È in scena fino al 16 gennaio, al Teatro Manzoni di Milano, Napoletano? E famme ‘na pizza!, il nuovo spettacolo di Vincenzo Salemme, produzione Chi è di scena! e Diana Or.l.S. Quest’anno il teatro diretto da Alessandro Arnone, contrariamente rispetto al passato, non festeggia con l’attore napoletano il Capodanno ma la chiusura delle feste. E lo fa con una programmazione davvero originale. Ecco la nostra recensione.

IL CAST
Vincenzo Salemme, Vincenzo Borrino, Sergio D’Auria, Teresa Del Vecchio, Antonio Guerriero, Fernanda Pinto. Regia di Vincenzo Salemme.
LA TRAMA
Al centro del palcoscenico una bellissima terrazza che si affaccia sul Golfo di Napoli; ai lati due porte, ben distinte da due chiari titoli, Una festa esagerata e Con tutto il cuore.
Arrivano proprio da questi due ingressi i personaggi della serata, ossia da due spettacoli di enorme successo dell’attore e regista napoletano. Il primo a uscire è proprio Ottavio (Salemme), il protagonista di Con tutto il cuore. È stato operato di cuore e ora necessita di un periodo di convalescenza. La sua sfortuna è quella di essere assistito da un ruspante e improvvisato portantino dell’ambulanza, che tutto fa meno che dare sicurezza. “Io non sono un portantino, faccio il portantino, nel senso che faccio finta di esserlo e vengo pagato!”, così asserisce il ragazzo che di lavorare non ne vuole proprio sapere. Anche la figlia di Ottavio non sembra essere da meno in quanto a bizzarria. La persona più tranquilla sembra essere la dirimpettaia, Teresa. Ma è solo un’illusione. È qui che si apre il capitolo di Una festa esagerata. La donna è spinta da un eccessivo entusiasmo per il compleanno della figlia che diventa maggiorenne: i preparativi dell’evento sono degni delle più importanti celebrazioni internazionali. A creare ulteriore scompiglio, il secondino del palazzo e il fidanzato della figlia. Ingenuo il primo, rozzo il secondo, entrambi sono accomunati da un’ignoranza con cui si deve confrontare Gennaro (sempre Salemme), il marito di Teresa. Uomo umile, fiero della sua vita medioborghese che gli consente di avere ciò che è strettamente necessario senza dover essere esoso, Gennaro non solo deve tener testa alla competizione del futuro genero, che regala alla fidanzata un’auto costosissima comprata coi soldi di suo padre. Deve anche tenere le redini di una famiglia chiassosa dove, tra la figlia bocciata all’esame di guida e la moglie che beve limoncello come se fosse succo di frutta, si insinua anche un napoletano furbo che si finge domestica indiana per avere un lavoro.
Per il compleanno della figlia si prevedono grandi attenzioni per l’assessore Cardellino, a cui è indirizzata una bomboniera tutta speciale e per nulla discreta. Insomma, meglio avere la politica dalla propria parte che contro. La professione del genero di Gennaro è ignota, ma le “tradizioni di famiglia” vengono svelate quando si riaprono le porte di Con tutto il cuore. Il fratello gemello del ragazzo, infatti, era un boss mafioso. Quello che Ottavio non poteva immaginare è che il suo cuore sia stato trapiantato proprio con quello del delinquente.
Un’ora e quarantacinque minuti di puro divertimento, ma anche di incredibile originalità. Due storie si intersecano tra loro, senza creare confusione: i personaggi di Ottavio e Gennaro sono distinti da una giacca di colore diverso indossata dall’attore. Tutto sommato, però, si fondono in un’unica persona. Sebbene uno sia professore integerrimo e l’altro più estroverso, entrambi vedono il mondo con la medesima maturità. E soprattutto guardano lo stesso mondo. In questo spettacolo si vivono tutti i colori del dialetto napoletano e la gestualità con cui i partenopei sono soliti raccontare il mondo. Un mondo talvolta a sè, fatto di necessità di arrangiarsi ma anche di tanti luoghi comuni. Esordisce proprio così Salemme: “Direte, che gliene importa a un milanese di Napoli? Bene, non siete voi che dovete spiegare che Napoli non è solo Gomorra, non siete voi quelli che dovete essere sempre simpatici e parlare ogni volta della pizza”.
LA MORALE
Diversi monologhi di Salemme raccontano il modo di essere dei napoletani, ma anche la vita di uomini e donne, divisi tra i ruoli di mariti e mogli e quello di genitori. L’amore per gli animali, la ricetta della pizza: tutto attraverso i ricordi personali di un attore ancor più formidabile a teatro che non al cinema. Il finale è tutto da vivere. Vincenzo Salemme recita una delicata poesia dedicata a Napoli, che è un po’ Spagna un po’ Grecia è un po’Francia. In fondo è inutile chiedersi le persone da dove arrivino, perché siamo tutti appartenenti a questo mondo. Ciascuno ha la sua cultura, ma in fin dei conti le differenze non sono poi così rilevanti. È più importante chiedere alle persone, piuttosto, dove stiamo andando. Guardare al futuro insomma, orgogliosi di quello che siamo e che possiamo tramandare. Superando ogni luogo comune, su cui a quel punto si può ridere con tanta autoironia.
IL TOP
Vincenzo Salemme a teatro è uno spasso e mostra tutta la scuola di De Filippo che lo ha formato. Rapidissimo nel parlare, senza mai distrarsi mantiene l’attenzione viva per quasi due ore senza intervallo. Coadiuvato da un cast corale straordinario, che fa vivere l’atmosfera della vera commedia napoletana. Quella che, in questi periodi di feste, siamo soliti apprezzare in televisione. Invece, dotati di mascherina ffp2, si può amare ancor di più seduti comodamente e in tutta sicurezza a teatro.
LA SORPRESA
Chi si aspetta lo spettacolo che esalta Napoli a discapito di altre città, deve cambiare idea. Paradossalmente Salemme riesce a far splendere la sua terra d’origine proprio attraverso una autoironia che non lesina critiche a certi modi di fare napoletani, facendoci amare ancor di più la città campana. Salvo poi recuperarne tanti altri di fronte alle incertezze di una società che necessita di quella arguzia e di quella serenità, che solo il meraviglioso mare campano sembra poter regalare. Ma il caffè più buono, incredibilmente, non lo si beve a Napoli bensì in Sicilia. Parola di Salemme, che bello spettacolo spiega bene da cosa dipenda una buona miscela e quanto tempo occorra per un buon caffè: sei minuti!
Massimiliano Beneggi