L’appuntamento: al Parenti “la storia di un cazzo ebreo”

Oggi, martedì 20 settembre 2022 alle ore 20.30 va in scena presso il Teatro Franco Parenti di Milano, L’appuntamento ossia la storia di un cazzo ebreo, lo spettacolo tratto dal best-seller d’esordio della scrittrice tedesca Katharina Volckmer, tradotto per l’Italia da Chiara Spaziani e
pubblicato da La nave di Teseo editore nel 2021.
La regia e l’impianto visivo sono di Fabio Cherstich. In scena la protagonista è Marta
Pizzigallo
, con le luci di Oscar Frosio e le musiche di Luca Maria Baldini.
Lo spettacolo arriva a Milano dopo il debutto dello scorso giugno in prima nazionale nella
sezione teatrale dello Spoleto Festival dei Due Mondi, dove ha ottenuto il favore del
pubblico e della critica. Lo spettacolo è in scena fino al 16 ottobre.

Marta Pizzigallo



Una storia controversa sin dal titolo. Torrenziale, provocatorio, a tratti insopportabile ma
anche atrocemente divertente, lucido e delirante allo stesso tempo, Un cazzo ebreo è un
flusso di pensieri che la protagonista lascia scorrere tra inconfessabili fantasie sessuali
legate a Hitler e al nazismo, il racconto di incontri di sesso occasionale nei bagni pubblici,
la deplorazione della pessima cucina tedesca fino all’ammissione di quello che è il nodo
cruciale della sua vita interiore: l’impossibilità di sentirsi a proprio agio in un corpo di
donna.
Sia Volckmer che il suo personaggio hanno una sola priorità: rompere il silenzio. E il
silenzio dell’analista è il muro contro cui testardamente, dolorosamente, la protagonista
continua a sbattere la testa.
Il regista Fabio Cherstich ha colto al volo l’idea della direttrice del Teatro Franco Parenti
Andrée Ruth Shammah, lavorando all’adattamento teatrale del libro con la collaborazione
della stessa Katharina Volckmer: «la donna e il dottor Seligman sono all’interno di uno
spazio mentale» spiega nelle sue note di regia: «non lo studio di un medico ma un
dispositivo visivo in cui attraverso l’utilizzo di lenti traslucide, vetri opalescenti, filtri
fotografici, il corpo della protagonista e la sua immagine appaiono al pubblico in una forma
mutevole e continuamente trasformabile, fluida e misteriosa».
Attraverso un dispositivo visivo che rende il palcoscenico un laboratorio per le immagini,
Fabio Cherstich rappresenta scenicamente il percorso mentale che porta al cambio di
sesso della protagonista, un caleidoscopio di pensieri che invadono il suo cervello e
sembrano modificare la percezione che lei stessa ha del suo corpo e della sua storia.
Cherstich non vuole solo farci sentire la voce della protagonista ma vuole anche farci
vedere cosa si sta affastellando e formando nella sua immaginazione: ci chiede di
diventare testimoni di un processo di distruzione di sé che è anche un inno alla
complessità e alla fluidità di quello che siamo, di quello che potremmo osare essere e
di quello che saremo: «Facciamoci oro, dottor Seligman. Cambiamo forma nei secoli, ma
senza scomparire».

Comunicato stampa ufficiale