Si è concluso da poche ore il Festival più discusso in tanti anni di storia per un verdetto finale che non soddisfa nessuno e che, a dirla tutta, sembra un affronto nei confronti del governo. Come al solito, però, non parleremo di politica e andiamo ad analizzare il 69esimo Festival della Canzone Italiana con le nostre pagelle.
Achille Lauro, voto 7, ha saputo entrare in gara senza l’arroganza tipica dei cantanti trap, ma con grande convinzione di portare un brano orecchiabile, che farà parlare tantissimo nelle prossime settimane per le polemiche sul testo di Rolls Royce. Noi però continuiamo a vederci una canzone sul lusso, che non c’entra con quello di chi vuole uccidersi con la droga, e Achille è stato uno dei più frizzanti. Il duetto con Morgan un vero show musicale.
Anna Tatangelo, voto 7, anche se ormai a quel Festival che l’ha lanciata 17 anni fa non viene più compresa forse perché il genere melodico che propone è sempre quello, Le nostre anime di notte é la canzone col testo più maturo che abbia mai interpretato finora. Riporta a Sanremo Syria, grazie.
Arisa, voto 7,5, avrebbe meritato anche di più se non fosse stato per le interpretazioni delle singole serate dove una volta ha sbagliato il testo, in finale è andata fuori giro e ha avuto un calo di voce. Lei ha saputo affrontare la situazione con la consueta ironia, e la sua Mi sento bene è una canzone difficilissima, piena di diesis che lei, finale a parte, sa reggere benissimo. La canzone più orecchiabile e col testo più positivo di Sanremo è la sua.
Boomdabash, voto 6, saranno sicuramente tra i più trasmessi dalle radio nei prossimi giorni, ma hanno sbagliato il periodo in cui lanciare Per un milione, che avrebbe spopolato in estate e si andrà a perdere in questo finale di inverno. Gli autori, gli stessi di Roma-Bangkok, hanno probabilmente scritto cinque versi a testa visto che sono ben nove: loro hanno padronanza del palco, ma la voce dal vivo non dà emozione, qualità essenziale al Festival.
Daniele Silvestri, voto 8, fa il pieno di premi, tra tutti quello della Critica a cui è abbonato. Ha saputo mettersi nei panni di un ragazzo di 16 anni, con tutte le preoccupazioni che, a conoscerle, forse possono essere evitate. Argentovivo è una lezione per tanti genitori, e si capisce che parte da se stesso Daniele. Una delle canzoni più importanti di questo Sanremo.
Einar, voto 6,5, segna il ritorno di Maiello tra i grandi autori, capace come sempre di ritornelli orecchiabili su testi di rinnovamento come quello di Parole nuove. Niente di originale però, e in questo Festival pieno di innovazione, non bastano le parole, ci volevano anche musiche nuove per restare fuori dall’anonimato.
Enrico Nigiotti, voto 9, l’intensità con cui canta la dedica sentitissima al suo Nonno Hollywood ci restituisce tutta la sua grande emozione nel potere fare questa bellissima canzone a Sanremo. Cantautore vero, intonato, che merita tutto il successo sempre in crescita.
Ex-Otago, voto 8, la musica indie trova tutte le sue migliori peculiarità in Solo una canzone. Il testo e la musica si intersecano romanticamente e commoventi, se le radio gli aiuteranno li sentiremo tantissimo nei prossimi tempi, perché sanno parlare d’amore, ma nessuno (chissà perché) li ha notati.
Federica Carta e Shade, voto 7, non avevano nessuna pretesa di podio, rischiano di passare nell’anonimato ma il duetto di Senza farlo apposta è orecchiabile, fresco e con un testo che ha un bel senso. Debutto a Sanremo con grande capacità di reggere l’emozione come la loro madrina Cristina D’Avena.
Francesco Renga, voto 7 Aspetto che torni si serve sempre di note lunghissime e grande melodia, solo che non si può cantare sempre la stessa canzone da dieci anni. I testi parlano sempre di lui, e anche stavolta con la sua padronanza del palcoscenico sa arrivare al pubblico nonostante non sia premiato con il classico brano renghiano.
Ghemon, voto 5, se non avesse vestito con quegli impermeabili lunghi non ci rendeva nemmeno conto della sua presenza. Il testo di Rose viola é un originale, soprattutto perché cantato da un uomo che vede il mondo nei panni di una donna, ma non ha niente di orecchiabile. Il rap o parla di politica, oppure deve avere anche un minimo di melodia per essere interessante.
Il Volo, voto 8, sanno cantare solo un brano, ma lo fanno divinamente. Solo per la somiglianza con la canzone di 4 anni fa Musica che resta non prende un voto maggiore, ma il talento resta indiscutibile quasi quanto la loro spocchiosità che li fa essere antipatici ai colleghi giornalisti (anche quelli che però nel 2015 li esaltavano e li cercavano continuamente). Unione di tre voci da brivido, che il televoto ben più saggio degli Esperti infatti premia.
Irama, voto 8,5, commuove con La ragazza con il cuore di latta, di cui è autore. Canzone bellissima, con un testo significativo e una melodia che resta in testa. Stupenda la scelta di farsi accompagnare da un coro gospel che cresce con il brano. Noemi è un valore aggiunto incredibile venerdì sera.
Loredana Berté, voto 8, la più acclamata dal pubblico con tre standing ovation in onore della sua carriera e del suo ritorno tra i grandi della musica. Grintosa, finalmente felice, libera da tanti spettri, non è sempre perfetta nell’intonazione di Cosa ti aspetti da me che Curreri le ha regalato togliendola a Vasco, e solo per questo non le diamo più di 8. Sarà uno dei brani che sentiremo di più, e di sicuro entra nella storia.
