Riecco Laura Pausini e il suo pop romantico: il singolo che anticipa il nuovo album di 16 inediti (in uscita a novembre) è arrivato oggi 15 settembre a mezzanotte. E se i titoli a volte possono intersecarsi con il destino dei brani, in questo caso la coincidenza potrebbe diventare di buon auspicio. Durare è infatti il miglior augurio che una canzone si possa fare in questa discografia che lancia una novità dopo l’altra. Il long play di Laura Pausini, però, sarà una delle uscite più attese di questo autunno, quindi c’è da immaginare che Durare lo sentiremo parecchio nei prossimi mesi. Cominciamo da qui l’analisi delle migliori novità musicali di questa settimana.

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Il brano, scritto da Paolo Antonacci, descrive una ricetta per l’amore: distinguersi per fare emergere la propria unicità, senza paura di rinnovarsi. Come? Cercandosi, guardandosi negli occhi, esplorando insieme il mondo. Inventando la vita con chi si ama, soffrendo e ridendo con questo, consapevoli che tutto quanto non riguarda nessun altro se non la coppia. Così ecco che una storia appare destinata a durare. Ecco perché la protagonista, nonostante abbia dovuto attendere a lungo la persona desiderata, ringrazia il suo amore di non essere normale: sempre ammesso che esista un concetto di normalità, infatti, questo si rivela spesso un rischioso sinonimo di uguaglianza rispetto a tutti gli altri. Una routine insomma. Il sentimento, invece, necessita di rapporti, parole e gesti esclusivi, possibilmente anche irrazionali.

Quella di Laura Pausini è dunque una bella fotografia dell’amore, che a molti apparirà scontata come accade talvolta alle canzoni romantiche, ma decisamente veritiera. Il problema di Laura sono le melodie: nulla da dire sulla qualità, sempre coinvolgenti ed emozionanti, né sullo stile. Ciascuno ha il suo, Laura ha il suo, inconfondibile. Peccato però che quelle melodie siano costantemente uguali: persino quando cambiano completamente nell’ultimo ritornello (come in questo caso) le ascolti già sapendo dove fanno a finire. Incontrano insomma quella retorica che il testo cerca di scongiurare. L’originalità nelle musiche di Laura Pausini è ormai un’utopia, di conseguenza la voce straordinaria che si ritrova non viene mai sfruttata oltre quelle note che ormai conosciamo a memoria. Belle ed emozionanti, ma sempre troppo simili tra loro. Occasione sprecata. In un momento di rivoluzioni musicali sarebbe il caso di fare canzoni almeno un po’ diverse. Altrimenti avanti di questo passo, tra qualche anno i singoli di Laura Pausini non faranno nemmeno più notizia: quello sì che sarebbe un peccato.

Tra le novità musicali più attese della settimana, anche I ragazzi del ponte, la canzone dei Nomadi tratta dal loro album Cartoline da qui.

Il gruppo quest’anno festeggia i suoi 60 anni, anche se sono stati celebrati fin troppo poco dai media. Seppur con una formazione ormai quasi tutta rivoluzionata negli anni, la band di Beppe Carletti si distingue ancora per i suoi brani che invocano il valore della vita. Ne I ragazzi del ponte si canta il disagio di una giovane generazione, che non comprende ancora l’importanza di ogni singolo minuto che passa. Tra rischi e pericoli di una vita sempre al limite, i ragazzi del ponte talvolta si soffermano su riflessioni filosofiche difficilmente risolvibili. Specie se ci si impone il ruolo di vittime, mettendosi contro tutto e tutti.

Una canzone sul valore della vita, che prende quindi come protagonista chi sembra pronto a raccontarlo come un disvalore. Ci voleva la genialità di uno scrittore per realizzare un testo così raffinato e raccontato dal rovescio della medaglia. Non stupirà allora se diremo che l’autore della canzone è Giorgio Faletti, che tredici anni fa regalò questo testo a Carletti, il quale lo ha musicato tirandolo fuori da un cassetto all’inizio del 2023. Lo stile, capace di unire beat e rock, con un crescendo d’intensità nel ritornello, conferma l’identità Nomadi, che sa sempre comunque rinnovarsi ed essere più che mai moderna. L’imprevedibilità che manca a Laura, dunque, ce l’hanno i Nomadi, a cui però manca proprio la voce che ci si aspetta. Quando si parla di Nomadi ci si attende ancora una vocalità simile (almeno lontanamente) a quella di Augusto Daolio. Ormai, da qualche anno, i Nomadi hanno cambiato il frontman e appaiono un’altra cosa. Comunque apprezzabile, sebbene un tantino elettronica. Poi ci si concentra e si ritrova comunque sempre la stessa anima: nelle storie dei testi, nei giri di chitarra dei ritornelli. Tutto questo merita un applauso. Forse è meglio avere il coraggio di cambiare ogni tanto le carte in tavola come fanno i Nomadi, ma proseguire senza dovere guardare solo ai successi del passato.

La novità più originale della settimana è però Willie Peyote con la sua Frecciarossa.

La canzone del rapper torinese racconta di un amore tormentato, che ossessiona l’anima della coppia. I momenti difficili portano a riflessioni raramente positive. Quindi quei pensieri oscuri rischiano di devastare una persona, chiudendola in un vortice sempre più fastidioso e senza uscita. Impedendole di vivere con sincera passione persino i sentimenti, che vengono messi in discussione lasciando l’eterno dubbio su quale sia la scelta più opportuna da prendere quando manca la complicità.

Peyote sembra interpretare sempre tutto con grande ironia, ma intanto è un cantastorie, narratore di verità. Ci si lascia appassionare dal suo rap unito a melodie ballabili e ritmi incalzanti. Un po’ come accade da sempre con Max Gazzè. Se possibile Peyote ha addirittura una marcia in più: se le radio si accorgono di Frecciarossa, potrebbe essere la svolta per il cantautore, fino adesso ancora troppo sottovalutato.

Massimiliano Beneggi