PFM: Noi, sempre alla ricerca di nuove esperienze. Così componemmo per la tv…

Progressive, ma diversi dal cosiddetto “progresso” del web, come tengono a precisare. Innovativi, talentuosi, poliedrici, funambolici, profeti della musica. Inimitabili. In tre parole, la Premiata Forneria Marconi.

Foto di Orazio Truglio

Franz Di Cioccio e Patrick Djivas sono artisti inseparabili ormai da decenni. Anche nel periodo in cui, a fine anni Ottanta, si presero una pausa dal complesso nato nel 1971 dalle ceneri dei Quelli. In quel periodo si divertirono a comporre jingle per la televisione e sigle di diverse sit-com. Tra queste, anche I vicini di casa.

Foto di Lorenzo Ceva Valla

La loro celebre sigla rimane ad oggi una delle pochissime testimonianze presenti sul web, ricca di strumentazioni e di un ritmi coinvolgenti che tutti ricordano. Diciamocelo, forse più degli episodi dopo trent’anni ci si ricorda soprattutto della musica che accompagnava l’inizio di ogni puntata. Gino e Michele non rinunciarono ad avere veri professionisti anche per la sigla della loro sit-com, e così puntarono sulla qualità vera. Perchè la PFM, ancora oggi, è sinonimo di vera musica: forse per questo continuano a essere marziani. Perchè loro, a differenza di tanti altri, la musica la suonano davvero, e con questa sanno divertirsi. Ci raccontano così la loro esperienza nel mondo della sit-com trent’anni fa…

Per capire perchè due musicisti della PFM composero la sigla di I vicini di casa, probabilmente bisogna comprendere innanzitutto la vostra filosofia artistica. Progressive, ricca di colori, e mai uguale a se stessa.

FRANZ: Ci chiamammo PFM con l’idea di creare un nome difficile, ma indimenticabile una volta imparato. Esagerammo mettendo tre parole lunghissime, giustificando l’idea di cambiare il mondo musicale dando spazio all’improvvisazione. Un disco durava mezz’ora e il concerto durava due ore: la musica così diventava una cosa unica con le persone, arrivando dentro e penetrando nelle vene. Insomma la nostra idea è sempre stata quella di sentire quello che suoniamo, come un attore che sente il personaggio e sembra non stia nemmeno recitando. nelle persone. La musica diventa una cosa unica con le persone: come quando un attore sente il personaggio e sembra che non lo reciti. Ci giurammo di non fare mai un album uguale al precedente per non corrodere l’attività artistica.

PATRICK: Siamo passati attraverso tanti periodi storici: partiti con il progressive, che era all’epoca musica popolare, quindi attraversammo gli anni Ottanta con la disco music, che fu un grande salto. All’epoca era, nell’immaginario collettivo, qualcosa di terrificante, oggi è musica di qualità. Abbiamo attraversato gli anni della Milano da bere, la superficialità della nostra società…Insomma una varietà di situazioni che meritano di essere raccontate con una varietà musicale.

E tra le varie innovazioni, vi tuffaste anche in un mondo del tutto nuovo per voi: quello della televisione…

FRANZ: Facemmo un piccolo break come PFM e lavorammo per la tv: componemmo sigle per alcune sit-com e la sigla del TG5, tutt’oggi mai cambiata. Hanno mantenuto gli stessi strumenti utilizzati da noi ventinove anni fa. Abbiamo colto nel segno realizzando una musica che emotivamente colpisce mettendo in allerta.

PATRICK: Tutti i suoni del Tg5 stanno su un floppy disk di un mega e 3: oggi non ci si riuscirebbe a niente sopra. Più che una musica è una sensazione. Meno di un anno fa sentii al Tg5 che dal giorno dopo sarebbe cambiato tutto, compresa la sigla. Mi dissi: peccato, è durato tanto…Il giorno dopo un amico mi disse che la sigla era rimasta uguale, era cambiata solo l’impostazione grafica. Da Mediaset ci dissero che quando fecero la gara per il rinnovo del Tg5 la prima regola fu che la musica non si sarebbe toccata. Fu una grande soddisfazione per noi.

