Ispirato all’Aulularia di Plauto, l’Avaro è una delle opere più famose di Molière e il protagonista della commedia, Arpagone, è la personificazione stessa della taccagneria. Tutta la vicenda ruota attorno al suo bisogno di accumulare, e alla paura di essere derubato, alle sue ridicole e insopportabili economie ma soprattutto all’aridità di cuore di Arpagone che non ama niente e nessuno a parte la sua cassettina piena di denaro. Sospettoso, iracondo ed egoista, Arpagone non esita a preferire il suo denaro ai figli e persino nel finale egli non si redime, continuando ad anteporre i beni materiali agli affetti.
Il Teatro Leonardo riprende questo grande successo di Molière che celebra la tradizione teatrale della commedia dell’arte in un gioco sfrontato di “teatro nel teatro”.
La rilettura di Valeria Cavalli, infatti, prende spunto anche da un testo poco rappresentato dell’autore francese, “l’improvvisazione di Versailles”, di cui il protagonista è lo stesso Molière, un’opera che mostra ciò che avviene dietro le quinte e la dicotomia uomo/attore, che fa nascere un’istintiva relazione e una complicità con il pubblico, portato così a contatto con la parte più segreta della rappresentazione teatrale.

Nella cornice di un teatrino mobile e decadente si rappresenta dunque l’Avaro, recitato coralmente da un gruppo di guitti in un susseguirsi ritmico di scene e controscene, in cui tutti i personaggi sono coinvolti in una congiura contro l’Avaro e l’avarizia. Non è solo la vicenda raccontata da Molière a vivere sul palco, ma anche la quotidianità degli attori dietro al sipario. Gli interpreti recitano e partecipano, restano in scena e assistono come fossero parte del pubblico, vicini agli spettatori in sala e alle loro emozioni.
Questo Avaro è dunque un carro di Tespi colorato e visionario, composto da un gruppo di affiatati ed eclettici attori al cui al centro primeggia Pietro De Pascalis nel ruolo di Arpagone; uno spettacolo arricchito dai costumi di Anna Bertolotti che rievocano antichi sfarzi e dalle musiche divertite e quasi circensi composte da Gipo Gurrado e suonate dai musicisti della Nema Problema Orkestar.

7D2D3101-30BA-4921-B04C-B277AE161850.jpeg
Note di regia
Un colorato carro di Tespi sbarca al Teatro Leonardo e subito si aprono i bauli per indossare i costumi, si ripassa il copione, si controlla che il sipario scorra e soprattutto si invita il pubblico a partecipare a questa commedia che fonde il testo classico e celebrato con il meno conosciuto “L’improvvisazione di Versailles”. Al centro della vicenda lui, Arpagone, l’avaro per antonomasia. Avaro anche di sentimenti poiché l’unico amore che riesce a provare è quello per la sua cassettina piena di monete d’oro. In un caleidoscopico gioco basato sulla fisicità, la comicità, l’azione e l’allegria, c’è però anche spazio per una riflessione sull’uomo, sui suoi difetti e le sue fragilità ma anche una riflessione sul mestiere dell’attore che ancora riesce a stupirci con poco, che ancora riesce a emozionarci solo con uno sguardo, una pausa, un respiro.