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Roberto Ciufoli: Siamo i “Tipi” che vogliamo rappresentare, anche se non ci riconosciamo -INTERVISTA

Massimiliano Beneggi News Teatro, Tutte le News 03/05/202203/05/2022 3 Minutes

Da oggi al 5 maggio, al Teatro Off-Off di Roma, Roberto Ciufoli è in scena con Tipi. Lo spettacolo è in scena da diverso tempo e non ha un momento di sosta: il 7 maggio sarà a Penna San Giovanni, il 21 a Poggio Moiano e il 27 a Ragusa.

Ciufoli, apprezzatissimo attore comico quest’anno impegnato anche con Il test, mette così in scena una sequenza screziata di tipologie umane, che sfilano su un’esilarante passerella di monologhi, poesie, sketch, balli e canzoni. Il timido, il coatto, lo sportivo, il pigro, l’ubriaco, l’eroe, il danzatore, l’ansioso: ci saranno tutti sul palcoscenico. Tutti con un solo volto, quello di Roberto Ciufoli, in grado di dare vita a diverse maschere…senza indossare maschere! Ci racconta qui lui stesso lo spettacolo.

Roberto, ne Il test viene posta una domanda apparentemente innocua che svela lati nascosti e subdoli di ciascuno. Anche qui c’è un confronto con la realtà che ci costringe a una riflessione?

Questo è sicuramente uno spettacolo ancora più rilassante. In Tipi concentro direttamente l’attenzione su quei lati delle persone che spesso rimangono nascosti, solo perché vengono sottovalutati; ossia su qualità (o difetti) caratteriali che hanno un reciproco condizionamento con il linguaggio corporeo, che racconta sempre di noi.

In che modo li sottovalutiamo?

Semplice, non osservandoli. Il nostro corpo si muove portando con sé un linguaggio molto chiaro per chi ha voglia di interpretarlo; se non si ha questa voglia, il corpo si muove comunque autonomamente, senza farsi alcuna domanda. Abbiamo atteggiamenti che non riusciamo a controllare fino in fondo.

Per esempio?

Lo sportivo è sempre energico e brillante; il pigro ha le spalle che cadono; l’eroe guarda costantemente avanti con un atteggiamento di possenza; il timido è stretto nei suoi confini. Il corpo non mente mai. E ci fa essere un tipo di persona piuttosto che un’altra.

Questo è uno spettacolo, dove ci sono quindi stereotipi caricaturali. Eppure non credi che oggi anche al di fuori del palcoscenico ognuno di noi sia spinto a forzare la propria personalità per farsi notare?

Certo! Gioco con alcune caricature, che diventano grottesche per tanti di noi. Oggi con tutti i social che ci sono siamo indotti non più solo ad apparire, ma anche a farlo in una certa maniera. Così cerchiamo di rappresentarci più che riconoscerci. Facciamo sì che si possa essere proprio quello stereotipo di riferimento che abbiamo in mente. La moda ha sempre determinato atteggiamenti identitari; alcuni di questi rimangono immutabili nel tempo.

La caratteristica peggiore dei tipi di oggi?

Dall’uso dei filtri nelle foto a quello della chirurgia estetica, si pensa sempre solo al giudizio altrui senza accorgersi che così si diventa tutti uguali, senza personalità. Trovo che tutto questo sia molto avvilente. Sarebbe meglio mettersi davanti a uno specchio piuttosto che davanti al telefono, così da scoprire di piacersi o come voler cambiare.

E’ un’osservazione nata con la quarantena?

No, il lockdown ha solo esasperato certe dinamiche. Direi piuttosto che è nata nella quarantina d’anni che faccio questo mestiere! E’ un’osservazione continua dei movimenti fisici, fondamentali per ogni attore. A questo probabilmente si aggiungono probabilmente anche i miei studi dell’allora Iseef. Insomma è una vita che mi occupo, in un modo o nell’altro, sempre di linguaggi corporei!

Tu che tipo sei?

Da bosco da riviera: mi adatto un po’ a tutto e forse per questo in qualche modo mi sento di appartenere a tutti quelli che interpreto sul palcoscenico. Non riesco mai a stare fermo, forse potrei dire di essere un po’ lo sportivo e un po’ l’ansioso. Tuttavia credo che siamo tutti un po’ ansiosi. Porto in scena maschere umane in cui ognuno si può riconoscere anche solo parzialmente.

Negli ultimi trent’anni la società è molto cresciuta anche con l’intersezione di diverse culture. Questo spettacolo, se fosse stato proposto nel 1990, in cosa sarebbe stato differente?

Oggi anche il Gastone di Petrolini sembra un personaggio di fantasia, eppure all’epoca esisteva davvero gente così. Questo spettacolo, se fatto trent’anni fa, andrebbe oggi riguardato con l’occhio dell’indagine storica, consapevoli che tutto sia cambiato e adattato ai tempi. L’incontro tra diversi Paesi ha prodotto oggi una sempre maggiore universalità, che allarga l’interesse verso gli archetipi, a prescindere dalla provenienza territoriale.

Se la vita di Roberto Ciufoli fosse una canzone quale sarebbe?

Smile, di Micheael Jackson.

Massimiliano Beneggi

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Pubblicato 03/05/202203/05/2022

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