Come arrivaste a comporre la sigla di I vicini di casa? Come nacque l’idea del jingle “Vici-vici-vicini di casa”?

FRANZ: Ci conoscevamo un po’ tutti. Teocoli naturalmente più di tutti, perchè aveva fatto parte de I Quelli…Il testo sapeva un po’ di slang milanese: l’obiettivo non era realizzare una “musica comica”, cercavamo un modo per fare un’apertura che restasse in mente, facendola essere riconoscibile.

PATRICK: Eravamo molto amici di tante persone coinvolte nella produzione. Probabilmente l’idea del testo era venuta a Franz, è lui che di solito fa questi giochini di testi, io mi occupo più della parte musicale. Nacque molto in fretta, in modo spontaneo.

Andavate mai sul set? Che clima si respirava?

FRANZ: Eccezionale, eravamo tutti amici. Del resto diciamoci la verità, c’erano attori coi baffi! Più che attori direi comedians, che da qualunque situazione traevano il modo di farti ridere. Difficile oggi trovare questo materiale artistico e umano.

PATRICK: Ricordo un’atmosfera molto gogliardica. Era una comicità a tratti anche un po’ demenziale, e funzionava perchè era fatta con un certo stile: per molti di quegli attori fu una delle prime esperienze, che li portarono a ottenere grandi successi. Si rideva molto anche mentre non si registrava. Ricordo che una volta incontrai anche Sgarbi: mi stupì perchè contrariamente a quanto vedevo in tv era molto gentile, direi una persona quasi tranquilla!

All’epoca si poteva puntare molto sulla tv, anche per promuovere musicalmente qualcosa. Oggi c’è il web…

FRANZ: Oggi il web guarda solamente i like, ma di materia ce n’è poca. La gente vorrebbe (e dovrebbe) divertirsi di più.

PATRICK: La tv aveva un ruolo aveva un ruolo preciso e determinante, che oggi si è perso. I concerti non li cambierà mai nessuno. Malgrado tutto quello che si può fare oggi sul web, anche dopo il lockdown, è impossibile rimpiazzare l’atmosfera e quello che succede in un concerto con un semplice click su internet. Il web è uno strumento straordinario che nel tempo porterà cose meravigliose per lo sviluppo della società e della razza umana. Diventerà il filo conduttore della nostra vita e della vita dei nostri figli. Purtroppo è nato talmente velocemente, con poche regole. Il problema oggi del web è che c’è tutto, e non si distingue più cosa sia di valore.

Cosa vi attende ora? A marzo si potrà tornare a vivere lo spettacolo live?

FRANZ: Non credo che a marzo si riaprirà: i concerti con i distanziamenti li abbiamo tentati in estate ma non è la stessa cosa. E’ un grave danno per tutti non avere la musica live: le persone vedono questa situazione che scorre davanti e non c’è nulla che possa dare un attimo di respiro, mettendo in pace con la vita. Lavoriamo su un disco di inediti, ma al disco segue sempre una tourneè, quindi ora è difficile immaginare quando uscirà…magari a fine anno. L’anno scorso abbiamo fatto 110 concerti cantando De Andrè: ne sono rimasti ancora diversi congelati che finiremo appena si decideranno a riaprire.

Il successo dei vostri concerti cantando De Andrè conferma che la musica di qualità può avere ancora un grande ruolo nella nostra società.

PATRICK: Arriviamo da una generazione particolare: siamo musicisti per passione vera, non passeggera. Una volta si diventava prima musicisti e dopo strumentisto. Oggi accade il contrario, perchè si impara subito la tecnica. Noi invece imparammo prima di tutto a godere della musica, ascoltando qualsiasi cosa, che era un’occasione per imparare qualcosa. Questo serbatoio di esperienze ci è servito tantissimo nella nostra storia. Con Fabrizio tirammo fuori proprio la nostra creatività, cercando di fare in modo che la musica appartenesse alle parole. Come lui metteva i testi noi abbiamo cercato di fare in modo che ogni nota non potesse essere che quella che era.

Massimiliano Beneggi

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