Fino al 19 febbraio, al Teatro Manzoni di Roma, è in scena Nero come un canarino, apocalittica commedia scritta negli anni Sessanta da Aldo Nicolaj, interpretata da Pino Ammendola e Maria Letizia Gorga per la regia di Silvio Giordani. Con i protagonisti sul palco Maria Cristina Gionta, Luca Negroni e Giuseppe Renzo.
Un inquinamento ambientale e morale che annerisce persino i canarini, un mondo di delitti e ciminiere, di manichini più che persone. Un tocco di rosso-rosa squarcia però il grigio dello smog. Gilda (Maria Letizia Gorga), l’ultima romantica rimasta in questa Metropolis futuribile dove non ci sono più né un albero né un filo d’erba, è sospettata di aver avvelenato tre mariti. La donna coltiva ancora fiori colorati e profumati ed alleva canarini veri in un mondo dove ormai tutto è di plastica. Perché la plastica non sporca e non dà fastidio. Il commissario Pietro Bon (Pino Ammendola), incaricato delle indagini, nuovo arrivato in paese, si lascia lentamente ed inesorabilmente affascinare dalla donna. Tra antenne e fabbriche inquinanti, con ironia e moderato pessimismo, l’inchiesta va avanti tra incontri galanti e autopsie. Alla fine, il solerte investigatore troverà l’amore o si candiderà invece ad essere la prossima vittima della fascinosa Gilda? Abbiamo intervistato la protagonista Maria Letizia Gorga, che ci ha raccontato qualcosa di più…

Maria Letizia, lo spettacolo in queste prime date sta andando molto bene. Ora affronterà la grande sfida: andare in scena nelle serate del Festival di Sanremo.
Sì, siamo coraggiosi! La verità, però, è che il pubblico teatrale spesso è diverso: in ogni caso chi ha voglia di godersi uno spettacolo lo farà anche questa settimana. Siamo molto contenti della risposta di un pubblico che si sta rivelando molto caloroso e numeroso, forse anche più del pre-Covid. La commedia piace molto e noi siamo orgogliosi.
Cosa coinvolge maggiormente il pubblico?
Forse il fatto che sia una commedia raffinata, complessa, divertente e che per la prima volta viene proposta in Italia in una maniera così strutturata. Tantissimo merito va al regista, Silvio Giordani, che è molto amico della famiglia di Nicolaj e ha saputo interpretarne la sensibilità.
Cos’è Nero come un canarino?
L’espressione di un’idea futuristica nata da Nicolaj cinquant’anni fa. Fece infatti la previsione di un futuro strano e incredibile, dove nel paese Cavernò si sarebbe inquinato tutto, dalla morale all’ambiente. Tanto che lo smog annerisce persino i canarini veri, che si confondono in mezzo a un mondo di plastica. L’unico personaggio che rimane vero è una vedova che ha sepolto tre mariti. Tutti la ritengono simpatica ma altresì colpevole delle morti dei coniugi, anche se non confesserà mai alcun delitto. Il commissario vorrebbe occuparsi di reati, indagando per la prima volta su qualcosa di concreto, ma tutto è andato sommerso dall’inquinamento di un mondo falso…
Una storia tristemente più attuale oggi rispetto agli anni Settanta.
Purtroppo sì. Ma diventa consolante pensare a quanto fosse stato geniale Nicolaj in tempi non sospetti. Il mondo vive di veleno da sempre e ahimè questo si accresce costantemente. Messa sotto torchio dal commissario, il mio personaggio dice: “Ho sempre amato i miei mariti, fino alla fine. A volte ci lasciamo prendere dai disamori fino a che non ci distruggono. Meglio la morte che la vita meschina avvelenata da questo”. Si tratta di una provocazione, ma sintetizza la una amara verità. Ci siamo abituati ad avvelenare persino l’amore e a considerare tutto questo normale.
Perché?
Siamo sospinti da un mondo che accetta di essere sbagliato. C’è un veleno che ci uccide lentamente attraverso la noia, la rabbia, il rammarico, i rimproveri. Ci rassegniamo a una realtà che vede finire l’amore, spesso nelle maniere peggiori.
Per la prima volta dunque si racconta l’amore non solo come un sentimento nobile, ma persino come possibile fonte di disagi.
Esatto. O ci si lavora per farlo crescere e costruire qualcosa di meraviglioso, o altrimenti ci rende frustrati e violenti. Anche l’amore può uccidere se non si ha il controllo e lo si subisce senza esserne gli artefici.

Non pensi che negli ultimi tempi abbiamo dato forse troppa importanza all’inquinamento ambientale, che pure è un grave problema di cui ci rendiamo conto soprattutto in certi periodi dell’anno, piuttosto che all’inquinamento morale?
Le due cose in effetti sono correlate. Se non riusciamo a proteggere l’ambiente in cui viviamo, come possiamo parlare di amore? La protagonista è l’unica che rimane ad allevare canarini veri in un mondo finto e patinato pieno di plastica. Evidentemente, in questo mondo di apparenza, c’è una grande solitudine dell’anima.
Siete una squadra fortissima in scena. Vi vedremo presto anche a Milano, Napoli, Torino e in altre città italiane?
Lo spero moltissimo! Con Pino Ammendola lavoro da tantissimi anni: ho condiviso con lui tante parti della mia vita e sono felicissima di avere nuovamente la possibilità di stare insieme sul palcoscenico. E poi mi piace poter cantare anche tre brani dal vivo, sulle musiche originali di Stefano De Meo. Il pubblico si divertirà, anche perché ci troverà “ingabbiati” sulla scena: ci sono molti espedienti che raccontano la morale della storia. Noi siamo entusiasti, non vedevamo l’ora di tornare a recitare davanti a una platea così animata dalla voglia di farsi coinvolgere!