Morena Zapparoli: Gianfranco, prima di ogni diretta mi dava una carezza-INTERVISTA

Morena Zapparoli, compagna di vita e di lavoro di Gianfranco Funari, nonché amatissimo volto televisivo, ospite mai banale di Mattino 5 e Pomeriggio 5, ci racconta in questa intervista chi fosse l’uomo che tutti conosciamo per essere stato un’icona della tv. Lo fa oggi, 21 marzo, giorno in cui Funari compirebbe 90 anni. E lei, ora felicemente orgogliosa di un nuovo amore, lo ricorda con la sua consueta serenità.

Morena, quando parliamo di Funari ricordiamo sempre un uomo al passo coi tempi, tanto che è amatissimo anche dai social nonostante sia morto quando quelli ancora non erano esplosi. Chissà come sarebbe stata la sauna carriera all’epoca dei social…

E’ una domanda che mi sono posta anch’io tante volte, perché sicuramente i social sarebbero stati funzionali alla sua personalità senza filtri. Senza dubbio si sarebbe divertito.

La prima volta che lo hai visto in tv?

Avevo seguito le sue trasmissioni storiche nel periodo di Tangentopoli, sebbene non lo conoscessi ancora di persona. Invitava tutti i politici dell’arco costituzionale mettendoli sotto torchio: era diventato un tribuno del popolo. Inizialmente i politici ne avevano timore sapendo di rispondere a domande scomode, poste con un linguaggio semplice che potevamo capire tutti, di qualunque estrazione sociale fossimo.

E il primo incontro con lui invece quando avvenne?

In realtà lo incontrai quando avevo 4 anni. Vivevo nell’hinterland milanese, io ero in un bar della zona con mio padre, che Gianfranco conosceva bene, e lui disse: “Che bella bambina, cresci bene che faccio il giro del mondo e poi ti sposo”. Una boutade che nessuno avrebbe mai potuto immaginare diventasse realtà.

E poi lavoraste insieme per trasmissioni sulle tv private, dove i titoli erano tutto un programma: Extra Omnes, Funari Forever…

Negli ultimi anni, emigrò su Odeon, una tv minore ma che ci diede tante soddisfazioni grazie a una linea editoriale libera. Potevamo invitare chi si voleva: Peter Gomez e Travaglio agli esordi, quando già scrivevano libri su temi molto scottanti. Avevamo ospiti politici di ogni sorta, spesso non invitati altrove perché scomodi.

La sua rivoluzione più grande?

Aveva abbattuto le tribune elettorali con le loro domande preparate. Amava sottoporre a quesiti spiazzanti. Gianfranco con i politici parlava come se fossero persone comune con cui cenava. La signora Maria che non leggeva i giornali poteva capire Funari.

Era consapevole di essere quel genio televisivo?

Ti rispondo con una citazione sua, che ho riportato anche nella sua biografia “Gianfranco Funari, il potere in mutande”. Diceva spesso così: “Dicono che io sia un genio della tv, lo penso anch’io ma vorrei che me lo dicessero quando sono ancora vivo, invece è molto probabile che mi celebreranno dopo la mia morte”.

Io credo che a Funari sarebbe piaciuto molto il Movimento 5 Stelle. Indovino?

I 5 Stelle gli sarebbero piaciuti agli esordi: l’idea di fare piazza pulita, abbattere la casta e i suoi privilegi è sempre stato un cavallo di battaglia di Gianfranco. Poi quando divenne un partito politico, anche loro avrebbero avuto delle critiche. Non risparmiava nessun partito se c’era da commentare…

Diceva spesso “La tv è come la cacca, si fa ma non si guarda”. Poi, però, il telecomando nella bara lo ha voluto. Cosa guarderà della tv di oggi?

La Gabanelli, personaggio per cui ha sempre avuto un’ammirazione. Sicuramente ammirerà Crozza, che è molto più che un comico, facendo una satira con cui racconta la politica. Credo sia quello che gli piace più di tutti. A Gianfranco piaceva chi metteva alla berlina i politici. Per questo gli piacerebbero anche Del Debbio e Giordano, che in effetti hanno anche dei punti in comune con lui. E poi parlava bene di Maria De Filippi…

Funari seguiva Uomini e donne?

Non gli piaceva, ma di Maria riconosceva la capacità di mandare in onda degli spaccati di costume anche trash, riuscendo a distaccarsi da ciò che andava in onda e osservandolo per porre l’accento sulla gente. Diceva che Maria sapeva fare, in modo differente, quella stessa tv che aveva inventato lui.

Non smise mai di essere cabarettista.

Mai. In quelle trasmissioni su Odeon cartonati che ritraevano Rutelli, Berlusconi, Prodi. Con questi facevamo anche sketch che diventavano irresistibili.

Il gesto più romantico che faceva nei tuoi confronti?

Una carezza sul viso. La faceva in vari frangenti. Lui portava le camicie con i gemelli, io entravo in studio poco prima di andare in onda e glieli indossavo: lui mi dava una carezza che aveva in sè tutta la stima. La sostanza dell’amore credo sia anzitutto quella: la stima reciproca.

Amava mettere in imbarazzo, seppur scherzosamente, i suoi ospiti, dall’alto della sua straordinaria capacità di usare il mezzo televisivo. Ti mise mai in difficoltà?

Come no! Una delle prime volte che ero con lui in te, fu una grande scuola. All’inizio io stavo seduta dietro a una scrivania per parlare dell’avvenimento di attualità del giorno. Una volta mi disse di alzarmi, mi portò in piedi davanti a una telecamera e disse: “Ora quello che dovevi dire lì lo dici qui e se prendi una papera te lascio a casa!”. Puoi immaginare come mi sentissi. Andò bene e mi disse: “Vedi, questa è una grande scuola”. Aveva ragione. Si fidava molto di me. Successivamente, infatti, i politici li fece intervistare a me: “Io sono stanco, è tutta la vita che li intervisto!”, diceva.

Metteva alla prova per poi dare fiducia insomma.

Una volta fece presentare Extra Omnes a uno dei nostri ragazzi della redazione. Questo era imbarazzatissimo, Gianfranco si divertiva come sempre.

Romano de Roma, non ha mai perso il suo accento e la grinta tutta romana. Eppure diventò a tutti gli effetti cittadino milanese, tanto che per un certo periodo si parlò anche di lui come sindaco..

Amava Roma per le bellezze artistiche e urbanistiche, gli piaceva girarla di notte o in estate quando c’è poca gente. Solo così si poteva godere quella che sarebbe stata poi definita da Sorrentino “la grande Bellezza”. Non si trovava bene però con la mentalità romana, specie quando si doveva parlare di lavoro. Non amava i ritardi, detestava i pranzi di lavoro tipici della Capitale perché “a pranzo non si dovrebbe mai parlare di lavoro”. In questo senso preferiva Milano per le cose pratiche. La città più internazionale, diceva sempre.

Massimiliano Beneggi