Non hanno mai fatto sinora un concerto insieme, ma dovrebbero pensarci seriamente. Non è escluso che succederà dopo la serata di ieri a Sanremo. Gianni Morandi, Albano, Massimo Ranieri: un trio incredibile, più credibile di tantissimi altri fenomeni musicali uniti per pura convenienza di popolarità, nonché economica. Sarebbe poco carino ricordare ora le tante strane commistioni che la discografia italiana ha regalato negli anni. Diciamo però che, come l’accoppiata Mina-Celentano, o quella Venditti-De Gregori, anche questo favoloso trio è qualcosa di inimitabile. Per talento, classe, canzoni, stile e storia. Morandi, Albano e Ranieri non sono solamente tre immensi artisti che hanno portato al successo brani intramontabili. Sono tre interpreti di diverse generazioni, cresciuti insieme nelle sfide di Canzonissima. Se si aggiungesse qualunque altro grandissimo Big della musica, sarebbe comunque fuori posto. Sono forti, non stonano nemmeno mezza volta per sbaglio, e noi cantiamo con loro. Perché chi non conosce le loro canzoni non è italiano. Anzi, non è proprio di questo pianeta, dacché i loro sono i successi che ci rendono belli anche all’estero. Prima della chiusura su Il mio concerto di Umberto Bindi, i tre emozionano con un medley di brani, che esplode con Perdere l’amore, Uno su mille, È la mia vita. Belli, felici, commossi. Uno dei momenti di tv più belli di sempre, su cui Techetechetè cavalcherà l’onda per tanti anni senza mai annoiarci.

Inutile cimentarsi in paragoni con la musica emersa negli ultimi anni. Sappiamo benissimo che la trap è un gioco di paglia, mentre la melodia italiana proseguirà almeno per un altro secolo e durante il quale non potrà mai essere definita “di ieri”. Una lezione per tutti. Ranieri canta Rose rosse il giorno dopo che Blanco ha mostrato ignorante disprezzo per i fiori. Morandi intona con umiltà Uno su mille ce la fa in un Festival dove l’impressione è che tanti giovani non abbiano compreso l’enorme fortuna che gli sta capitando tra le mani di essere su quel palcoscenico. Albano commuove con quel brano lanciato proprio a Sanremo nel 1996, poco dopo la drammatica vicenda di Ylenia: problemi veri da cui occorre coraggio per rialzarsi. Altroché fare la letterina alla piccola Chiara, che ha il solo problema di come fare per diventare famosa da grande.

Insomma, nell’immensità dei tre Big, una lezione di classe e di vita che non va dimenticata in un Festival che conferma un livello delle canzoni un po’ più basso rispetto all’anno scorso. Delude Giorgia, con un brano che parla di “bella canzone” ma che è molto lontano dai vecchi successi sanremesi della cantante. Bella la reunion di Articolo 31 anche se la sensazione del loro pezzo è di un inesorabile posto nel dimenticatoio. Molto più convincente, invece, quella di Paola e Chiara, dinamiche, spensierate, felici di essere lì. Gli italiani forse avevano dimenticato quanto fossero bravi i Modà, capaci di emozionare come dieci anni fa. Bentornati, eravate mancati e ora non vi si vuole più perdere di vista. Tananai vive la rendita di un anno che lo ha visto protagonista, accreditato tra i vincitori morali della scorsa edizione in cui si classificò ultimo. Prenotano invece un posto per il podio Colapesce e DiMartino: anche se il pezzo non è bello come Musica leggerissima, a volte Sanremo restituisce ciò che ha tolto in precedenza.

La seconda serata di Sanremo 2023 è co-condotta dalla Belva Francesca Fagnani, che praticamente deve interpretare il ruolo che fu di Ibrahimovic due anni fa: quello della dura, capace di domande imbarazzanti. Dario Vergassola lo faceva molto prima di lei, sapendo contestualmente fare ridere. Morandi ridotto a macchietta sembra un altro rispetto all’eccezionale artista che è: meriterebbe molto più spazio e riguardo. Amadeus è preciso, impeccabile. Sembra avere lo stesso piglio di Baudo, consapevole che ormai lui e il Festival sono una cosa sola e che tutto questo gli apparterrà forse anche dopo il 2024. Poi tra gli ospiti sbuca Angelo Duro (meglio quando non ci sono comici, almeno siamo autorizzati a non ridere), quindi Renga e Nek (bravi, ma han fatto di meglio e con canzoni migliori) e Fedez, che non ce la fa proprio a essere un cantante. Polemiche gratuite con quell’atteggiamento da bambino viziato e attacchi al governo e al Codacons. Dimentica sempre che quest’ultimo rappresenta i consumatori, mentre il governo è stato eletto da poco con i voti democratici del popolo. E poi ci vogliono far credere che questo conosce i meccanismi della comunicazione? A proposito, comunichiamo cose serie: il 18 maggio, a Verona, si festeggeranno gli 80 anni di Albano. Troveremo anche lì Morandi e Ranieri e tanti altri artisti. Vale la pena esserci.

Massimiliano Beneggi