È in scena fino al 1 ottobre al Teatro Gerolamo di Milano (piazza Beccaria) lo spettacolo Amy Winehouse- L’amore è un gioco a perdere (produzione Bis Tremila) di Melania Giglio. Ecco la recensione.

IL CAST

Melania Giglio, Marco Imparato, Lorenzo Patella. Regia di Daniele Salvo.

LA TRAMA

Dopo aver passato le pene dell’inferno tra bulimia, droghe e svariati eccessi, Amy Winehouse cerca di ritrovare la normalità nella sua vita. Il percorso, tuttavia, appare ancora tortuoso, anche perché la società l’ha ormai etichettata in un modo talmente negativo, che lei stessa non riesce ad abbandonare il suo personaggio Amy Winehouse. La volontà di adottare una bambina potrebbe sembrare l’inizio di una maturità ritrovata, ma Amy non si rivela ancora pronta. L’amico di una vita, Tyler, è sempre al suo fianco, ma è anche lui alle prese con troppi problemi personali da risolvere per poterle davvero essere di aiuto. La guardia del corpo, Andrew, la protegge in tutti i modi, cercando di allontanarla da alcol e da ogni tentazione. Amy, però, è prigioniera dei suoi vizi e dei fantasmi del passato che non riesce a scacciare: l’ex marito e il padre sono il costante ricordo di violenza e repressioni che la fanno stare male. Amy è destinata a vivere (purtroppo ancora per poco) in un’esistenza dietro alle sbarre dell’ipocrisia sociale che si è costruita lei per prima. L’unica vera vitalità la ritrova nella musica, che rappresenta lo sfogo della sua naturalezza. Oltre che il suo incommensurabile è invidiabile talento.

LA MORALE

Amare troppo gli altri senza amare se stessi (e dunque la vita) porta solo a perdere. Siamo schiavi dei nostri tormenti, che conosciamo a memoria e dentro ai quali pensiamo di saperci sempre muovere agevolmente. Anche perché sappiamo di avere sempre le carte in mano per poterne uscire quando vogliamo. Rimandando continuamente quel momento, spegniamo però di tanto in tanto la lucidità del nostro cervello. Impediamo così alla nostra volontà di venire a galla oltre le nostre sbagliate abitudini, quelle che ci portano all’autodistruzione. Potrebbero salvarci solo le persone intorno, ma come fare nella difficoltà e dopo tanti tradimenti a riconoscere quelle giuste?

IL COMMENTO

Drammatica pièce dedicata a una delle artiste più maledette e al tempo stesso più amate in assoluto. Melania Giglio si interroga su cosa si sarebbe potuto fare per salvare Amy Winehouse, comprendendo che forse nemmeno lei stessa volesse essere salvata. Il sentimento dell’amore, che la fragile Amy ha cercato di abbracciare per tutta la vita, emerge chiaramente in quest’opera che si concentra sulla fase finale della vita della cantante. Non viene raccontato molto di quel che l’ha portata allo strazio, ma tutto quanto viene qua e là accennato, per dare luogo alle sensazioni dannate e alle allucinazioni dell’artista in preda all’alcolismo. Si vive intensamente il dramma di Amy attraverso Melania. Non c’è una cosa che sia fuori posto anche dal punto di vista registico: per esempio, le sbarre di una prigione, dietro a cui sono posti i protagonisti, sono affiancate da bottiglie di superalcolici. Segno che la vera gabbia sono proprio quei vizi. I ritmi sono veloci e si segue tutto molto volentieri. Rischia di essere esagerato un po’ troppo il modo di parlare alterato di Amy, che scivola un po’ nella caricatura confondendosi forse anche con quella di altri artisti dannati. Va ammesso che non c’è molta scelta alternativa: interpretare la regina degli eccessi, impone quasi categoricamente di accentuare ogni azione sul palcoscenico. Inimitabile Amy (ovviamente), ma la Giglio regge bene il confronto nel canto con una voce sorprendente.

IL TOP

Marco Imparato e Lorenzo Patella non interpretano personaggi secondari: a parte i ruoli di passaggio come il padre e l’ex marito di Amy, sono loro anche quelli degli affetti più stabili quali Tyler e Andrew. Se la cavano molto bene e a loro sono affidati i monologhi finali, che emozionano e commuovono dopo una storia andata tutta in crescendo di intensità. Anche la scelta della colonna sonora è perfetta a descrivere la storia: non c’è solo la musica di Amy, tra le altre c’è spazio anche per la celebre melodia del film Manhattan di Allen. Spettacolo emotivamente forte.

LA SORPRESA

La musica è ovviamente parte essenziale del racconto, ma non ci si attenda un concerto. Piuttosto, la storia procede di pari passo con essa che arriva anche quando e come meno te l’aspetti. Sorprenderà anche la bravura di Melania Giglio nel cantare mentre sta spostando fisicamente dei pesi, con quella naturalezza che poteva vantare proprio Amy. La cornice del Gerolamo rende tutto ancor più poetico in questo contrasto di sensazioni tra un’architettura dall’eleganza di altri tempi e la vita di una rockstar mai soddisfatta e al tempo stesso sazia della sua esistenza.

Massimiliano Beneggi