Il teatro probabilmente resta considerato ancora materia un po’ di nicchia, lo sappiamo bene anche noi che cerchiamo di informarvi sempre al meglio con comunicati e recensioni degli spettacoli. Niente però, come il teatro, può fare vivere una dimensione così reale in un mondo rappresentato. Niente come il teatro offre la possibilità di godere della cultura. Quella vera, quella popolare che si vive tutti i giorni, che si riscopre essere uguale a quella raccontata da Sofocle come da Goldoni o da Zeller. Gadamer diceva: Chi vuole comprendere un testo, deve essere disposto a farsi dire qualcosa dal testo. Non tutti vogliono farlo, con la concentrazione e la pazienza che a casa davanti alla televisione non è richiesta: non tutti vogliono farlo, ma chiunque potrebbe comprendere un testo del teatro Manzoni, il più importante di Milano per gli spettacoli di prosa e, da qualche anno, non solo. Non siamo qua certo a tirare per la giacca chi sceglie liberamente di sedersi in poltrona a godersi uno spettacolo in tv, salvo poi lamentarsi che non ci sia niente di interessante, ma a teatro di sicuro non si troverà mai alcun tipo di trash. È la storia del teatro a imporlo, e il Manzoni naturalmente non fa eccezione, proponendo il cartellone più vasto, con quegli spettacoli leggeri che toccano sempre temi quotidiani, e un’attenzione al pubblico, quanto basta per dare a questo la sua dignità culturale. Abbiamo voluto parlare allora proprio con Alessandro Arnone, direttore del Teatro Manzoni, per parlare della stagione in corso e per scoprire come nasca il successo di questa arte che fa sempre sentire importante il pubblico da quando è seduto ad attendere che si apra il sipario rosso a quando risale le scale per tornare a casa, e ci ha svelato alcuni segreti del suo mestiere. Ci racconta con orgoglio di avere portato, tra le altre novità, le famiglie a teatro con i bambini il sabato pomeriggio, e ora anche le scuole: “Il sabato pomeriggio è dedicato alle famiglie ed è molto apprezzato. Alle scolaresche dedichiamo qualche mattinee come faremo tra poche settimane presentando Gianni Rodari e le sue Favole al telefono”. Ci dice anche che il Manzoni proseguirà sempre sulla linea dettata da anni di dedicare tante serate alla prosa, ma nel frattempo si apre ad altri percorsi. Il teatro non è un intrattenimento noioso ed eccessivamente serio, ma al Manzoni più che mai diventa una seria possibilità di riscoprire lati nascosti della propria persona attraverso le storie raccontate e il rapporto intimo che si crea con gli attori durante quelle due ore. Il teatro è vita, come ci ripetono in molti, e Arnone è consapevole del ruolo che svolge e dell’importanza del teatro che dirige, e che in tanti copiano.

Direttore, in questa prima parte di stagione il cabaret l’ha fatta da padrona anche da voi: è il segnale di un cambiamento che porterà ad abbandonare progressivamente la prosa tanto amata dai milanesi?

Il nostro è un teatro storico, nato nel 1870, dedicato ad Alessandro Manzoni dal 1873, ed è da sempre caratterizzato per la stagione di prosa, quindi lo sarà anche nel futuro. Quando arrivai sei anni fa l’obiettivo che mi prefissai, con il mio staff, fu di avere un teatro sempre più rispondente alle differenti esigenze del pubblico, quindi abbiamo aperto il teatro al cabaret, alle famiglie e ai bambini, che non erano abituati a passare il tempo al Manzoni. Abbiamo dato spazio anche alla magia, alla danza. Siamo sempre più attenti alle esigenze di diversi tipi di pubblico insomma, ma assolutamente non sacrificheremo mai la prosa.

Come mai la comicità funziona così bene nonostante sia sempre più difficile qualcosa di originale anche in quel campo, fatta eccezione per pochi come Lillo e Greg, che voi siete riusciti ad assicurarvi per lo spettacolo più divertente della stagione?

