Torna finalmente il teatro-canzone: quello spettacolo che inizia con un monologo per concludersi con una canzone, con la capacità quindi di fare ridere, commuovere e riflettere, anni dopo il suo più grande fautore Giorgio Gaber, torna in scena con un inedito “Libera nos domine” con Enzo Iacchetti. Dal 16 al 20 gennaio tornerà a Milano stavolta nella accogliente cornice del Teatro Delfino in attesa delle prossime date, destinate ad aumentare e a replicarsi, vista la rarità del tipo di spettacolo, sempre molto apprezzato a teatro. Iacchetti torna dunque a recitare in un one man show ed è addirittura più comico, sorprendente e carico di quanto non lo sia già dietro al bancone di “Striscia la notizia”. Libero di esprimersi, di cantare e di muoversi sul palco come meglio sa fare, coadiuvato dalla regia di Alessandro Tresa, dalle musiche di Marcello Franzoso e nei cori gospel solo da ologrammi realizzati con le stupende animazioni ed effetti speciali di Francesco Crispi, che si inseriscono nella scenografia di un convento, Enzo Iacchetti porta in scena uno spettacolo diviso in sei grandi temi. Si parte con il progresso dei cellulari e della tecnologia che ha spento molta fantasia e toglie la genuinità delle lettere scritte a mano come viene suggellato dalla canzone finale “Lettera da lontano” di Jannacci, di fronte a cui è impossibile trattenere le lacrime nel momento più alto dello spettacolo.

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Si prosegue con l’amore, evidentemente non sospinto dal cuore che prima o poi cesserà di pompare, bensì dall’anima del cervello che vivrà per sempre: “Quando sarò capace di amare” di Gaber è il più poetico finale possibile di questo capitolo.
Quindi si parla di amicizia, emigrazione (qui emerge la singolare proposta provocatoria che probabilmente metterebbe d’accordo tutte le parti politiche: facciamoli entrare tutti nel nostro Paese, e scappiamo noi!) e infine di religione.
Iacchetti parla con Dio, si interroga se esista oppure no e, dopo aver confessato tutti i peccati dell’umanità riguardo a progresso, amore, amicizia ed emigrazione, che si traducono in un costante egoismo di ognuno di noi, chiede al Creatore di intervenire e di riprendere in mano il mondo dopo le distrazioni che hanno permesso di perdere la bussola ai cittadini della Terra. Il finale è quindi una ipotesi di rivoluzione culturale: tutti guardino in alto, cosicchè Dio si senta osservato e quindi costretto a cambiare questa esistenza su cui si ride per non piangere.
Iacchetti è quindi un vero poeta, che fa ridere, si emoziona ed emoziona con battute divertenti e canzoni tra gli altri anche di Giorgio Faletti (“Giovane vecchio cuore”, scritta nel ’95 per Gigliola Cinquetti) e Francesco Guccini (“Libera nos domine”, cantata con una intensità stupenda, che dà appunto il titolo allo show): i grandi cantautori vivranno per sempre raccontandoci costantemente la nostra esistenza. Viene voglia di andare a teatro e conoscere il mondo di un poeta come Iacchetti, che è poi quello di ogni italiano alle prese con le difficoltà e le contraddizioni dell’attualità. Amore, amicizia e progresso visti da un comico che la sa più lunga di qualunque altro drammaturgo, e ce li racconta con estrema sincerità e attaccamento alla vita.

Massimiliano Beneggi