Mahmood, voto 4,5, la sua Soldi é la canzone vincente più brutta della storia del Festival di Sanremo, la sua arroganza è persino ripetitiva come il ritornello di questo brano che, d’altronde, non ha un grande senso e si appoggia sulla scelta degli adolescenti di farsi rincretinire da questa musica fatta di due note e una parola reiterante.
Motta, voto 7,5, altro vero cantautore, vince la serata dei duetti con Nada e canta Dov’è l’Italia, portando la politica in un Festival dove ce n’è stata tanta ma non si poteva dire. Lui invece lo fa dichiaratamente mettendoci dentro parole d’amore e con la sua musica che non è immediata (ultimo nel televoto) ma si fa apprezzare dopo qualche ascolto. Altra scommessa vinta di Caterina Caselli.
Negrita, voto 7, sembra di sentire una canzone di Ruggeri che infatti li accompagna nella serata di venerdì. I ragazzi stanno bene, però, è bella più che altro per il testo. La musica è gradevole, ma quel tipo di rock melodico ormai è superato, anche se loro vestono ancora come quando avevano 30 anni.
Nek, voto 6,5, il bello di Filippo Neviani è che sa sempre emozionarsi, ma anche lui come l’amico Renga non esce dalle sue consuetudini musicali. Dopo ventidue anni Mi farò trovare pronto non si discosta molto da Laura non c’è. Inizia a stancare. Però è sempre elegante, ed è da rilevare.
Niño D’Angelo e Livio Cori, voto 6, va bene portare sul palco la tradizione partenopea che ha fatto grande la musica italiana, ma Un’altra luce manca di quel guizzo a cui Nino ci ha sempre abituati. Manca la sua grande intensità, e non c’è nemmeno la sensazione di un brano particolarmente commerciale. Peccato, Napoli merita molto di più di questa canzone.
Paola Turci, voto 7, e non giudichiamo il look dove invece è da 10 e lode ogni sera per quanto è sexy. L’ultimo ostacolo è una bella canzone radiofonica, ma questo non può bastare per arrivare nelle prime posizioni dove Paola manca da troppo tempo. Il testo è suo e di Luca Chiaravalli, e merita di essere letto più volte.
Patty Pravo con Briga, voto 5, facciamo la media dei voti tra i due cantanti che andrebbero giudicati separatamente. A parte il fatto che non si comprenda perché Briga debba essere considerato un featuring, nel momento in cui è autore del brano con cui accompagna dolcemente Patty, che non si mostra in forma, e con una tonalità che altalena più delle onde di Sanremo e Bordighera. Un po’ come la vita non sarebbe nemmeno male, l’incipit sembra una ninna nanna. Patty però sembrava ogni volta sul palco appena risvegliata dal riposino.
Simone Cristicchi, voto 8,5, musica vera, poesia assoluta. Abbi cura di me vince il premio Endrigo per la migliore interpretazione e se lo merita tutto. Arrangiamento da brivido per il cantautore più teatrale che dobbiamo vantare di avere in Italia, capace di mettersi in gioco a Sanremo. Applauditissimo, meritava ovviamente il podio.
The Zen Circus, voto 6,5, ci aspettavamo qualcosa di più da un gruppo poliedrico e innovativo come il loro. L’amore è una dittatura la ricorderemo più per la presenza degli sbandieratori che non per i pur bellissimi arrangiamenti, ma a Sanremo questo non basta. La canzone manca di orecchiabilità, la loro originalità però è indiscutibile.
Ultimo, voto 9, non c’è alcun dubbio che I tuoi particolari sia la vera canzone regina di questo Sanremo. Ultimo si scrive le canzoni da solo e sa arrivare al cuore della gente con testi e musiche che fanno venire i brividi, a cui aggiunge la sua splendida voce profonda. Forse non lo rivedremo presto a Sanremo, e ci renderemo conto di aver mancato l’occasione di far vincere il più grande talento musicale degli ultimi 30 anni, con la canzone più bella di questa edizione.
Virginia Raffaele, voto 6,5, non le hanno fatto fare quello di cui è capace, e allora avere lei che non fa imitazioni è quasi come avere una qualunque ragazza anonima sul palco. Quando si prende la libertà di essere se stessa però mostra il suo talento e la sua capacità di improvvisazione. Troppo stizzita con Bisio con cui non è in sintonia.
Claudio Bisio, voto 3, non è un comico che sa mordere, sa rispondere alle polemiche come fanno i bambini quando vengono sgridati e ha un’ironia troppo sottile per fare davvero ridere nei ritmi serrati del Festival, dove ci vorrebbe uno che sappia fare divertire con battute fortissime. Tante aspettative, deluse.
Claudio Baglioni, voto 9, ci ha regalato due edizioni di Sanremo con la musica al centro, nessun ospite straniero e solo tanta voglia di divertirsi con la sua spettacolare voce ineguagliabile. Raccomandazioni o meno, Baglioni ha portato al Festival grandissimi protagonisti, che solo grazie a lui hanno deciso di mettersi in gioco. E il secondo Sanremo gli è riuscito anche meglio del primo, cosa riuscita solo a Conti.
Joe Bastianich, Elena Sofia Ricci, Mauro Pagani & co, voto 0, sono lo scempio di questo Festival, la macchia di un Sanremo dove non ci si può improvvisare esperti musicali solo per un una acquisita notorietà. Saranno anche soddisfatti di avere ribaltato il risultato, ma le vendite parleranno chiaro: hanno fallito.
Massimiliano Beneggi