Il cabaret ci dà grande soddisfazione perché gli italiani hanno costantemente bisogno di ridere: i problemi del lavoro e le preoccupazioni per il futuro dei figli crescono continuamente con la crisi che stiamo vivendo, e la sera si vuole sempre più avere un intrattenimento leggero e divertente. Cerchiamo di portare in scena quindi commedie leggere e brillanti, che affrontano comunque temi importanti. E sono particolarmente orgoglioso orgoglioso di potere incessantemente proporre spettacoli di artisti di grande successo, e dare spazio nel contempo a tanti emergenti. Anni fa avevamo avevamo un format, il Manzoni Derby Cabaret, dove vi erano artisti che, coadiuvati da coach più affermati, dovevano dimostrare il loro talento comico. Quest’anno abbiamo avuto D’Angella, che era uno dei coach: ha avuto finalmente l’onore di essere sul palco da solo per uno spettacolo tutto suo. Come dicevamo, Lillo e Greg senza dubbio sono stati formidabili. Abbiamo ottenuto serate da tutto esaurito anche con Francesca Reggiani, Cevoli, Cirilli, Lopez e Solenghi. La gente ha bisogno di ridere e vuole farlo con grandi artisti.

E ora si prosegue sempre nel segno della comicità, pochi giorni fa un tripudio per Teresa Mannino

Per lo spettacolo di Teresa Mannino, Sento la terra girare, abbiamo dovuto fare dieci date e non nove come inizialmente si pensava, mantenendo il lunedì di riposo. Invece abbiamo dovuto farlo anche lunedì lo spettacolo perché c’è stata una fortissima richiesta da parte del pubblico: abbiamo riempito il teatro per tutte le serate e se avessimo avuto la possibilità di fare una data in più la sala sarebbe stata piena. Sono particolarmente felice di avere ancora Antonio Ornano, un comico genovese di grande successo, che torna per il terzo anno consecutivo. Ad aprile ospiteremo Angelo Duro, un altro che ovunque fa sempre degli incredibili sold out, e naturalmente avremo sempre le serate con Bertolino e Bottura. Queste serate, inizialmente pensate per la domenica le abbiamo dovute spostare a lunedì sera, perché Enrico Bertolino la domenica è impegnato in tv da Fazio. Partendo dalle notizie dell’ultimo mese, loro commentano la situazione attuale del Paese con la consueta verve comica rendendo la serata estremamente divertente. Questo format lo abbiamo provato già gli altri anni con altri spettacoli, di solito appunto di domenica perché è un giorno particolare perché chiude la settimana e non si vuole far tardi: organizziamo quindi una serata in cui si cena, si mangia e si beve, offriamo una degustazione di vini con l’Associazione Italiana Sommelier e successivamente viene presentato uno spettacolo di durata contenuta (non più di un’ora e un quarto, in un unico atto) per festeggiare insieme questo momento della settimana.

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Parlando invece della prosa, dicevamo che vi contraddistinguete più di qualunque altro Teatro per questa. È appena terminato Il padre che credo sia stata una delle più toccanti commedie mia viste prima e di cui noi abbiamo parlato ampiamente. Ora cosa ci aspetta nei prossimi mesi?

Tengo a dire che il cartellone della prosa prevede sedici giorni, quindi sono tante le repliche per ogni spettacolo: questo spiega l’immensa richiesta del pubblico. Il padre è una bellissima commedia di Zeller, uno degli autori più importanti di cui noi in questa stagione abbiamo avuto ben due testi (l’altro era A testa in giù con Solfrizzi e la Minaccioni). È un autore francese molto giovane che ha una grande capacità di spaziare tra argomenti leggeri e molto seri con una facilità di scrittura straordinaria. Quando ci sono spettacoli di grande valore ci piace portarli all’attenzione del pubblico, e quest’anno abbiamo fatto conoscere questo nuovo autore con immenso entusiasmo. Da ieri é cominciata la messa in scena di questo bellissimo spettacolo che è Tempi nuovi di Cristina Comencini interpretato da Iaia forte e Maurizio Micheli al posto del compianto Ennio Fantastichini, mancato improvvisamente a dicembre. Mi piace sottolineare che a marzo avremo Sogno di una notte di mezza estate, con Violante Placido, Stefano Fresi e Paolo Ruffini. É la commedia più classica e più rappresentata di Shakespeare, con dei bellissimi costumi, che ha incassato tantissimo nella stagione scorsa in tutta Italia e siamo convinti avrà lo stesso successo a Milano. Ad aprile presenteremo Piccoli crimini coniugali di Eric Smith con Michele Placido e Anna Bonaiuto e finiremo a maggio con il sorriso sulle labbra insieme a Carlo Buccirosso, per la prima volta da noi in abbonamento con Il pomo della discordia.

