È tornato il Festival della canzone. Quasi. Perché si completi la rivoluzione manca ancora un piccolo tassello, che naturalmente non sono né la Ferragni né il marito ribelle. Il fatto che oggi si parli dello smodato appello al Presidente del Consiglio perché si liberalizzi la marijuana, e non piuttosto della classe di Lorella Cuccarini, è ancora una sconfitta per la musica.
Vince la voglia di apparire, facendo polemiche, urlando, magari anche cantando male. Alla fine, se insulti il governo, una prima pagina te la prendi. Succede anche a Grignani, protagonista di una delle esibizioni più imbarazzanti di sempre al Festival che, con tutto il rispetto, non può essere un centro di recupero psicologico. La stessa presenza del Maestro Beppe Vessicchio, per dirigere insieme a Enrico Melozzi il duetto di Gianluca con Arisa, è più televisiva che musicale. Si scade persino nel ridicolo facendo guidare l’orchestra da due professionisti con la stessa bacchetta come se uno dei due non fosse capace di farlo autonomamente. Si parlerà ancora per giorni delle rose prese a calci da Blanco, del microfono annegato da Salmo, delle urla di Anna Oxa. Rimarranno impressi i bambini che cantano con Mr. Rain (a proposito, impossibile credere alla casualità del sorteggio per l’ordine di esibizione, altrimenti Mr. Rain se capitasse dopo la mezzanotte dovrebbe rinunciare al coro e far vestire Amadeus da angelo). Ricorderemo le esibizioni con “scippi” di borsette per acquisire punti al Fantasanremo (gioco quest’anno già molto sbiadito, grazie a Dio). E poi il look di Rosa Chemical, ossia la brutta copia del già non bellissimo Achille Lauro; l’annuncio del matrimonio tra Coma e Cose; le canottiere in pelle di Marco Mengoni, i vestiti colorati dei Cugini di campagna. Tutti con canzoni molto belle, a cui dopo pochi giorni ci si sente legati. Eppure hanno bisogno di escamotage spettacolari per cercare di rimanere impressi. Giustamente, perché il Festival si celebra in tv più che in radio. Eppure questo va a discapito di chi si limita a cantare al Festival della canzone. Paradossale, ma vero.

Nessuno, per esempio, parla dei Modà, che hanno una canzone (Lasciami) strepitosa. Melodici, romantici, forse troppo simili ai loro vecchi successi che, tuttavia, ci eravamo dimenticati quanto fossero belli. I Modà cantano bene, intonati, senza urlare. Purtroppo qui invece pare bisogni alzare la voce e i toni per fare un po’ di notizia. Quando si parla dei pronostici, nessuno li cita nemmeno per sbaglio. Nemmeno per fare una battuta. La loro presenza viene, ingiustamente, fatta passare sotto traccia. Il loro è un percorso di rinascita non facile, ma se si osannano Paola e Chiara e gli Articolo 31, perché non farlo anche con i Modà? Il duetto di Olly con Lorella Cuccarini ci regala tanta nostalgia ma altrettanta gioia: una professionista assoluta (con un fisico che fa invidia a chiunque) da applaudire per ore. Eppure nessuno ne parla. Persino a proposito di Eros Ramazzotti si cita l’amnesia delle parole del suo brano, piuttosto che la bellezza del duetto con Ultimo. Per non dire di Tananai: evidentemente alla critica piaceva più l’anno scorso quando giocava scanzonato anziché questa volta, diventato più melodico e serio. Leo Gassmann, vestendosi da persona normale in giacca e cravatta, non interessa a nessuno. Se avesse avuto qualcosa di ridicolo o di matto da proporre, sarebbe anche lui sulle prime pagine.
Incredibilmente, ma nemmeno troppo, questa idolatria verso chi più urla o esce dalle righe, vale anche per le co-conduzioni. L’inutile quanto incapace Ferragni, la “belva” Fagnani nel ruolo della cattiva e la vittima del razzismo Paola Egonu sono tutte superate dalla bravura e dalla simpatia di Chiara Francini. Solo che questa rimane spontanea, non urla, sa fare il suo mestiere senza creare qualcosa di strano. Quindi nessuno ne parla. Un tempo chi usciva dai canoni umani veniva definito comico. Al massimo poteva ambire a La Corrida. Oggi diventa tutto sanremese. Peccato, perché il potenziale musicale ci sarebbe per quasi tutte le 28 canzoni in gara. Si preferisce, però, puntare su altro, come se la normalità non fosse più sufficiente. Eppure, se vincerà Mengoni come sembra, non sarà certo per le canottiere di pelle. W la musica.
Massimiliano Beneggi