È tornato Enrico Nigiotti, con un brano dei suoi, ossia un pop delicato, dalle parole piene d’amore, sinonimo di un animo particolarmente sensibile: Ninna Nanna.

La nuova canzone di Nigiotti è una bella dedica ai suoi figli e al sentimento puro e incondizionato che lo lega ad essi. In Ninna Nanna il cantautore descrive l’intenzione di proteggere per sempre i figli, seguendoli passo dopo passo e tifando costantemente per loro. In questo modo, da padre, cresce anche lui un giorno via l’altro, avvicinandosi a quella maturità che ha sempre sognato.

Scordatevi gli xilofoni di apertura presenti in ogni ninna nanna. Se c’è una cosa che contraddistingue Nigiotti è la capacità di emozionare con un pop sempre molto dolce e romantico. Lo conferma con Ninna Nanna, che si caratterizza per un ritmo molto cadenzato e un’interpretazione quasi sussurrata, senza cadere però nell’eccessivo miele. È mancato per un po’ troppo tempo dalla discografia, ma quando si fa sentire Nigiotti canta sempre di sentimenti ed emozioni. Forse anche per questo si perdono le tracce ogni tanto del cantautore toscano: qualità, educazione e amore vanno sempre meno di moda.

Quella di Nigiotti è forse l’unica vera novità musicale che merita di essere raccontata con applausi questa settimana. Si è fatto, per esempio, un gran chiacchierare intorno a Cocktail d’amore, la canzone di Mahmood che ha lo stesso titolo di un successo firmato da Cristiano Malgioglio. Deponga pure l’ascia di guerra quest’ultimo, perché il suo brano rimane irraggiungibile rispetto a quello di Mahmood. Il nuovo singolo più che una bella canzone è una bella lagna, che richiede i sottotitoli per comprendere il testo. Mahmood appare come sempre svogliato, senza lasciare mai capire fino in fondo dove inizia la sua voce e dove vige l’autotune. Per qualcuno è una dote, ma per chi ama la musica l’abuso di questo strumento è diventato terribilmente odioso.

Non si capisce perché le straordinarie peculiarità vocali di Mahmood debbano sempre infrangersi contro melodie prive di emozione. Sembra che ci si affidi unicamente alla sua voce con cui può indiscutibilmente cantare qualunque cosa. Tuttavia non possono bastare quei falsetti (impossibili da interpretare per chiunque altro) se non c’è una musica che meriti di essere ricordata. In questo modo le canzoni di Mahmood sono difficilmente cantabili (bene o male che si possa fare, in questo caso non importa) dal pubblico. Con lui il valore interattivo della musica insomma non esiste: solo Mahmood può cantare le sue canzoni. Per fortuna.

Va aggiunto che Cocktail d’amore di Malgioglio aveva sensualità, ironia e un senso più specifico tra diverse allusioni. Mahmood si limita a raccontare questo cocktail come un misto di sensazioni che si provano in un innamoramento. Non c’è pathos in una canzone che vede il protagonista desiderare le ali di Pegaso per volare verso i sogni di lei. Scontato fino in fondo. Malgioglio aveva esagerato nella sua polemica: tuttavia a questo punto va detto che per intitolare alla stessa maniera un brano bisognerebbe essere almeno all’altezza del successo originale.

Torna a essere più vicino ai suoi esordi Achille Lauro, che con Stupidi ragazzi fa riecheggiare un ritornello trap abbastanza piatto dal punto di vista melodico. Tuttavia, l’arrangiamento è degno di nota, creando suggestioni con suoni ed eco davvero preziosi. L’introduzione, quasi da Anonimo Veneziano, mette nella condizione di ascoltare dall’inizio alla fine un brano che perlomeno sa proporre della musica e in maniera originale.

Chi invece finisce per deludere in quanto a originalità sono Colapesce e Di Martino. Ascoltando la loro nuova canzone Sesso e architettura il primo pensiero è: questi non sbagliano un colpo. Non solo, ma si deve ammettere che per quanto siano spesso battistiani o rievocativi di atmosfere anni ‘80, Colapesce e Di Martino hanno ormai imposto un loro stile, che nessun altro potrebbe interpretare con la stessa credibilità. È un peccato che però, arrivando al ritornello, ci si imbatta nel ricordo di un pezzo internazionale già famosissimo, a cui Sesso e architettura somiglia un po’ troppo. Per certi versi molto simile anche a Tattoo, il brano vincente all’Eurovision 2023 e già eccessivamente vicino ad altri successi precedenti. Peccato, perché Colapesce e Di Martino hanno davvero quella personalità che permetterebbe loro di fare cose strepitose, con atmosfere retrò ma dal gusto estremamente originale. Non hanno bisogno di sbirciare anche nelle melodie altrui. In ogni caso Sesso e architettura sarà una canzone che sentiremo parecchio e che, ancora una volta, balleremo in inverno, proprio come Colapesce e Di Martino ci hanno insegnato a fare spesso ultimamente.

Massimiliano Beneggi