Infine il cartellone Extra, quello più particolare, forse il più colto, anche il più interattivo guardando a La storia a processo, colpevole o innocente…

Sì, tengo a precisare che non si tratta di un cartellone residuale in cui finisce tutto il rimanente degli altri cartelloni, ma di una programmazione piena di dignità e importanza. Raul Cremona ha portato per la quarta volta, con grande merito, il Festival della magia con maghi di tutto il mondo che sceglie personalmente e il risultato è stato come sempre fortissimo. Questo Festival ha trovato ormai al Manzoni la sua casa praticamente, portando sempre sorpresa e magie nuove, che non sono semplicemente la classica apparizione della colomba o il gioco delle carte. Abbiamo inserito dopo tanti anni l’operetta a grande richiesta di una parte di pubblico che ha apprezzato moltissimo La vedova allegra nonostante l’avessimo riproposta in un orario un po’ particolare perché erano le 18 di un giorno feriale. Quest’anno a marzo avremo Simone Cristicchi con Manuale di volo per uomo, uno spettacolo straordinario, che arriverà da noi tra l’altro proprio poco la sua partecipazione a Sanremo dove sicuramente parlerà anche di questo spettacolo. Simone è un ragazzo eclettico, molto bravo e siamo estremamente contenti di averlo: poteva tranquillamente essere inserito anche nel cartellone della prosa. Siamo alla seconda edizione di La storia a processo curato da Elisa Greco, che come accennavamo coinvolge molto il pubblico con temi molto attuali, per cui raccontando Elisabetta I si è parlato di Brexit, essendo stata la prima ad avere avuto un’idea di sovranismo e di chiusura all’Europa. È un vero e proprio processo, ovviamente spettacolarizzato con protagonisti che sono effettivamente magistrati e avvocati. I testimoni sono personaggi famosi della società civile: abbiamo avuto Caprarica, Corrado Passera, giornalisti di Sky, del Corriere della Sera…e facciamo sempre il tutto esaurito.

E poi Sgarbi…

Sono felicissimo del ritorno di Vittorio Sgarbi, un personaggio controverso che quando parla di arte non ha eguali sia per la competenza che possiede, sia per la sua straordinaria capacità di comunicare cose difficili con grande semplicità. Quest’anno ci racconterá Leonardo Da Vinci in occasione dei 500 anni dalla sua morte: è un bel regalo al pubblico che che si arricchisce di grande cultura con due ore e un quarto in cui rimane concentrato senza mai annoiarsi, è qualcosa di straordinario.

Anche i prezzi della rassegna Extra sono inferiori e avvicinano di più la gente al Teatro e alla cultura

Sí, il Manzoni non ha sovvenzioni pubbliche quindi deve rimanere in piedi con i biglietti venduti, però vogliamo continuare ad adottare politiche che portino i giovani a teatro.

È stata la prima stagione senza il vostro Presidente Onorario, Walda Foscale, scomparsa lo scorso agosto. Ce la può raccontare? Che figura era?

Era una persona molto carismatica. Quando fu acquisito questo teatro nel 1978 dal gruppo Fininvest, Silvio Berlusconi ne affidò a Luigi Foscale la direzione affiancato sempre dalla moglie, costantemente presente agli spettacoli. Alla morte di Luigi, nel 2000, si è deciso di dare alla signora Walda la carica di presidenza onoraria, affidando la gestione del teatro a un direttore generale e artistico. Era estremamente competente di teatro, ci ha sempre tenuto a suggerire la linea del cartellone. Suggeriva titoli e attori che riteneva particolarmente interessanti per il pubblico e attinenti alla filosofia del Manzoni. Ha avuto vita ricca e piena di soffisfazioni e chi ha avuto il piacere di conoscerla sa che fino all’ultimo, ad agosto, teneva tantissimo a questa attività teatrale. È stata una grave perdita.

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Quale fu il primo spettacolo teatrale che vide qui al Manzoni e quale fu il primo in assoluto nella sua vita?

Il primo in assoluto onestamente non me lo ricordo, immagino sia stato uno spettacolo andando con la scuola. Io arrivai al Manzoni nel 2012 quando c’era Il vizietto con Iacchetti e Columbro.

Per scegliere gli spettacoli da proporre lei gira molto per gli altri teatri d’Italia. Come avviene la decisione in un panorama vastissimo di spettacoli in giro per il Paese?

