È in scena fino al 21 settembre, al Teatro Franco Parenti di Milano, La vita davanti a sè (produzione Cardellino srl) di Roman Gary, con Silvio Orlando nei panni del bambino, ora adulto, protagonista della commovente storia. Ecco la nostra recensione.

IL CAST
Silvio Orlando con l’Orchestra Terra Madre. Regia di Silvio Orlando.
LA TRAMA
Mohamed è un uomo dal passato tormentato, che oggi tuttavia ricorda con tenerezza più che con amarezza. Figlio di una ignota prostituta musulmana misteriosamente scomparsa, sin da piccolo, chiamato da tutti Momò, venne allevato da Madame Rosa. Questa era una ex prostituta ebrea che, ancora angosciata dalle persecuzioni subite ad Auschwitz, si occupava di crescere i ragazzi che non potevano per legge rimanere con le madri, impegnate nell’antico mestiere. Momò era uno dei ragazzi più sensibili che ci siano: in cerca continua di attenzione e affetto, rubava un uovo in un supermercato a costo di ricevere uno schiaffo che gli dimostrasse un segno di educazione. Invece, dalla commessa del supermercato ricevette in cambio una carezza e un altro uovo: è lì che Momò scoprì per la prima volta cosa significhi volere bene. Affezionatissimo al cane Super, non voleva che anche questo potesse vivere nella vita disagiata di quel vecchio palazzo gestito da Madame Rosa: così lo vendette a una nobildonna, buttando i soldi ricevuti in un tombino. Il suo cuore era troppo grande per accettare quel denaro barattato per l’amato cane. Via via con gli anni notava avanzare sempre di più la vecchiaia di Madame Rosa, di cui iniziava a scoprire le fragilità fino ad allora ignorate. Il medico gli confidò le gravi condizioni di salute della signora, che costringevano il piccolo Momò a doversi preoccupare per il suo futuro, talmente oscuro da preferire guardare all’indietro la sua vita. Un giorno si presentò a casa di Madame Rosa un signore, che si scoprì essere il padre biologico di Momò: era lui il colpevole della scomparsa della madre. Così come Madame Rosa aveva protetto fino all’ultimo il ragazzino, per evitargli una vita insieme a quell’uomo indegno, Momò riservò la stessa complicità alla sua tutrice, stando con lei e rinunciando anche a una adozione di una famiglia che non gli avrebbe potuto concedere lo stesso amore.
LA MORALE
Bisogna voler bene. Le parole finali con cui Momò si congeda dal pubblico sono quelle che racchiudono il senso di una storia intrisa di sentimenti e riflessioni sulla felicità. Questa arriva sì guardando al futuro davanti a sé, ma senza dimenticare le proprie radici e i sacrifici fatti. L’uomo ricorda così il suo passato invidiando le pellicole del cinema che possono tornare all’indietro regalando una realtà al contrario che è molto spesso migliore: in queste, per esempio, i palazzi anziché distruggersi si ricompongono. Inoltre rammenta di aver sempre rifiutato la droga, che ti regala una felicità continua: quella vera, invece, arriva solo ogni tanto, in modo da farsi attendere.

IL COMMENTO
Chi entra a teatro con qualche pregiudizio, sia pronto a farlo crollare. Tra prostituzione, religioni diverse e ceti sociali più bassi, ne La vita davanti a sé c’è tutto il lato più bello ed emozionante della società generalmente meno raccontata. Quella da cui l’opinione comune ci fa rifuggire. La storia di una donna ebrea si intreccia qui con quella di un ragazzino arabo, che continuiamo a vedere come tale anche ora che è adulto grazie agli occhi pieni di speranza che brillano sul volto di Silvio Orlando. Un’occasione per scoprire che la felicità ha diverse facce e, forse, quella più vera non l’abbiamo ancora scoperta prima di assistere a questo spettacolo. Scenografia statica ed essenziale, ma ricca di fantasia da cui ci si fa inevitabilmente trascinare.
IL TOP
Se questa rappresentazione continua a essere replicata e a riempire i teatri, il merito è tutto di Silvio Orlando, che cura anche la regia è l’adattamento del monologo. Da solo tiene la scena per un’ora e mezza, facendo diventare la storia ancor più autentica con questo racconto in prima persona dove lui interpreta Momò ma anche tutti gli altri personaggi. Ciascuno reso reale attraverso la narrazione soggettiva di un adulto che non ha abbandonato il suo lato bambino. Interpretazione incredibile dell’attore napoletano, che si merita tanti minuti di applausi per quella fantasia e quella voglia di vivere che esprime nel dolore vissuto dal piccolo protagonista. Se oltre a commuoversi, il pubblico può anche ridere molto, lo deve proprio a Orlando, che non sbaglia un colpo e scandisce dei tempi comici e drammatici alla perfezione.
LA SORPRESA
Con Orlando sul palcoscenico c’è l’Orchestra Terra Madre: quattro musicisti che interpretano con gli strumenti anche alcuni rumori della storia, oltre a intermezzi ballabili. E se può non stupire Orlando che saltella e si muove sulle loro note, è senz’altro sorprendente trovare lo stesso attore regalare una entusiasmante esibizione al flauto traverso, insieme all’ensemble, a fine concerto. La musica, grande passione inespressa di Silvio da bambino, prima di diventare attore, si rigenera sul palcoscenico: è proprio vero, quel che ci fa essere felici, nel nostro piccolo, sin dall’infanzia, non smette di farci stare bene.
Massimiliano Beneggi