticamente inghiottito, sparendo dalla scena.

Supportato ovviamente anche da autori di spessore come Cole Porter e Richard Rodgers, Frank Sinatra è ancora a distanza di tanti anni il punto di riferimento per chi ami un bel modo di cantare. Ed è incredibilmente moderno. Ascoltarlo oggi, quando si insegna ai più giovani che basta entrare nelle orecchie del pubblico per avere successo, diventa un esercizio davvero innovativo anche per il nostro udito. Siamo disabituati ormai a questa musica. Possiamo dirlo, con questo spettacolo Gianluca Guidi salvaguardia un grande patrimonio culturale che, spiace dirlo, altrimenti sarebbe cancellato da tanto autotune. Ricordiamocelo: prima che diventasse il titolo di un talent, The Voice era il nome di un artista ineguagliabile.

Massimiliano Beneggi