Marisa Rampin è una delle cantanti e attrici di Milano più apprezzate sin dai tempi del Derby, dove fu lanciata a inizio anni ’80. Fu proprio lì che Funari la scoprì per portarla nella sua trasmissione Mezzogiorno è. Oggi, nel giorno dei 90 anni di Gianfranco Funari, Marisa Rampin ricorda così quell’avventura.

Marisa, come definiresti Gianfranco Funari?

Era semplicemente un grande. Hanno imparato tutti da lui, solo che la sua spontaneità era inimitabile. Era il più forte di tutti, un vero regista che sapeva organizzare persino risse ad hoc in trasmissione se capitava.

Come ti aveva scelto per Mezzogiorno è?

Io fui l’unica donna comica al Derby dall’80 all’86. Quando nel 1988 il locale chiuse, Funari propose di fare Monte Rosa 84 per ricordare il Derby su Raidue. Vedendo i filmati degli spettacoli vide me che facevo un monologo. In conferenza stampa fecero vedere alcuni filmati degli spettacoli del locali, così vide me che facevo un monologo. Disse a tutti i giornalisti presenti: “Ma perché questa qui non lavora in televisione? Se non je piace a nessuno la piglio io””. In quel periodo stavo facendo Don Tonino su Italia Uno. Così arrivai con lui in Rai.

E fu un successo incredibile. Scommessa vinta.

Mi affidò la conduzione di un’ora nel suo programma. Prima di me c’era Silvana Giacobini con E’ nata una stella; io presentavo Peccati di gola, che ebbe un successo pauroso. Raggiungevamo il 38% di share a mezzogiorno. Mi inventai alcune cose cantando canzoni antiche, apprezzabili da casalinghe e anche ragazze. Conoscevo tutte le canzoni delle origini delle varie città. Dopo di che arrivava Funari, che superava il 40%.

Quando ti vide per la prima volta ti diede qualche consiglio?

Nessuno, si fidava. Non provavamo nemmeno mai, non so come ma anche con il Maestro Dino Siani eravamo in sintonia incredibile senza bisogno di prove. Gianfranco mi lasciava massima libertà: mi diceva “Tu puoi fare quello che vuoi, io con te non interverrò mai!” La prima cosa che mi disse piuttosto fu: “Non prendere mai la tessera di un partito”. Nemmeno lui le aveva mai avute infatti. Era un uomo libero.

Ti sei mai chiesta come mai fu mandato via dalla Rai?

Me lo raccontò un’amica. Occupandosi di politica, Funari invitò vari personaggi, da Martelli a La Malfa. Un giorno arrivò una delegazione di funzionari Rai da Roma, con un treno su cui c’era anche una mia amica che sentì tutto quello che si dicevano: “Ao, siamo riusciti a farlo fuori!”. E così i dirigenti di viale Mazzini, più attenti alla politica che alla tv, rinunciavano a uno che otteneva tutti quegli ascolti.

Poi passaste alla Fininvest. Come andò?

Quando Freccero chiamò Funari a Italia Uno, che fino a quel momento non aveva grandi ascolti, scritturò tutto il gruppo della trasmissione in Rai. Solo che, con ascolti bassi, un po’ alla volta esautorarono tutti dall’incarico. Eravamo in metà di mille: tra questi anche Enrico Mutti, Ossario e tanti altri. Tutti rimanevamo via via senza il nostro spazio che ci avevano dato a inizio stagione. A quel punto Funari fece politica in toto e cambiò il programma. Io non rinunciavo alla mia trasmissione: volevo arrivare fino alla fine del contratto. Solo che spesso ero lì seduta e truccata in camerino senza mai apparire per tutta la mattinata. Adriano Bonfanti e Gigi Reggi mi chiamarono per condurre uno speciale di San Valentino con grandi personaggi, ma per il resto non misi più piede in alcuna televisione.

Il vostro rapporto come proseguì dopo Mezzogiorno italiano?

Si interruppe purtroppo. Non andai a trovarlo in ospedale quando sapevo che stava male perché non sapevo come mi avrebbe accolta, ma l’ho sempre avuto nel cuore. Caro Gianfranco…Gli ho portato anche una sigaretta al Monumentale: fumavamo come turchi tutti e due! Quante battute insieme…

Come nacque il tormentone di cantare “Surdato innamura..to” in ogni puntata?

Quando entrava in scena, Funari raccontava cose irripetibili, da censura, di quando andava in bagno. A quel punto Dino Siani, grande musicista che lo conosceva bene, interrompeva e partiva con “Ohi Vita, Oh Vita mia!”. Era la chiosa migliore che faceva morire dal ridere tutti.

Era una persona con cui ci si divertiva molto, conviviale.

Assolutamente. Un venerdì sera decise che saremmo andati tutti in montagna. Come arrivai rimasi chiusa in camera con 39 di febbre. Lui mi diceva: “Stammi lontana che se viene la febbre anche a me son rovinato”, col suo solito modo determinato per cui già mi sentivo in colpa ad essere influenzata. Era una persona molto divertente, ma a cui piaceva anche ridere molto. Ricordo che in quel posto di montagna si parlava francese. Una sera, mentre noi camminavamo, una macchina passando sfiorò il piede a uno di noi. Questo lo redarguì con una riposta metà in francese e metà in milanese. Mi sembra di vedere ancora adesso Gianfranco che si spisciava dalle risate.

Funari ti ha mai confidato se si ispirasse a qualcuno per proporre quella tv?

No, era stato originale sin da subito. Aveva sempre avuto quel modo di essere romano, con la furbizia di parlare male di Roma e dei romani, per cui era amatissimo a Milano. Nessuno altrimenti, tra i non milanesi, riusciva ad andare avanti.

Massimiliano Beneggi