Saremo davvero in grado di ricordarci chi siamo stati nella quarantena? Avremo la voglia e la forza di superare fastidi e frenesie dettate dalle dinamiche di lavoro attraverso i benefici di questi mesi storici in cui hanno trionfato la nostra creatività e la nostra quotidianità casalinga fatta di videochiamate in tuta e spettinati? Ogni dubbio è ovviamente lecito e spontaneo: d’altronde abbiamo sventolato ai quattro venti l’orgoglio tutto italiano di avere una terra meravigliosa, per poi esultare ora che si aprono gli spiragli di voli all’estero. Anche i rapporti con il vicinato saranno ora messi alla prova al di fuori dei facili entusiasmi da karaoke sul balcone: vediamo quanti sorrisi riceverà, nello stress frettoloso di andare al lavoro, il condomino che fino a ieri alle 18 ci intratteneva con le sue performance supplendo all’assenza dei live 2020. E’ arrivata l’ora delle conferme: chi saprà mantenere la genuinità ritrovata in questi ultimi mesi, dopo averla cercata per anni ben sapendo che vivesse lì la vera felicità?
In tanti l’hanno cantata, ma c’è un brano in particolare che l’ha raccontata con ironia e convinzione. Torniamo anche questa settimana alla storia del Festival di Sanremo, arrivando addirittura al 1956. E’ l’anno in cui la Rai, organizzatrice della kermesse, impone la partecipazione di 6 interpreti esordienti scelti attraverso un Concorso per Voci Nuove. Da 6446 candidati, le selezioni portano quindi a uno show (radiofonico) finale di tre serate, due mesi prima del Festival. E’ l’antesignano di quanto accadrà decenni dopo con i talent show. Naturalmente, se oggi si storce il naso per un cantante arrivato improvvisamente tra i Big passando dalla tv, le polemiche a metà anni ’50 sono ancora più serrate. Sanremo arriva da quattro edizioni vinte da Nilla Pizzi, Gino Latilla e Giorgio Consolini, Claudio Villa e Tullio Pane: i sei cantanti, che si spartiscono venti canzoni in gara, sembrano quindi un’oltraggio alla storia della musica in virtù di uno svecchiamento che si vorrebbe dare. Vince, senza successivi trionfi discografici, Franca Raimondi con Aprite le finestre. Dall’edizione successiva la Rai capirà l’errore e tornerà ad avere in gara cantanti già affermati: l’Italia non è ancora pronta per consegnare le chiavi di professionista a chi arriva dal nulla, nonostante il talento espresso. Una canzone, però, rimane nella storia. Si tratta di Musetto, la canta Gianni Marzocchi e la scrive un debuttante attore e cantante che risponde al nome di Domenico Modugno.
Il brano, con un deciso e contagioso ritmo jazz, racconta di Lilì, una ragazza con la fissazione del mito americano, che sembra rinnegare la nostra cultura e la sua individualità al punto di volersi far chiamare Gigì, come la protagonista dell’omonimo film. Invece l’autore, che si ispira alla moglie Franca Gandolfi nello scrivere il testo, ribadisce che non sia necessario perdere l’originalità e la bellezza pura solo per sembrare più moderna. Lei è bella così, spettinata, struccata, vera. Modugno, in un’intervista a Maura Nuccetelli vent’anni più tardi, confermerà la sua avversione per l’esterofilia e l’americanizzazione delle nostre mode che ci distolgono dalla nostra realtà italiana.
La canzone, nota anche come La più bella sei tu, sarà usata più volte come colonna sonora di vari film (molti musicarelli), e diventerà la sigla di un celebre programma degli anni ’90 sulla storia del Festival di Sanremo, condotto da Luciano Rispoli su Telemontecarlo, intitolato proprio come il ritornello del brano. Si classifica settima. Il successo discografico sarà ad appannaggio di Modugno e del Quartetto Cetra che ne farà una delle sue indimenticabili e inimitabili versioni. Gianni Marzocchi invece diventerà un popolare doppiatore (sua la voce di Giuseppe Anatrelli, alias Calboni, in Fantozzi) anche in numerosi cartoni animati e film musicali: su tutte non si può non ricordare la sua voce di Cantagallo nel Robin Hood di Walt Disney. Ecco qui sotto video e testo dell’esibizione del 1956. In attesa di capire se avremo compreso bene che…siamo più belli italiani e genuini, come in quarantena.
Massimiliano Beneggi
La più bella sei tu u
il tuo nome è Lilì ì
Spettinata così ì
tu mi piaci di più
Oh! No! cara
Resta sempre così, mia
non tagliarti i capelli
non truccarti di più
Amore
Ma tu dolce
hai deciso così mia
di vestirti di rosso
di chiamarti Gigì
Vivi così
tra boutiques e caffé
mangi roast beef
bevi solo frappé
Ma perchè?
Oh! No! cara
resta sempre così
col musetto pulito
col tuo nome Lilì
La più bella sei tu spettinata così
Buonanotte
Lilì!
Vivi così
tra boutiques e caffé
mangi roast beef
bevi solo frappé
Ma perchè?
Oh! No! cara
resta sempre così
col musetto pulito
col tuo nome Lilì
La più bella sei tu
spettinata così
Come è bella
Lilì!
Buonanotte
Lilì!