Giro moltisimo e stranamente, mi dicono i direttori dei teatri, sono un caso raro. Al Manzoni c’è una regola per cui gli spettacoli di prosa che presentiamo in abbonamento non devono mai essere stati già recitati a Milano, pertanto se non vedo lo spettacolo mi limito a leggere il copione, gli interpreti, la regia, cercando di scovarne l’interesse e l’impatto per il pubblico, altrimenti se è in programmazione in Italia vado al centro sud cercandoli nei teatri di Roma, Firenze, Napoli. Sono uno dei pochi che girano costantemente anche perché non provengo dal teatro, quindi altri miei colleghi magari non sentono l’esigenza di girare l’Italia per capire cosa offra il mercato teatrale. Mi piace girare anche per decidere come organizzare meglio alcune cose, per conoscere modelli di funzionamento efficienti dei teatri e trarre qualche Mia idea personale. Non posso vedere tutti gli spettacoli in una stagione: devo sempre fare una scrematura, quindi vedo quelli che possono interessare al mio pubblico. Un direttore deve conoscere il suo pubblico.

Come si rapporta col suo pubblico?

Mi siedo tra la gente, mi piace sentire i commenti del pubblico tra il primo e il secondo atto e quando si risale la scala a fine spettacolo. Raramente uno va a teatro da solo, si é sempre in compagnia del proprio partner, di amici, di amiche, perché il teatro è soprattutto donna, ed è interessantissimo sentire gli umori delle persone che sono rimaste in silenzio per due ore a seguire uno spettacolo e hanno voglia di commentare e discutere di quello che hanno visto e delle emozioni provate. A fine stagione prepariamo anche un questionario in cui chiediamo gli spettacoli e gli artisti preferiti, e i suggerimenti da dare. L’esperienza diretta del pubblico mi consente di conoscerlo al meglio.

Quindi conoscendo il suo pubblico ha mai osato un po’ nella scelta di cosa portare sul palco?

A volte mi faccio affascinare io dagli spettacoli, per esempio quest’anno ho voluto fortemente Vincent Van Gogh, il colore assordante del bianco di Stefano Massini con Alessandro Preziosi e la regia di Alessandro Maggi. Poteva essere un’operazione complicata proporlo al Manzoni, ma lo vidi una prima volta al Festival dei due mondi di Spoleto e poi a Firenze e ho pensato potesse stuzzicare il pubblico, pur non rispondendo completamente ai crismi consueti dei nostri spettacoli. E la scommessa è stata vinta perché il pubblico ha risposto benissimo.

Quando sente gli applausi a fine spettacolo tira sempre un sospiro di sollievo?

L’applauso del pubblico é sicuramente il primo indice di gradimento, insieme agli incassi ma non è l’unico. Come dicevo prima conta molto sentire i commenti a fine spettacolo o tra il primo e il secondo atto. A volte uno spettacolo fa meno incassi ma è molto apprezzato, perché la gente sa riconoscere bene la qualità.

Siamo tutti più o meno d’accordo nel dire che il teatro sia vita, regalando anche le emozioni di errori, che il cinema non si può permettere. Goethe diceva che le passioni della vita non possono avere regole. Un’arte come il teatro che racconta continuamente emozioni e passioni, ha delle regole?

Le regole ci sono ovunque: il teatro è una rara forma di rappresentazione in cui è possibile vedere artisti che recitano dal vivo. Oggi abbiamo una realtà sempre più mediata dallo schermo: si legge il giornale dall’Ipad, i bambini hanno sempre una realtà mediata. A teatro quindi ci sono regole ma la cosa più apprezzata è quando vengono infrante le regole. Quando si perde una battuta a volte non ci si accorge, invece a volte è lo stesso attore a sottolineare il momento di difficoltà, e il pubblico apprezza molto e applaude perché si sente coinvolto in questo. Le regole vengono infrante a volte ma a beneficio dell’attore, perché permettono fondamentalmente sempre di contestualizzarsi nella regola più grande del teatro, che è vivere con gli attori quello che viene rappresentato.

Voi essendo di proprietà Fininvest siete imparentati con Mediaset; ha mai pensato se potrebbe essere utile un canale televisivo tematico sui programmi teatrali, un po’ come esiste Rai 5?

Non credo funzioni molto, il bello del teatro è vederlo in teatro. Abbiamo sperimentato invece un percorso inverso: anziché essere il teatro ad andare in tv è stata la tv a venire in teatro. Da qualche anno infatti a settembre ospitiamo un grande comico, quest’anno si è trattato del Big Show di Andrea Pucci: uno spettacolo con un taglio televisivo, che dà al pubblico da casa il piacere di vedere la platea del Manzoni, con un palco trasformato in uno studio televisivo. Speriamo di riproporre anche a settembre questa bella esperienza.

Massimiliano Beneggi