Oggi 1 agosto 2023 è il primo giorno, dopo 94 anni di storia, senza il Cinema Odeon di Milano. Al suo posto sarà costruito un centro commerciale (proprio di fianco alla popolarissima Rinascente). La sala era stata inaugurata nel novembre 1929, con un’acuta visione che voleva un centro di aggregazione per tutti i milanesi, spinti così a vedere spettacoli. Un edificio che era andato a sostituire la Centrale Edison. Ecco, complice la crisi post Covid, ma soprattutto lo strapotere dello streaming e delle piattaforme, il cinema ha chiuso ieri sera i battenti. Lo ha fatto non proprio nei modi migliori ma, d’altra parte, se l’addio fosse avvenuto diversamente ci si sarebbe domandati per quale ragione dovesse chiudere un cinema. Sia chiaro, all’ultima proiezione delle 22.45 di gente ce n’era ancora. La stessa che all’una di notte, mentre scorrevano i titoli di coda, rimaneva inchiodata davanti allo schermo, non si capisce se per una voglia smodata di godersi lo spettacolo fino alla fine o se per un crollo totale nella stanchezza. Probabilmente per respirare un po’ di aria condizionata senza sprecare quella di casa. Al di là di ogni battuta, le sale in questi giorni sono popolate da tanta gente che, per un motivo o per l’altro, è incuriosita da Barbie. Proviamo a capirlo e a scoprire perché non è certo stata la migliore conclusione per la storia dell’Odeon. Cominceremo senza tralasciare l’assurdo: la lunghissima pubblicità di 30 minuti si chiude con un ringraziamento della sala per i tanti momenti belli vissuti insieme e, come ultimo spot, lancia Amazon Prime e la sua ricca programmazione. Hai voglia poi a dire: lo spettacolo continua. Ma veniamo al film di Barbie.

LA TRAMA

Barbie è lo stereotipo della ragazza bella, famosa, vincente, potente, in definitiva perfetta sia fisicamente che dal punto di vista umano. Con lei, a Barbieland, vivono tante altre Barbie cui la Mattel ha attribuito diversi ruoli per questioni di marketing. Tutto questo vale anche per Ken, con una differenza ben precisa: mentre Barbie esisterebbe anche senza l’uomo, Ken vive dell’esistenza di Barbie e pende dai suoi sorrisi. Un giorno la biondissima bambola si sveglia senza il consueto dinamismo: pensieri angoscianti le provocano ansie immotivate e malformazioni fisiche (nello specifico, i piedi piatti come qualunque donna mortale, mentre lei è stata costruita per essere eterna). Tutto questo la costringe a rivolgersi a Barbie Stramba, colei che sarà incaricata di sistemarla. Viene così spedita dal suo mondo immaginario a quello reale, per risolvere i problemi della bambina che gioca con lei, che evidentemente le ha trasmesso certi pensieri. I disagi che incontrerà saranno molteplici: nel mondo reale tutto è vero, anche l’acqua che si beve, i sentimenti e persino il patriarcato. Quando lo scopre Ken, che nel frattempo l’ha seguita, questi vorrà ribadire quel mondo ribaltato anche a Barbieland. Una volta tornati, Ken riuscirà a convincere tutte le Barbie a ricoprire ruoli inferiori a tutti gli uomini che, come nel mondo reale, vanno rispettati solo in virtù della loro virilità. Naturalmente Barbie ripristinerà la realtà immaginaria che esisteva prima. Lo farà grazie alla donna che non ha mai smesso di giocare con lei ma che ora, mamma costantemente detestata dalla figlia adolescente, non ha più la stessa serenità di un tempo. Così, se da una parte la bambola bionda aiuterà la sua bambina a recuperare il rapporto con la figlia, ecco che questo incontro servirà anche a Barbie per capire di non voler più essere una bambola in mano a mercenari che vogliono ribaltare la realtà delle cose. E anche Ken si troverà davanti alle scuse per essere stato considerato eternamente scontato, senza un minimo di personalità.

IL COMMENTO

Piccolo spoiler: Barbie non vincerà l’Oscar. Inutile stare a girarci intorno: il film è una boiata, anche se si poteva pensare persino peggio. La trama regge fino a metà film, poi si genera troppa confusione e si vorrebbero far passare troppi messaggi in una pellicola troppo demenziale per insegnare più di un valore. Sembrano tanti predicozzi stucchevoli e fatti male, solo per non essere bollati nell’idiozia totale. Diventa persino complicato capire se nella realtà Barbie sia un personaggio che induce al femminismo o al maschilismo. Quel che emerge, in ogni caso, è che entrambe le posizioni sono sbagliate in quanto estreme e di questi tempi è raro sentire ammettere tale concetto. Interessante questa commistione tra il mondo reale e quello fantastico, con un’ipotetica relazione tra le persone e le bambole che riecheggia un po’ l’atmosfera di Toy Story. Solo che qui si ha a che fare con attori veri: Margot Robbie e Ryan Gosling sono divertenti ed espressivi quanto basta per regalare comicità. Will Ferrell (nei panni del CEO Mattel) è un po’ sprecato, anche perché il suo è proprio uno dei ruoli confusi, che potevano essere raccontati meglio. Per esempio, si mostra seccato e preoccupato per la presenza di umani nel mondo fantastico di Barbie, ma non si dice mai il motivo per cui questo debba destare preoccupazioni.

Se non lo si interpreta come uno dei capolavori del cinema, Barbie può essere un’ottima distrazione, non adatta però ai bambini. I doppi sensi e le battute sulla mancanza dei genitali fanno sorridere (non più di quello), ma non ci si lasci appassionare dall’idea di portare al cinema i più piccoli con questo film che i media stanno già trasformato in un cult. Poco male, se lo abbiamo fatto con le commedie sexy all’italiana (a distanza di anni) lo si può fare senza dubbio anche con Barbie.

La sala dell’Odeon si chiude con tante facce sorridenti, ma quasi nessuna grassa risata. Film senza infamia e senza lode: si può temere di peggio, ma si poteva fare anche molto di meglio. La storia dell’Odeon si chiude in modo molto diverso da come era cominciata. Nel novembre 1929, la prima proiezione fu quella della spedizione in Etiopia del Barone Franchetti. In quanto a divertimento non andò certo meglio ai nostri nonni. Tuttavia è evidente, in questo simbolico confronto tra il primo e l’ultimo titolo della sala di via Radegonda, un significativo cambiamento del senso delle produzioni cinematografiche. Da rigorosamente documentaristiche a estremamente distrattive: nell’epoca dello streaming e dei troppi film con questo scopo, per cui se non vedessimo Barbie saremmo comunque bersagliati di altre pellicole di uguale tenore, i cinema chiudono. Addio Odeon, che brutta fine.

Massimiliano Beneggi